lunedì 11 luglio 2016

BrewDog: This. Is. Lager & Dead Pony Club

L’estate avanza e con lei il caldo e la voglia di birre leggere, rinfrescanti e dissetanti, da bere senza troppi pensieri. Ecco due proposte dagli scozzesi di BrewDog, entrambe disponibili nel pratico formato lattina che ben si presta al trasporto e al consumo all’aperto. 
Partiamo dalla This. Is. Lager., con quei “puntini” che vorrebbero indicare il suo voler essere la risposta definitiva alla domanda “come dovrebbe essere una lager”: “la nostra missione è ridare cuore ed anima ad uno stile che è stato per troppo tempo definito da una serie di birre inutili che non meritavano di appartenervi”, annunciano alla BrewDog. . Si tratta del terzo tentativo da parte del birrificio scozzese di realizzare una convincente alternativa alle lager e alle pilsner industriali che dominano gli scaffali dei supermercati: in precedenza c’era stata la 77 lager poi pensionata in favore della Fake Lager, arrivata a aprile 2013 e abbandonata dopo poco più di un anno. Il 2 settembre 2014 BrewDog annuncia la nascita della This. Is. Lager.,  comunicando anche che il giorno successivo tutti i BrewDog Bar del Regno Unito offriranno gratuitamente un 1/3 di pinta a chiunque la vorrà provare.  La ricetta dovrebbe prevedere malti Pilsner, Monaco, Cara e luppoli  luppoli Hallertauer Hersbrucker, Saaz e Columbus.
Il suo colore è giallo paglierino, praticamente limpido, sormontato da un bianchissimo cappello di schiuma cremosa ma un po’ scomposta, dalla buona persistenza. L’aroma evidenzia un buon livello di pulizia ed anche d’intensità, per quel che sono i parametri dello stile: miele, cereali e crackers sono accompagnati in sottofondo da leggeri profumi floreali (camomilla), erbacei e una delicata speziatura da luppolo nobile. La bevuta è ovviamente snella e scorrevole, delicatamente carbonata, senza mai sconfinare nell’acquoso. La semplicità dell’aroma viene riproposta al palato con una corrispondenza quasi perfetta: pane, crackers e miele costituiscono la delicata base maltata sulla quale s’appoggia l’abbondante luppolatura nella quale prevalgono le classiche componenti erbacee e speziate dei luppoli nobili, per un finale amaro di buona intensità completato da qualche accenno di scorza di limone. Finezza e pulizia, ovvero due dei tre capisaldi di una buona Pilsner, sono qui presenti in soddisfacente quantità; non è invece allo stesso livello il terzo elemento, la fragranza; qualche appunto lo devo anche rilevare sulla secchezza, che potrebbe essere migliore lasciando il palato più pulito alla fine di ogni sorso. Non vi ho trovato “quel cuore e quell’anima” che gli scozzesi intendono restituire allo stile con questa loro interpretazione, ma il  risultato è nel complesso soddisfacente a placare la sete in una calda giornata di sole, se non si hanno elevate pretese. 
Passiamo alla Dead Pony Club, che debutta in casa Brewdog alla fine del 2011;  si tratta di una birra ispirata dal successo delle cosiddette “Session IPA” e in particolare dalla All Day IPA di Founder’s.  Ma c’è dell’altro: troppo luppolata per essere una English Pale Ale, troppo poco alcolica (3.8%) per essere un’American Pale Ale.  Gli scozzesi coniano il termine di “Session Pale Ale” e pubblicano un sondaggio on-line invitando il popolo ad esprimere la propria preferenza su una serie di possibili nomi per questo loro “prototipo” di birra; tra le varie opzioni offerte (Brit Pop, Pale Ale, Fake Fix, 38 Automatic , Heist e Death Head Pony Club ) viene alla fine scelto il nome definitivo di Dead Pony Club; al di là di tutta questa teoria, la pratica intende realizzare una birra dal basso contenuto alcolico (3.8%)  ma dalla grande intensità di aromi e sapori. 
Ma poteva una semplice e innocua “Session Pale Ale” realizzata da un birrificio che ha sempre utilizzato la provocazione come strumento di marketing passare inosservata?  Certo che no, e questa  volta sotto accusa ci finiscono alcune frasi riportate sull’etichetta: “rip it up down empty streets” (“spaccala per le strade vuote”) e “drink fast, live fast” (“bevi in maniera spericolata, vivi in in maniera spericolata”). Questi incitamenti non piacciono all’Independent Complaints Panel (PCI)  del  Portman Group, un organismo creato nel 1989 che annovera tra i suoi membri alcuni dei principali produttori di alcolici (Carlsberg, Molson Coors, InBev, Diageo…)  e che ha stabilito nel 1996 un codice di condotta sui nomi, sulla pubblicità e sul confezionamento delle bevande alcoliche. Quelle frase sull’etichetta della Dead Pony Ale vengono considerate come un incitamento al consumo irresponsabile (“bevi in maniera spericolata”) e di comportamenti anti-sociali (lo spaccare la bottiglia per strada); con un comunicato del 28 aprile 2012  le etichette vengono messe al bando e BrewDog è costretta a modificarle, pur rilasciando un sarcastico comunicato stampa in cui sostanzialmente si scusa del fatto che “di quello che dice il Portman Group non c’è n’è mai fregato un cazzo”.
E la birra? Extra Pale, Cara e Crystal  i malti; Simcoe, Citra e Mosaic  i luppoli. Nel bicchiere è leggermente velata e di color ramato, con riflessi dorati; la schiuma cremosa biancastra è un po' grossolana ma ha una buona persistenza. Al naso abbonda la frutta tropicale matura: mango, passion fruit e pompelmo rosa disegnano un bouquet semplice ma dalla buona freschezza e pulizia, con ottima intensità. La partenza così ricca e golosa crea delle aspettative che i primi sorsi non sembrano mantenere: a partire dal mouthfeel, ovviamente leggero e snello, con poche bollicine ma dalla consistenza a tratti troppo acquosa ed un  po' sfuggente. I malti parlano di caramello e biscotto, ma loro presenza è molto leggera ed è subito incalzata dalla stessa dolce frutta tropicale presente nell'aroma. Fin qui le cose procedono bene, con un'ottima intensità a fronte di un contenuto alcolico contenuto, ma nel finale la birra viene un po' a mancare, spegnendosi di fatto e facendo un piccolo tuffo nell'acquosità; bisogna aspettare qualche istante per sentirla riemergere, nel retrogusto amaro e moderatamente intenso dove le note vegetali sono accompagnate da quelle zesty. Una discreta bevuta che ha diversi punti in comune con quella precedente: un po' avara di emozioni, buon livello di pulizia ma un po' carente per quel che riguarda la fragranza e la secchezza. Ruffiana quanto basta al naso, non conquista allo stesso modo al palato: si beve con discreta soddisfazione ma se penso a splendidi esempi di "session beer" che provengono dal Regno Unito il confronto con questa o questa o con la Hopehead di Dark Star risulta abbastanza impietoso. 
Nel dettaglio:
This.  Is.  Lager, formato 33 cl., alc. 4.7%, IBU 40, lotto 160118, scad. 05/03/2017, 2.90 Euro (foodstore, Italia)
Dead Pony Club, formato 33 cl., alc. 3.8%, IBU 40, lotto 160187, scad. 06/04//2017, 2.90 Euro (foodstore, Italia)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

3 commenti:

  1. "L'estate avanza e con lei il caldo e la voglia di birre leggere, rinfrescanti e dissetanti, da bere senza troppi pensieri."
    Giusto. Volendo andare sul sicuro: http://unabirralgiorno.blogspot.it/2014/05/chimay-doree.html
    Tra l'altro, l'appartenenza al Club Dorée (http://www.chimaydoree.it/it/) è un ottimo indicatore per scegliere un locale.

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    1. Chimay Doreé molto buona.
      Anche la Westmalle Extra, ma più difficile da trovare.

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    2. Infatti non sono mai riuscito a provare la Westmalle Extra. Comunque a me piace la Tripel anche d'estate. Del resto all'Esselunga dove mi procuro i viveri non è che diano molta scelta, di roba buona hanno solo Duvel, Chouffe Houblon, Westmalle Triple e Dubbel. Hanno anche la Duvel Tripel Hop 2016 (dallo strano nome Experimental Hop HBC 291), l'ho provata una volta e mi è parsa deludente rispetto alla versione 2015.

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