A Norcia nasce nel 2012 la seconda birra "monastica" italiana, dopo quella prodotta dai monaci di Cascinazza; Birra Nursia, che utilizza la parola latina che anticamente designava la città umbra. Un'idea che sembra aver avuto una gestazione di oltre una decina d'anni, e che si è concretizzata solamente ad Agosto del 2012. I monaci Benedettini (alcuni di loro di origine statunitense) raccontano di essersi recati varie volte negli Stati Uniti alla ricerca di finanziamenti per l'acquisto degli impianti e la ristrutturazione dei locali, riuscendo ad ottenere l'aiuto necessario da quattro famiglie americane. Dopo l'espletamento delle solite fatiche burocratiche italiane, nell'estate 2012 viene finalmente messo in funzione un impianto con una sala cottura abbastanza modesta (250 litri) e cinque fermentatori da mille litri l'uno, il tutto prodotto dalla Lainox di Spoleto. La birra d'abbazia fa inevitabilmente pensare al Belgio, e proprio dal Belgio è invece arrivato l'aiuto per mettere in funzione gli impianti, formare e guidare Don Francesco Davoren, il birraio principale, nato in Texas (Dallas); si tratta del birraio belga Marc Knops, che lo ha seguito nel corso di alcuni stage presso i monasteri belgi di St. Sixtus/Wesvleteren ed Achel.
Francesco racconta di non aver mai amato particolarmente la birra sino ai tempi del college, quando subì un'infatuazione per la Guinness; ma una sera un fusto di stout "molto sfortunato" lo spinse ad ordinare qualcos'altro. Il suo interesse per la vita monastica, fervente già allora, lo portò ad ordinare dal menù una birra trappista; si trattava di una Chimay Red, e da allora la birra non fu mai più la stessa per Francesco. Pian piano si spinse ad assaggiare tutte quelle che gli capitavano a tiro, iniziando anche a partecipare (sopratutto come "assaggiatore", ammette) alle operazioni di homebrewing di un gruppo di amici. Arrivato al monastero di Norcia, s'interessa subito al progetto - ancora abbozzato - di produrre la birra; gli viene concesso il permesso di fare dell'homebrewing (o del monastery-brewing, dovremmo forse dire) e di realizzare delle cotte pilota in previsione dell'apertura del birrificio. Nel frattempo, la vita monastica continua a prevedere un bicchiere di vino durante i pasti quotidiani: "ma è quasi una penitenza per me" dice Francesco, "non è di buona qualità".
Con sette ricette all-grain ed un paio da estratto in tasca, Francesco viene messo al timone di Birra Nursia; le prime tremila bottiglie messe in vendita vengono esaurite nel giro di pochi giorni. Sono ancora solo due, al momento, le etichette disponibili: una Bionda (6%) "allegra e leggera, adatta per un aperitivo o per accompagnare antipasti e primi piatti" ed una Extra (10%) "da bere da sola o insieme a corposi primi piatti, e ricette a base di carne come agnello e cinghiale, tipici della tradizione nursina".
Minimali le etichette, con in bella evidenza un simbolo che raffigura il rosone della basilica di San Benedetto da Norcia; sul retro, il motto “ut laetificet cor", ovvero "che il cuore ne possa essere allietato", si riferisce alla speranza dei monaci di "condividere con gli altri la gioia che nasce dal lavoro delle nostre mani, così da santificare il Signore, Creatore dell’universo in tutte le cose."
Impossibile, almeno per me, affrontare i 10 gradi (ed il generoso formato da 75) della Extra nel pieno dell'estate; meglio orientarsi allora sulla Bionda, il cui nome non brilla certo di originalità ma che, in un contesto di ascetismo monastico, può risultare appropriato.
Bel colore dorato, appena velato, e cappello di schiuma bianca, abbastanza fine, cremosa e dalla buona persistenza. L'aroma risulta di buona intensità ed eleganza: sentori di pera, cereali, crackers, qualche lieve nota di banana ed una delicata speziatura nella quale mi sembra di trovare qualche sfumatura di zenzero, tra le altre. A dispetto di una gradazione alcolica non proprio da session beer (6%), in bocca è leggera, con una carbonazione abbastanza sostenuta; la consistenza acquosa la rende scorrevole ma a tratti questa Bionda dà la sensazione di essere un po' sfuggente. In bocca è un po' meno intensa che al naso, anche se ugualmente pulita; dopo l'ingresso di pane e di crackers, c'è un breve passaggio a vuoto, acquoso, che porta ad un finale zuccherino. A temperatura ambiente vengono fuori delle note di miele e di arancia candita; chiude un po' timida, corta ed abboccata. Birra pulita e priva di off-flavors, è molto facile da bere e risulterà molto gradevole ed "amichevole" per chi ha un palato ancora poco allenato. Gli altri riconosceranno in lei l'animo belga ma ne riscontreranno la mancanza di un po' di personalità e di carattere per poter reggere il confronto con le migliori "Blond" belghe trappiste o "d'abbazia".
La vera nota negativa riguarda il prezzo: 12 euro al litro, al punto vendita del monastero in un angolo della piazza principale di Norcia, non sono pochi; ma per una volta l'esborso è meno doloroso, pensando al fatto che il ricavato aiuta al sostentamento economico del monastero.
Formato: 33 cl., alc. 6%, lotto 55, scad. 12/2015, pagata 4.00 Euro (spaccio birrificio)
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