B.O.R.I.S. sta per Bodacious Oatmeal Russian Imperial Stout ed è la birra che ha fatto conoscere al mondo Hoppin’ Frog, il birrificio dell'Ohio guidato da Fred Karm (“la rana”, questo il soprannome che gli veniva dato in famiglia): è anche la birra con la quale sono arrivati i primi riconoscimenti e le prime medaglie (oro nel 2008 e nel 2011) al Great American Beer Festival.
Il copione scontato che ormai troppo spesso leggiamo quando abbiamo a che far con la birra artigianale è il seguente: hai fatto una grande birra? Sfruttala al massimo, realizzandone svariate varianti e offrile ai "discepoli": il birrificio dell'Ohio sembrava immune a questo meccanismo ma negli ultimi anni, forse anche a causa di un mercato domestico sempre più affollato, abbiamo assistito alla moltiplicazione dei BORIS. Dalla sua prima e unica variante, quella invecchiata in botti di Heaven Hill Whiskey, si è oggi arrivati quasi a venti: BORIS Bairille Aois (Whiskey Irlandese), BORIS Royale (whiskey canadese), BORIS Van Wink (Kentucky whiskey), Rocky Mountain BORIS (in botti ex-whiskey dal Colorado), Rum Barrel Aged BORIS, BORIS Batch #200 (invecchiata in botti di Kentucky Bourbon per cinque volte più a lungo rispetto alla BORIS Van Wink), Cherry Bitter Barrel Aged BORIS, Vanilla Bitter Barrel Aged BORIS. Tralasciando i passaggi in botte, ci sono l'apprezzabile Cafe BORIS, la BORIS Reserve e la BORIS Grand Reserve, queste ultime due prodotte con un diverso mix di malti importati dall'Europa, contrariamente alla BORIS "normale" che dovrebbe usare solamente malti americani.
La birra.
BORIS Reserve altro non è che l'evoluzione della Batch #100 che nel 2011 celebrò la centesima cotta di BORIS producendone una versione con soli malti inglesi. Alla fine del 2015 viene annunciato l'arrivo della BORIS Reserve che promette, utilizzando i migliori malti importati da Inghilterra e Belgio, di regalare una bevuta più morbida e meno torrefatta.
Il bicchiere si colora di un nero impenetrabile alla luce sul quale si forma un cappello di schiuma abbastanza compatta e cremosa, dalla buona persistenza. L'aroma non differisce molto da quello della BORIS "normale", anche per quel che riguarda pulizia ed intensità: fruit cake, uvetta e prugna disidratata, lievi tostature, cioccolato e liquirizia. Un dessert goloso nel quale la componente etilica rimane in sottofondo. Delude un pochino, a voler essere pignoli, il mouthfeel, meno oleoso e morbido della BORIS: a livello tattile è una birra ugualmente gradevole, ma si poteva osare di più almeno per giustificare la parola Reserve in etichetta. La bevuta prosegue sullo stesso percorso indicato dall'aroma iniziando con il dolce di uvetta e prugna, fruit cake, frutta sotto spirito e liquirizia, quest'ultima un po' invadente: l'amaro delle tostature, del caffè e del cioccolato fondente non tarda ad arrivare ed è amplificato dalla generosa luppolatura resinosa. La scia finale è calda e morbida, con l'alcool ad abbracciare caffè e cioccolato, in un lunghissimo incontro che vi potrebbe accompagnare anche per tutta la serata.
Effettivamente più mansueta e meno potente della BORIS normale, questa versione Reserve è da intendersi come "diversa" e non come "migliore", contrariamente a quanto viene dichiarato in etichetta. Il livello è ugualmente elevato ma a mio parere non giustifica il sovrapprezzo (tre dollari circa, nel USA) che viene applicato: se la trovate a prezzo scontato come nel mio caso potete togliervi lo sfizio di provarla, altrimenti il mio consiglio è di continuare ad insistere sulla BORIS normale, imperial stout di livello mondiale.
Formato: 65 cl., alc. 9.4%, IVU 60, lotto e scadenza non riportato, prezzo indicativo 15.00-17.00 euro (beershop).
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