Un nuovo appuntamento con il vintage è l'occasione per ritrovare il birrificio canadese Dieu du Ciel, attivo dal 1988 a Montreal; lo fondarono Jean-François Gravel, Patricia Lirette e Stéphane Ostiguy, compagni di studi (microbiologia). "Dieu De Ciel!" sarebbe stata l’esclamazione di Jean-François dopo aver assaggiato la sua prima birra fatta in casa. Patricia Lirette lasciò la società nel 2006, rimpiazzata (anche nell’azionariato) dal birraio Luc Boivin, esperienza decennale alla Les Brasseurs du Nord.
Boivin e la moglie Isabelle Charbonneau formarono la Dieu Du Ciel Microbrewery Inc., un primo passo del necessario processo di espansione visto che la produzione nei modesti locali del brewpub di Montreal non poteva più essere incrementata e non c'era neppure lo spazio per installare una linea d’imbottigliamento. Venne trovato un nuovo edificio (16.000 metri quadri) a St. Jerome, 60 chilometri a nord di Montreal, vicino a casa di Luc ed Isabelle, inaugurato nel 2007 con un potenziale produttivo di 3500 hl. Nello stesso anno vennero finalmente distribuite le prime bottiglie, mentre nel 2008, attiguo al nuovo birrificio, fu inaugurato un brewpub-fotocopia di quello di Montreal; attualmente gli impianti di St. Jerome producono circa 13000 ettolitri. Nel 2010 Bouvin ha lasciato Dieu Du Ciel per fondare in Quebec la Microbrasserie des Beaux Prés.
La birra.
Nasce nel dicembre 1998 il barley wine Solstice d'Hiver ed ancora oggi viene commercializzato una volta all'anno in quello stesso mese, nell'ambito della Moumentum Series che racchiude le dodici birre stagionali di Dieu Du Ciel. La splendida etichetta è realizzata da Yannick Brosseau, da sempre collaboratore del birrificio.
Vediamo come ha resistito nel tempo questa Solstice d'Hiver anno 2012 che si presenta di un bel color ambrato piuttosto carico ed arricchito da intense venture rossastre; la schiuma non è molto generosa ma rivela compattezza e persistenza. L'aroma è intenso ma mostra già tutti i segni del tempo; l'ossidazione (cartone) è evidente ma non pregiudica un naso gradevole e ricco di prugna cotta, uvetta, mela al forno, vino marsalato, melassa, forse ciliegia. Al palato la birra ha ancora una buona presenza e non mostra particolari cedimenti: il mouthfeel è ancora piacevole. L'aroma è tuttavia l'unica cosa che vale la pena di descrivere, perché non sono proprio riuscito a berlo questo barley wine. Il gusto è infatti praticamente assente, se se eccettua un remoto ricordo degli stessi elementi protagonisti dell'aroma: la bevuta è praticamente un bicchiere d'alcool che si conclude in modo sgradevole con note medicinali che s'affiancano all'amaro di ortaggi come indivia, cicoria, radicchio. Un paio di sorsi e non resta che versarla nel lavandino. Invecchiare la birra equivale a gioie e dolori e in questo caso avrei fatto meglio a stappare questa bottiglia qualche anno fa.
Formato 34,1 cl., alc. 10.2%, lotto 10/2012, pagata 6.00 euro (beershop)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio della bottiglia in questione e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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