
Al contrario delle Saison, quello delle Grisette è un (sotto) stile ancora poco conosciuto e poco esplorato dai birrifici contemporanei; conviene allora approfondire un po’ l’argomento. Secondo quanto racconta Phil Markowski nel libro “Farmhouse Ales” le nascita delle Grisette è conseguenza diretta dei cambiamenti nell’economia della Vallonia avvenuti alla fine del diciannovesimo. L’industria mineraria (carbone e pietre) stava crescendo a scapito dell’agricoltura e i birrifici iniziarono a produrre birre per dissetare tutti coloro che erano arrivati in Vallonia per lavorare nelle miniere.
Non ci sono molte notizie storiche sulla nascita di queste birre e non c’è neppure certezza sull’origine di questo nome: “grisette” erano chiamate le giovani lavoratrici delle fabbriche che indossavano un abito grigio (gris, in francese). Pare che queste giovani portassero anche quei vassoi pieni di birre che accoglievano e rinfrescavano i minatori alla loro uscita dalle miniere; grigio era ovviamente il colore dei porfiriti (pietre) della Vallonia settentrionale, e di polvere grigia erano ricoperti i minatori al termine delle loro dure giornate di lavoro. Non è dunque difficile ipotizzare in quel periodo molti birrifici (almeno trenta, secondo quanto sostiene Joris Pattyn) producessero birre indirizzate a quei minatori che stavano velocemente sostituendo i braccianti agricoli.
Secondo alcune fonti storiche le “grisette” erano leggere e rinfrescanti, generosamente (per gli standard dell’epoca) luppolate: non erano di solito utilizzate quelle spezie e quei cereali non maltati tipici delle Saison; per alcuni erano dorate, per altri ambrate. Tutti concordano invece sul loro basso contenuto alcolico (3-5%), inferiore a quello delle Saison, in quanto destinata a gente che doveva poi riprendere a lavorare. Ma lo stesso non poteva dirsi dei braccianti agricoli? Secondo Yvan De Baets esistevano “grisette jeune” (giovani), prodotte finché le temperature lo consentivano e “grisette de garde”, prodotte da settembre a dicembre e destinate poi al consumo nei mesi più caldi, quando non era possibile birrificare. Vi erano probabilmente anche le “grisette supériere” dal contenuto alcolico più elevato e probabilmente consumate nei ai giorni di riposo o a quelli di festa: con i “second runnings” delle grisette e venivano probabilmente anche prodotte delle “biere de table” dal contenuto alcolico ancora più basso e destinate a sostituire l’acqua.
Nel corso del ventesimo secolo la parola Grisette è andata estinguendosi, rischio corso anche da quella Saison, "salvata" dal punto di vista brassicolo solamente dalla produzione Dupont. L’unico birrificio belga ad aver abbracciato il termine “grisette” è stato St. Feuillien, per motivi di marketing: le sue Grisette Blanche, Grisette Blonde, Grisette Cerise e Grisette Fruits de Bois hanno poco a che vedere con la tradizione storica.
La birra.
A realizzare una delle poche Grisette italiane ci prova il birrificio CRAK, oggi sulla cresta dell’onda soprattutto per le sue New England IPA: la sua interpretazione moderna, oltre ad un generoso double dry hopping di Lemondrop e Hull Melon, prevede l’utilizzo di scorza di limone e d’arancia; i malti utilizzati sono Pilsner e Dextrine. La gradazione alcolica (5.6%) è un po’ superiore a quella di una Grisette che sarebbe stata offerta ai minatori valloni.

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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