Ritorna sulle pagine del blog Birra Perugia, presentatavi in questa occasione. Questa è la volta di Suburbia, una IPA realizzata assieme a Birra Toccalmatto: è dedicata all’omonimo locale perugino (a Ponte San Giovanni), attivo tra il 1980 ed il 1986.
Il circolo Suburbia nel suo breve periodo di vita (1980-1986) divenne un significativo punto di riferimento musicale non solo per Perugia: sul suo palco, oltre a numerose band locali, si esibirono anche alcuni artisti i cui nomi (Death in June, Killing Joke, Minimal Compact, Christian Death) faranno provare per lo meno un po’ di salutare nostalgia a chi a metà degli anni ’80 si vestiva di nero ed ascoltava post-punk/dark/new wave. Al locale perugino è stato anche dedicato un libro (“Quelli del Suburbia – Storia di un’amicizia e di un sogno londinese nella provincia umbra”) pubblicato nel 2009.
Potete divertirvi anche voi a riconoscere tutti i frammenti di foto, copertine e poster dell’epoca che costituiscono il collage in bianco e nero dell’etichetta: Clash, Sex Pistols, Joy Division, Siouxie & The Banshees, U2. E se vi state chiedendo perché una simile birra sia nata da una collaborazione tra Birra Perugia e Toccalmatto, che si trova a Fidenza, la risposta è abbastanza semplice: Bruno Carilli , fondatore di Toccalmattto, è di origini umbre ed oera tra quelli che frequentavano il Suburbia durante gli anni facoltà di Agraria a Perugia.
Il tributo al locale che veniva definito “un sogno londinese nella periferia umbra degli anni ’80” non poteva che guardare al Regno Unito: la scelta dei birrai è stata quella di una ricetta che utilizza un solo tipo di malto (Maris Otter) ed un solo luppolo inglese (East Kent Goldings). Una birra fatta con “tre accordi“ che a sua volta riflette la natura della musica post-punk, spesso basata su pochi (power) chords.
Lasciate subito da parte le aspettative di trovarvi nel bicchiere la solita IPA ruffiana, tropicaleggiante e fruttatissima, come ormai ci ha abituato la moda. Suburbia tiene probabilmente fede al locale al quale è dedicata ed alla musica di quel periodo: pochi fronzoli ed orpelli, pochissime concessioni a quello "che va di moda". Te la trovi nel bicchiere di colore oro antico con riflessi ramati, mentre la schiuma, biancastra, è molto compatta, cremosa e molto persistente. Nonostante il dichiarato dry-hopping, l’aroma non è molto pronunciato e un po’ sottotono: dominano le note vegetali, a tratti resinose, con qualche sfumatura di terriccio umido e, defilatissima, di marmellata d‘agrumi. Molto gradevole la sensazione palatale, con un motuhfeel morbido e poche bollicine, corpo medio, quasi in contrasto con un gusto che, se si eccettua il rapido ingresso di biscotto ed una suggestione di caramello, vira subito sull’amaro senza fare sconti. L’intensità che latitava un po’ al naso si manifesta invece in bocca nella forma di note vegetali e resinose, intensificandosi ulteriormente in un finale quasi balsamico che procede nella stessa direzione. Il risultato è – credo – una birra volutamente “dura”, capace di risvegliare un palato assopito da IPA ormai sempre più dolci e macedonie di frutta: un po’ come il postpunk intendeva risvegliare le orecchie assuefatte alla disco music degli anni ’70. Suburbia probabilmente lascerà un po’ interdetto chi è ormai abituato al gusto dei luppoli americani, o a quelli oceanici, che hanno ormai monopolizzato le ricette delle moderne IPA; qui c’è invece una buona ed intensa interpretazione – ormai sempre più difficile da trovare – di una India Pale Ale inglese, fedele allo slogan “I don't Care” (me ne frego) incarnato dalla rivoluzione post-punk.
Doveroso ringraziamento finale a Birra Perugia per avermi inviato la bottiglia da assaggiare.
Formato: 33 cl., alc. 6.2%, lotto 4014, scad. 10/2015.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio
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