Il nome di questa birra (Tiger Baby - Open Windows Open Hills) sembra abbastanza strano, ma il mistero è presto svelato. Tiger Baby è infatti un gruppo danese di synthpop/elettropop che ad Agosto 2011 fa uscire il suo terzo album intitolato appunto Open Windows Open Hills. Preceduto in primavera dal singolo Crystal Ball. Il disco viene ufficialmente presentato al pubblico con un party che si tiene il 25 Agosto del 2011 proprio presso il Mikkeller bar di Copenhagen. Formatesi nel 2009, il gruppo danese ha avuto grosso successo in Indonesia (!) dove un paio di loro canzoni hanno spopolato fra i teenager locali. Difficile dire se l’intento di Mikkeller (fare una birra che ben s’abbinasse alle malinconiche atmosfere del disco) sia andato a buon fine; la produzione è affidata al solito belga De Proef, e nella lista degli ingredienti figurano anche il mango ed il frutto della passione. Ancora più pensare ad una birra malinconica; dovessi proprio dire la mia, penserei senz’altro ad un meditativo Barley Wine o ad un altrettanto impegnativa Russian Imperial Stout. Ci troviamo invece davanti ad un’american pale ale dall’alcool moderato (5%) che mi sembra soprattutto adatta alla bevuta spensierata e (quasi) seriale proprio durante il party di presentazione del disco. Siamo insomma lontani da una qualsiasi evocazione di Spleen o di Sehnsucht. Ad ogni modo, quella che sembrava essere una birra celebrativa “one shot” è ancora in produzione, il che significa che ha evidentemente incontrato il favore del pubblico. Divagazioni a parte, la birra nel bicchiere è di color arancio opaco, qualche sfumatura ramata, schiuma biancastra abbastanza fine, discreta persistenza. Il naso è inizialmente un po’ sporcato da qualche off-flavor dei lieviti, ma il problema svanisce abbastanza rapidamente lasciando il posto ad un’alternanza agrumata di arancio (dolce), pompelmo e lime (aspro), con qualche sentore più in secondo piano di frutta tropicale (mango e passion fruit, appunto). L’aroma è comunque ottimo, la sensazione è proprio quella di annusare un succo appena spremuto. In bocca manca quasi completamente di corpo (s’avverte qualche remotissimo cereale), e vira subito decisa vero l’agrumato, con ampia profusione di zest (scorza di agrumi). Lime, pompelmo e limone caratterizzano una bevuta molto secca e molto dissetante, poco bilanciata, che prosciuga il palato per poi riassetarlo. Sicuramente conviene lasciarla riscaldare un po’ più del dovuto, per permettere alla componente dolce tropicale di uscire allo scoperto e di bilanciare un po’ l’asprezza degli agrumi. Chiude inevitabilmente amara e straripante di scorza di lime/pompelmo/limone e chi più ne ha più ne metta. Ne viene fuori una birra molto ruffiana e modaiola, di quelle che istintivamente in una torrida giornata estiva vorresti bere direttamente dal fusto e non dal bicchiere (cfr. la Nøgne Ø GPA della quale abbiamo parlato qualche giorno fa). La presenza così sfacciata di frutta e la quasi totale assenza di corpo tende però a saturare il palato, e terminato l’effetto del fuoco artificiale del primo bicchiere (cocktail di frutta), la sua piacevolezza ci sembra dipendere molto dal contesto in cui la si beve. Il suo habitat ideale è probabilmente una serata spensierata, una bevuta distratta assieme agli amici o nel corso di un affollato evento estivo, dove l’attenzione verso quello che si ha nel bicchiere è inversamente proporzionale a quello che vi circonda. La bottiglia da trentatré ce la siamo comunque goduta. Formato: 33 cl., alc. 5%, scad. 20/02/2015, pagata 4,00 Euro (beershop, Italia)
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