venerdì 9 gennaio 2015

Ursus Black

Delle comunità straniere presenti nel nostro paese, quella rumena è la più numerosa: normale quindi che i supermercati inizino ad offrire una piccola selezioni di prodotti per chi oggi risiede nel nostro paese. Tra i prodotti rumeni che trovate sugli scaffali, c’è anche la birra. Onestamente non conosco la scena brassicola rumena e non so se ci sia anche lì qualche interessante produttore artigianale. Ovviamente per il momento in Italia sono arrivati solamente i prodotti industriali, spesso disponibili in curiose/inquietanti (per noi) bottiglie di plastica da due litri. 
Per la mia prima esperienza con la birra rumena mi sono affidato a Ratebeer; delle diverse etichette disponibili sullo scaffale, l’unica che sembrava riscuotete un certo apprezzamento da parte di chi l’aveva provata era questa Black della Ursus Breweries.  
L’inizio della produzione di birra nella città rumena di Cluj sembra risalire all’inizio del diciottesimo secolo, grazie ad un ordine di Gesuiti che furono poi espulsi dalla città nel 1773: il monastero, ed il birrificio annesso, finirono sotto il controllo della chiesa di Roma.  Bisogna attendere l’inizio del ventesimo secolo per avere un imprenditore – tale Frigyes Czell – inaugurare la prima vera moderna fabbrica di birra a Cluj; nel 1927 Czell mette in piedi anche un secondo stabilimento a Manastur, cedendolo poco tempo dopo l’apertura.  Nel 1929 la URSUS Fabrica de Bere S.A viene infatti scorporata dalla Frigyes Czell si Fiii Grupa Dr. Wilhelm Czell SA e viene acquisito da un altro produttore transilvano, la Turda Brewery. Nel 1948, al termine del conflitto, la Ursus viene ovviamente statalizzata, rimanendolo sino al 1989:  con la caduta di Nicolae Ceaușescu, il birrificio fu la prima compagnia pubblica rumena ad essere offerta per la privatizzazione e l’occasione fu subito colta dal gigante multinazionale Sab Miller che l’acquistò nel 1990:  il resto è la solita storia fatta di acquisizioni di piccoli marchi nazionali allo scopo di eliminare i concorrenti. 
Nel 1996, la Ursus fu la prima birra in lattina ad essere distribuita in Romania, e nel 2009 la Sab Miller decise di rimuovere il nome della città d’origine (Cluj) che era sempre stato ben in evidenza sull’etichette delle birre.  A seguito di uno studio di mercato, era infatti emerso che ai consumatori non interessava tanto sapere il luogo d’origine ma piuttosto il tipo di birra (Black, Premium, etc etc..); la decisione arrivò “casualmente”  proprio dodici mesi prima dell’annuncio della chiusura dello stabilimento di Cluj, dichiarato non più redditizio e troppo costoso, dove la Ursus veniva prodotta da un secolo. Oggi il maggior stabilimento produttivo si trova a Timisoara, dove oltra alle Ursus vengono prodotti, per il mercato locale anche i seguenti marchi posseduti da Sab-Miller:  Timisoreana, Ciucas, Azuga, Stejar, Redd's, Peroni Nastro Azzurro, Pilsner Urquell and Miller.   
Ursus Black, quindi ?  E’ una Schwarzbier che Ratebeer  elegge a “miglior birra rumena” con un punteggio di 78/100. Al secondo posto trovo una Hefeweizen (Terapia Platin)  di un microbirrificio curiosamente chiamato Clinica de Bere, ed al terzo posto di nuovo un’industriale, la Silva Strong Dark Beer, marchio del portfolio Heineken.
All’aspetto è di color marrone scurissimo, con una compatta testa di schiuma beige, cremosa e molto persistente. L’aroma è abbastanza semplice ma pulito, con dominanza di pane nero (pumpernickel) al quale s’affiancano sentori di cereali e ciliegia sciroppata.   Morbida e gradevole in bocca, con poche bollicine ed un corpo tra il medio ed il leggero, Ursus Black apre con una bella intensità amara fatta di pane nero tostato e qualche traccia di caffè. La bevuta procede poi addolcendosi gradualmente (caramello e prugna disidratata) ma perdendosi un po’ per strada, con l’intensità che viene a tratti inghiottita dall’acqua.   L’amaro iniziale viene bilanciato da una forte componente zuccherina che lascia il palato un po’ troppo appiccicoso, e neppure la chiusura risulta molto elegante, con un vago ricordo di gomma bruciata ad accompagnare le leggere tostature, il caffè e la suggestione di cioccolato amaro. La bevuta è tutto sommato onesta, abbastanza pulita, e poco impegnativa: parliamo di un prodotto industriale che in patria suppongo venga venduto ad un prezzo molto basso, ma che anche in Italia mantiene secondo me un buon rapporto qualità prezzo. Se la vedete su qualche scaffale, il consiglio è di provarla. 
Formato: 50 cl., alc. 6%, lotto 14:13/6, scad. 29/06/2015, pagata 1.99 Euro (supermercato, Italia).


NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio   

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