Arrivato in Italia dal Messico – dove era famoso e rispettato - il gangsta-rapper Miguel Serse si è stabilito nella tranquilla Campogalliano (comune di 8000 anime in provincia di Modena), diventandone il poco tempo il “monarca” e trasformandola, secondo le sue parole, dalla “monnezza dell'Emilia Romagna, il peggio del peggio” ad un tranquillo luogo dove condurre la propria esistenza. Dichiaratamente e sfacciatamente ricco, Miguel risiede oggi in una lussuosa villa e si circonda di tutto quello che non deve mancare ad un uomo di successo, incluso belle macchine e belle donne. I (tanti) soldi a sua disposizione gli hanno anche permesso di perseguire la sua passione per la musica, pubblicando alcuni singoli che ironizzano (soprattutto) su alcuni rappers italiani che a loro volta tentano di imitare le grandi star americane: se non li avete mai visti, date un’occhiata ai video di "Ho più soldi di te (e non solo di te)" e di “Ho il Mercedés” dai titoli piuttosto significativi.
Mi accorgo di essere decisamente fuori dal giro (complice l’età?) in quanto sono venuto a conoscenza di questo personaggio soltanto grazie alla birra. Guardando pochissima TV, non ero ad esempio conoscenza della sua tumultuosa partecipazione ai provini di X-Factor, nella quale Miguel, dopo essere stato rifiutato, non ha esitato a manifestare il suo disappunto ai giudici della trasmissione, rivendicando in seguito di essere lui la causa della decisione di Morgan di abbandonare lo show ed autoeleggandosi vincitore morale del programma.
Mi dicono che Serse sia anche un appassionato birrofilo, e cosa succede quando un birrofilo “che ha più soldi di te, e non solo di te” ha voglia di bere un birra? La va forse a comprare? No, ne commissiona direttamente una cotta. Ecco che una ricetta “segreta” del nonno di Miguel, Carlos Serse, viene realizzata con la collaborazione del Birrificio Oldo di Cadelbosco di Sopra (RE) e del beershop Wild Hops Rubiera. Non si tratta però di una umile Mexican Lager ma ovviamente di qualcosa d’imperiale”.
Prodotta in sole 500 bottiglie e da lui presentata con lo slogan “tutto il resto è piscia”, la Miguel Serse Imperial IPA è andata quasi subito esaurita. La sua limitata reperibilità le ha credo impedito di scalare le classifiche di Ratebeer e di piazzarsi ovviamente tra le migliori birre al mondo. Ma da quanto leggo sulla pagina ufficiale di Serse, dovrebbe essere già in programma una nuova edizione della birra che sarà distribuita in tutto il mondo ed acquistabile a anche on-line. La situazione richiederebbe quindi di proclamare questa Imperial IPA già come la miglior bevuta del 2015, anche se siamo solo nella terza settimana dell’anno, senza neppure averla bevuta; ma l’obiettività e (l’onestà) del blog ne impongono invece l’assaggio allo scopo di fornirne un’onesta descrizione.
Etichetta appropriata, con impostazione grafica classica ad incorniciare Miguel Serse nel suo tipico pellicciotto bianco. Nonostante la vicinanza del Messico a San Diego, patria delle migliori Imperial IPA americane, il colore di questa birra non ricorda molto quelle della West Coast: ambrato, con qualche riflesso ramato, ed una cremosissima e compatta testa di schiuma biancastra, dalla buona persistenza. L’aroma è fresco, pulito ed abbastanza elegante, un dolce bouquet fruttato che si compone di mango e passion fruit, ananas, melone retato. In sottofondo qualche sentori di aghi di pino e, man mano che la birra si scalda, di caramello. Scenario abbastanza diverso in bocca, dove la frutta cede il passo all’amaro: a parte una leggera presenza di agrumi (pompelmo), la base maltata (biscotto e caramello) è a sostegno della generosa luppolatura che morde subito il palato con note resinose, vegetali e leggermente pepate. L’alcool c’è e non si nasconde, irrobustendo la bevuta con una discreta sensazione di warming. Il corpo è medio, con una sensazione palatale comunque morbida e gradevole, grazie anche ad una carbonazione modesta. Chiude con una buona secchezza, ed un lungo retrogusto molto intenso e molto amaro (sul limite del raschiante), resinoso, vegetale.
Una birra pensata da/per Miguel non poteva altro che essere una birra “dura”, dal gusto spiccatamente amaro, senza nessuna concessione ruffiana di (dolce) frutta tropicale. Il risultato è intenso e pulito, ma anche piuttosto sbilanciato sul versante amaro, con un gusto che alla lunga satura il palato e dal quale ne deriva una bevibilità molto più limitata di quel che il contenuto alcolico (7%) può portare a pensare. Detto questo, potete pensare a questa birra se avete voglia di una spremuta di luppolo il cui amaro vi tenga compagnia anche per qualche ora dopo averla finita.
Miguel Serse ringrazia in etichetta se stesso ed i suoi soldi (ovviamente), oltre al Wild Hops Rubiera; mi associo a quest’ultimo ringraziamento al beershop per avermi dato la birra da assaggiare.
Formato: 50 cl., alc. 7%, lotto AD053, scad. 23/10/2015.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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