Secondo appuntamento con il birrificio californiano Libertine, che vi avevo presentato dettagliatamente in questa occasione. Tyler Clark nel 2012 mette in funzione un piccolo impianto nel seminterrato del Libertine Pub (a Morro Bay) che gestisce assieme alla moglie Shannon: il suo interesse sono le fermentazioni spontanee e quindi lascia il mosto per tutta la notte in vasche aperte a contatto con i lieviti ed i batteri naturalmente presenti nell’aria di una regione ricca di vigneti, mettendolo poi a maturare in botti di legno che arrivano dai vinicoltori della contea di San Luis Obispo o dal vicino birrificio Firestone Walker.
Nel 2015 la capacità produttiva viene aumentata a 2000 barili all’anno grazie all’apertura di un secondo brewpub in centro a San Luis Obispo assieme ai soci Eric & Rodessa Newton: al ristorante troverete ad accogliervi ben 76 spine. Per replicare qui le birre fatte a Morro Bay, Clark "contamina" gli ambienti con i lieviti ed i batteri prelevati dal brewpub dove tutto era iniziato. Tutte le birre vengono poi trasportate via camion nella nuova sede di Santa Maria, 50 chilometri più a sud, inaugurata nel 2016: è qui che avvengono gli affinamenti in botte e il successivo imbottigliamento. In attesa dell’apertura di una nuova “tasting room” a Buellton, cinquanta chilometri ancora più a sud verso Santa Barbara, Libertine ha di recente inaugurato altre due location: quella di Avela Beach, 12 spine affacciate su di una bella baia e il Libertine Coffee Bar downtown a San Luis Obispo, all’angolo tra la Broad e la Pacific Street.
Authenic SLO (San Luis Obispo) Wild Ale: Tyler Clark si considera più un “blender” che un birraio e “se dovessi scegliere una birra che meglio rappresenta Libertine e le nostre Wild Ales della costa centrale della California, sarebbe questa”. La birra viene assemblata selezionando le migliori diciotto tra le oltre quattrocento botti che popolano la cantina del birrificio californiano; si tratta solitamente di un blend di birre invecchiate uno, due e tre anni, con un risultato finale che presenta ovviamente delle lieve differenze da lotto a lotto. Nello specifico, andiamo a stappare il batch numero 2 che dovrebbe essere stato commercializzato nel 2016.
Nel bicchiere è dorata e leggermente velata, mentre la schiuma cremosa è abbastanza compatta e mostra una discreta persistenza. Al naso c’è un bel mix di funky e frutta: pepe, fiori, paglia, legno, cuoio, limone e pompelmo, uva bianca e qualche accenno dolce di frutta tropicale. La bevuta è ruspante, vivacemente carbonata e, pur scorrendo bene, lascia una sensazione quasi “piena” al palato: crackers, un sottofondo dolce di frutta a pasta gialla, l’asprezza di agrumi, uvaspina, ribes e mela acerba, legno. La componente acetica è molto delicata e non provoca nessun disturbo mentre nel finale, piuttosto secco, affiora anche un delicato tepore etilico ad accompagnare note vinose e legnose. Birra di grande livello e carattere, complessa ma semplice da decifrare, elegante e rustica, molto pulita e definita, emozionante: si beve con enorme piacere e soddisfazione, senza nessun rimpianto per un prezzo da fascia alta (ma non troppo, considerando che ha attraversato l’oceano e considerando i prezzi ai quali si trovano oggi molte Wild Ales americane o europee). Dopo l’ottima Central Coast Saison, l’asticella si alza ulteriormente: per chi ama questo genere di birre è un appuntamento da non mancare.
Formato 75 cl., alc. 6.2%, batch 2, scad. non riportata, prezzo indicativo 22.00-25.00 Euro (beershop)NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio
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