Ritorna sul blog Retorto, il birrificio piacentino fondato nel 2011 a Podenzano dal birraio Marcello Ceresa con l’aiuto del fratello Davide e della sorella Monica; in cinque anni d’attività Retorto ha prodotto un numero di birre relativamente esiguo, se lo si confronta con quello di molti altri produttori. Anziché inondare il mercato di one-shot, collaboration e quant’altro Retorto ha preferito lavorare sul perfezionamento di quelle già esistenti, ottenendo peraltro sempre buoni riconoscimenti ai concorsi nazionali.
Alle quattro birre del debutto Morning Glory (American Pale Ale), Krakatoa (IPA), Latte Più (Blanche), Daughter Of Autumn (Scotch Ale) si sono progressivamente aggiunte la Black Lullaby (Belgian Dark Strong Ale), i barley wine Malalingua e Malanima e le ultime due nate Bloody Mario (con ciliegie piacentine) a Tazmaniac.
Parliamo di quest’ultima, il cui nome è ovviamente ispirato allo stato-isola dell'Australia che si trova 250 km a sud del continente; la Tanzania fu scoperta nel 1642 dal navigatore olandese Abel Tasman il quale battezzò la nuova terra "Anthoonij van Diemenslandt", dal nome del finanziatore della sua spedizione, Anthony van Diemen, governatore delle Indie Orientali Olandesi. Ma a noi interessa la birra e la Tasmania è anche considerata la “terra madre” del luppolo australiano, la cui richiesta è esponenzialmente aumentata con l’avvento della craft beer revolution, non solo australiana. Fu William Shoobridge, emigrato dal Kent inglese nel diciannovesimo secolo, il primo a portare in Australia qualche pianta di quell’humulus lupulus che già coltivava nella madre patria. Il figlio Ebenezer nel 1867 acquistò una area di terra compresa tra i fiumi Derwent e Styx Rivers per dedicarla alla coltivazione del luppolo; la proprietà, poi chiamata Bushy Park Estates, esiste ancora oggi ed è il maggior produttore di luppolo australiano.
La birra.
Se non erro la Tazmaniac di Retorto debutta inizialmente solo in fusto nell'ottobre del 2015, per poi essere resa disponibile anche in bottiglia; non sono rivelati i nomi dei luppoli neozelandesi utilizzati. Nel bicchiere arriva dorata e velata, con marcati riflessi arancio; la schiuma, bianca e cremosa, è compatta ed ha un'ottima persistenza. L'etichetta recita "scadenza 05/2017" quindi ipotizzo si tratti di una bottiglia dello scorso maggio che ha quindi già cinque mesi di vita alle spalle; l'aroma in effetti non evidenzia particolare freschezza, e neppure l'intensità regala acuti. Il bouquet dei profumi è piuttosto semplice, con l'ananas e la papaia accompagnati da qualche nota terrosa: un po' deludente. Al palato la birra scorre bene, con una carbonazione contenuta e corpo leggero ma con una sensazione tattile forse un pelino troppo pesante per una session beer. Una leggera base maltata (miele, accenni biscottati) ha il compito di preparare il terreno per far giocare al meglio i luppoli, che proseguono il percorso aromatico con agrumi e papaya, forse maracuja. La "frutta" sembra quasi più acerba che matura, con qualche asperità (aspra) poi levigata dalla chiusura amara terrosa e vegetale (finalmente si sale d'intensità), che a tratti sembra quasi sconfinare nel lievissimo tostato. Buona la pulizia, buona la secchezza ma nel complesso questa Pacific Pale Ale mi sembra nel complesso il mix di sapori non mi sembra del tutto definito; un maggior freschezza sicuramente l'avrebbe valorizzata di più, si lascia bere bene, ma al di là del mio rapporto un po' conflittuale con alcuni luppoli "pacifici", non mi sembra la Retorto meglio riuscita.
Formato: 33 cl., alc. 4%, IBU 38, lotto 16032, scad. 05/2017, prezzo indicativo 3.00/4.00 Euro (beershop).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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