All'incirca sei mesi fa avevo ospitato nella rubrica dedicata alle produzioni casalinghe l'homebrewer Samuele Cesaroni da Pienza: solo un paio di anni di homebrewing ma tanta passione e voglia di fare, con la promessa di aprire entro l'anno il birrificio. Promessa mantenuta con la partenza lo scorso giugno della Brasseria della Fonte, impianto Spadoni da 6 hl con quattro fermentatori per un totale di 22 hl posizionato all'interno di un agriturismo con piscina e ristorante annessi che si trova a soli tre chilometri da Pienza, nella splendida cornice della Val d'Orcia, terra di grandi vini (Montalcino e Montepulciano, giusto per citarne alcuni) ma anche di luoghi interessanti per chi ama la birra (Birrificio L'Olmaia e TNT Pub di Buonconvento, ad esempio).
Al momento la produzione della Brasseria della Fonte si suddivide tra quattro birre fisse, prodotte tutto l’anno (American Pale Ale, Porter, Scotch Ale e Rossa di Pienza) ed un paio di produzioni stagionali (Summer Ale e Freshoops!); le etichette sono disegnate dallo stesso Samuele, pulite e semplici ma comprensive di tutto quanto è necessario sapere, a partire dall'importantissima data d'imbottigliamento. Ma Brasseria della Fonte non è solo birrificio agricolo: nei campi circostanti vi è un luppoleto che oggi ospita oltre quattrocento piante di Cascade, Columbus, Centennial, Chinook e Nugget, i cui fiori vengono utilizzati per la produzione delle birre stagionali; in abbinamento a salumi e formaggi locali le birre si possono assaggiare presso la tap room adiacente agli impianti produttivi.
Dopo avermi fatto assaggiare le sue produzioni casalinghe, Samuele ha voluto farmi provare anche le prime bottiglie uscite dall’impianto: tutte le ricette sono pubblicate sul sito del birrificio, per gli homebrewers interessati ai dettagli. Dopo averlo nuovamente ringraziato, iniziamo ad assaggiare le prime tre.
Partiamo dall’American Pale Ale, 6% ABV, lievito M44, malti Pale, Carapils e Cara Aroma, luppoli Warrior, Columbus, Centennial e Simcoe, con questi ultimi tre utilizzati anche in dry-hopping. Il suo colore velato si colloca tra il ramato e l’ambrato mentre la schiuma, appena biancastra, è fine e cremosa ed ha un’ottima persistenza nel bicchiere. Il naso si basa soprattutto su resina/aghi di pino, con qualche sentore dank, di pompelmo e caramello in sottofondo: non ci sono concessioni fruttate o tropicali, se non un po’ di ananas che affiora quando la birra si scalda. Lo spettro aromatico risulta abbastanza ristretto, benché pulito e abbastanza elegante. Il gusto lo segue in fotocopia dando forma ad una birra robusta e poco ruffiana, anche per quel che riguarda la sensazione palatale, morbida e scorrevole ma un pochino pesante dal punto di vista “tattile”. La freschezza della bottiglia valorizza intensità e pulizia di una bevuta amara soprattutto di pino e resina (con qualche concessione di pompelmo) sostenuti dalla base maltata di biscotto e caramello: in etichetta c’è scritto American Pale Ale, ma se nel bicchiere vi dicessero che c’è un’American IPA non avreste nulla da obiettare. Il finale amaro è lungo e intenso, piacevolmente pungente e riscaldato da un lieve tepore etilico: birra oggettivamente solida e ben fatta, in un'interpretazione un po' old school che guarda alla East Coast americana tenendosi a distanza dalle lontana dalle mode ruffiane e fruttate.
Imbottigliata un mese fa circa ma nata per dissetare per tutta l'estate è invece la Summer Ale, nata da malti Pale, Vienna e Carapils, lievito M36 e una generosa luppolatura di Mosaic e Cascade, anche in dry-hopping. Il suo colore è oro antico, la cremosa schiuma bianca è un po' scomposta ma ha una buona persistenza. Al naso, fresco e pulito, una bella macedonia di frutta ricca di agrumi (cedro, pompelmo e limone, anche canditi) affiancata da note erbacee. 3.5% l'ABV dichiarato per una bevuta leggera (pane e crackers) che si tuffa subito in territorio fruttato nel quale il dolce dell'ananas e del mandarino supporta il carattere "zesty", dove l'amaro della scorza d'agrumi viene potenziatato da tocchi resinosi. Una bella session beer che non sacrifica affatto l'intensità, anzi impressiona in positivo: anche qui si potrebbe migliorare la sensazione palatale, un po' pesante dal punto di vista "tattile", ma la scorrevolezza non ne risente assolutamente. Secondo me l'amaro è forse un pelino oltre il limite di quella che dovrebbe essere la soglia di una birra da bere a oltranza, ma qui siamo nel territorio delle opinioni personali.
L'ultima arrivata alla Brasseria dalla Fonte è la Freshoops!, che come il nome suggerisce viene realizzata con luppoli autocoltivati e colti in giornata nei campi circostanti il birrificio. Bottiglia freschissima con una paio di settimane di vita alle spalle, che a me è giunta ancora priva di etichetta: potete vederne la realizzazione in questo video chiamato "Dalla pianta alla pinta". La ricetta prevede lievito M44, malti Pale, Vienna e Melanoidinico, destrosio, luppoli freschi Cascade, Columbus, Centennial, Chinook e Nugget. Ammetto di essere sempre un po' prevenuto quando si parla di birre "fresh hop" o "harvest hop" in quanto non ne ho bevute di molte memorabili: non sono birre facili da fare se si utilizza solo luppolo fresco, in quanto il "comportamento" (se mi passate il termine) di questi luppoli freschi non è facile da controllare per chi fa la birra. Più semplice il compito di chi si accontenta di limitare il luppolo fresco solo ad alcuni fasi della produzione, come ad esempio il dry-hopping.
La Freshoops! (7%) della Brasseria della Fonte si presenta all'aspetto piuttosto simile all'American Pale Ale; completamente diverso il profilo aromatico con frutta tropicale in evidenza (mango, papaia, melone) affiancata dall'arancia rossa, aghi di pino e un lieve carattere dank. La freschezza è ovviamente fuori discussione, buono il livello di pulizia ed intensità. In bocca ritroviamo una base (caramello e biscotto) simile a quella dell'APA ma che qui ha però solo la funzione d'introdurre il dolce della frutta tropicale, vero e proprio punto di bilanciamento dell'amaro, resinoso e vegetale, pungente ed intenso, che rimane il vero protagonista di questa IPA. La bevuta è pulita e piacevolmente bilanciata sino alla chiusura amara, c'è una buona secchezza che pulisce il palato per qualche istante prima di lasciare campo libero al lungo retrogusto nel quale i luppoli freschi esprimono tutto il loro potenziale resinoso e "verde" senza mai andare oltre le righe. Una fresh-hop davvero convincente e compiuta, fatta con criterio e con un controllo davvero notevole della componente "luppolo fresco".
Nel complesso il debutto della Basseria della Fonte mi sembra davvero degno di nota: pochi mesi di vita ma tre birre già di ottimo livello per quel che riguarda pulizia e carattere. Tutte gradevoli e ben attenuate, con la Summer Ale sugli scudi: ovviamente, lo spazio per migliorare c'è, sarebbe strano il contrario, ma è una nuova realità che sembra essere partita col piede giusto.
Nel dettaglio:
American Pale Ale, alc. 6%, IBU 38, imbott. 19/07/2016, lotto 18 2016, scad. 19/03/2017.
Summer Ale, alc. 3.5%, IBU 26, imbott. 13/08/2016, lotto 24 2016, scad. 13/01/2017
Freshoops!, alc 7%, IBU 70, imbott. 10/09/2016.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio della bottiglia in questione e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
Al momento la produzione della Brasseria della Fonte si suddivide tra quattro birre fisse, prodotte tutto l’anno (American Pale Ale, Porter, Scotch Ale e Rossa di Pienza) ed un paio di produzioni stagionali (Summer Ale e Freshoops!); le etichette sono disegnate dallo stesso Samuele, pulite e semplici ma comprensive di tutto quanto è necessario sapere, a partire dall'importantissima data d'imbottigliamento. Ma Brasseria della Fonte non è solo birrificio agricolo: nei campi circostanti vi è un luppoleto che oggi ospita oltre quattrocento piante di Cascade, Columbus, Centennial, Chinook e Nugget, i cui fiori vengono utilizzati per la produzione delle birre stagionali; in abbinamento a salumi e formaggi locali le birre si possono assaggiare presso la tap room adiacente agli impianti produttivi.
Dopo avermi fatto assaggiare le sue produzioni casalinghe, Samuele ha voluto farmi provare anche le prime bottiglie uscite dall’impianto: tutte le ricette sono pubblicate sul sito del birrificio, per gli homebrewers interessati ai dettagli. Dopo averlo nuovamente ringraziato, iniziamo ad assaggiare le prime tre.
Partiamo dall’American Pale Ale, 6% ABV, lievito M44, malti Pale, Carapils e Cara Aroma, luppoli Warrior, Columbus, Centennial e Simcoe, con questi ultimi tre utilizzati anche in dry-hopping. Il suo colore velato si colloca tra il ramato e l’ambrato mentre la schiuma, appena biancastra, è fine e cremosa ed ha un’ottima persistenza nel bicchiere. Il naso si basa soprattutto su resina/aghi di pino, con qualche sentore dank, di pompelmo e caramello in sottofondo: non ci sono concessioni fruttate o tropicali, se non un po’ di ananas che affiora quando la birra si scalda. Lo spettro aromatico risulta abbastanza ristretto, benché pulito e abbastanza elegante. Il gusto lo segue in fotocopia dando forma ad una birra robusta e poco ruffiana, anche per quel che riguarda la sensazione palatale, morbida e scorrevole ma un pochino pesante dal punto di vista “tattile”. La freschezza della bottiglia valorizza intensità e pulizia di una bevuta amara soprattutto di pino e resina (con qualche concessione di pompelmo) sostenuti dalla base maltata di biscotto e caramello: in etichetta c’è scritto American Pale Ale, ma se nel bicchiere vi dicessero che c’è un’American IPA non avreste nulla da obiettare. Il finale amaro è lungo e intenso, piacevolmente pungente e riscaldato da un lieve tepore etilico: birra oggettivamente solida e ben fatta, in un'interpretazione un po' old school che guarda alla East Coast americana tenendosi a distanza dalle lontana dalle mode ruffiane e fruttate.
Imbottigliata un mese fa circa ma nata per dissetare per tutta l'estate è invece la Summer Ale, nata da malti Pale, Vienna e Carapils, lievito M36 e una generosa luppolatura di Mosaic e Cascade, anche in dry-hopping. Il suo colore è oro antico, la cremosa schiuma bianca è un po' scomposta ma ha una buona persistenza. Al naso, fresco e pulito, una bella macedonia di frutta ricca di agrumi (cedro, pompelmo e limone, anche canditi) affiancata da note erbacee. 3.5% l'ABV dichiarato per una bevuta leggera (pane e crackers) che si tuffa subito in territorio fruttato nel quale il dolce dell'ananas e del mandarino supporta il carattere "zesty", dove l'amaro della scorza d'agrumi viene potenziatato da tocchi resinosi. Una bella session beer che non sacrifica affatto l'intensità, anzi impressiona in positivo: anche qui si potrebbe migliorare la sensazione palatale, un po' pesante dal punto di vista "tattile", ma la scorrevolezza non ne risente assolutamente. Secondo me l'amaro è forse un pelino oltre il limite di quella che dovrebbe essere la soglia di una birra da bere a oltranza, ma qui siamo nel territorio delle opinioni personali.
L'ultima arrivata alla Brasseria dalla Fonte è la Freshoops!, che come il nome suggerisce viene realizzata con luppoli autocoltivati e colti in giornata nei campi circostanti il birrificio. Bottiglia freschissima con una paio di settimane di vita alle spalle, che a me è giunta ancora priva di etichetta: potete vederne la realizzazione in questo video chiamato "Dalla pianta alla pinta". La ricetta prevede lievito M44, malti Pale, Vienna e Melanoidinico, destrosio, luppoli freschi Cascade, Columbus, Centennial, Chinook e Nugget. Ammetto di essere sempre un po' prevenuto quando si parla di birre "fresh hop" o "harvest hop" in quanto non ne ho bevute di molte memorabili: non sono birre facili da fare se si utilizza solo luppolo fresco, in quanto il "comportamento" (se mi passate il termine) di questi luppoli freschi non è facile da controllare per chi fa la birra. Più semplice il compito di chi si accontenta di limitare il luppolo fresco solo ad alcuni fasi della produzione, come ad esempio il dry-hopping.
La Freshoops! (7%) della Brasseria della Fonte si presenta all'aspetto piuttosto simile all'American Pale Ale; completamente diverso il profilo aromatico con frutta tropicale in evidenza (mango, papaia, melone) affiancata dall'arancia rossa, aghi di pino e un lieve carattere dank. La freschezza è ovviamente fuori discussione, buono il livello di pulizia ed intensità. In bocca ritroviamo una base (caramello e biscotto) simile a quella dell'APA ma che qui ha però solo la funzione d'introdurre il dolce della frutta tropicale, vero e proprio punto di bilanciamento dell'amaro, resinoso e vegetale, pungente ed intenso, che rimane il vero protagonista di questa IPA. La bevuta è pulita e piacevolmente bilanciata sino alla chiusura amara, c'è una buona secchezza che pulisce il palato per qualche istante prima di lasciare campo libero al lungo retrogusto nel quale i luppoli freschi esprimono tutto il loro potenziale resinoso e "verde" senza mai andare oltre le righe. Una fresh-hop davvero convincente e compiuta, fatta con criterio e con un controllo davvero notevole della componente "luppolo fresco".
Nel complesso il debutto della Basseria della Fonte mi sembra davvero degno di nota: pochi mesi di vita ma tre birre già di ottimo livello per quel che riguarda pulizia e carattere. Tutte gradevoli e ben attenuate, con la Summer Ale sugli scudi: ovviamente, lo spazio per migliorare c'è, sarebbe strano il contrario, ma è una nuova realità che sembra essere partita col piede giusto.
Nel dettaglio:
American Pale Ale, alc. 6%, IBU 38, imbott. 19/07/2016, lotto 18 2016, scad. 19/03/2017.
Summer Ale, alc. 3.5%, IBU 26, imbott. 13/08/2016, lotto 24 2016, scad. 13/01/2017
Freshoops!, alc 7%, IBU 70, imbott. 10/09/2016.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio della bottiglia in questione e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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