martedì 30 ottobre 2018

Mikkeller Årh Hvad?! & To Øl Fuck Art - This is Architecture


Potrei iniziare chiamando in causa “La guerra dei Cloni”, noto concorso per homebrewers che si tiene nel luglio di ogni anno al birrificio Baladin di Piozzo: i concorrenti devono presentare una birra ispirata ad una precisa produzione commerciale e replicarla il più fedelmente possibile.  Clonazioni, tributi, emulazioni: c’è una birra belga che in questo campo forse non ha eguali. Parliamo di quella, l’unica, prodotta dietro le mura dell’Abbazia di Notre-Dame d’Orval: non si contano gli homebrewers ed i birrai che hanno cercato di replicare il “goût d'Orval”. AI brettanomiceti, inoculati al momento dell’imbottigliamento, il compito di modificarlo nel corso degli anni: alla vostra preferenza la scelta di berla giovane o dopo qualche anno di cantina.
Mikkeller, birraio zingaro e con qualche dimora fissa tra Stati Uniti ed Europa, non ha mai nascosto il suo amore per l’Orval  (6.2%) e a lei si è ispirato in più di un’occasione, a partire da un clone del 2007  per arrivare alle più famose It’s Alive (8%) e soprattutto Årh Hvad?! (6.8%). Ed è stata proprio quest’ultima, distribuita per un periodo del 2015 anche nei supermercati belgi Delhaize, ad avergli creato qualche grattacapo non tanto per la birra ma per aver replicato in etichetta il logo esagonale dell’International Trappist Association sostituendo la scritta “authentic trappist product” con  “authentic mikkeller product”. Le minacce dei frati convinsero Mikkeller a cambiare il nome della birra da Årh Hvad?!  (“che cosa?” in danese) a Hva Såå?! (“e allora”?) rimuovendo il clone del logo trappista; da quanto capisco la birra è poi tornata a chiamarsi Årh Hvad?!, parole che pronunciate in danese suonano come “Or-val”. Le due birre sono poi state commercializzate anche in diverse edizioni barricate: Chardonnay, Grand Marnier, Sauternes a Saint-Emilio.

Le birre.
Malto Pale, una piccola percentuale di Caramello, luppoli Hallertauer Hallerau (Germania), Strisselspalt (Alsazia) e Styrian Golding (Slovenia): questo è quello che i frati rivelano sulle ricetta della Orval originale. Della  Årh Hvad?! di Mikkeller ne sappiamo ancora meno, se non che nel corso della sua produzione viene luppolata quattro volte con luppolo Styrian Goldings. A tre anni dalla messa in bottiglia si presenta di color ambrato con riflessi ramati e dorati: la generosa schiuma pannosa è abbastanza compatta ed ha ottima ritenzione. L’aroma si apre con una poco gradevole nota di solvente e di medicinale, alla quale fanno seguito i tipici odori dei brettanomiceti: cuoio, muffa, cantina. L’inizio non è dei migliori e il gusto si risolleva solo in parte dal baratro: la partenza è dolce di caramello, biscotto e una componente fruttata non ben identificata: fin qui la luce, poi arriva il buio di un’ondata amara, medicinale e terrosa, abbastanza sgradevole alla quale s’accompagnano note di plastica bruciata e medicinale.  Birra che è invecchiata davvero male e che era meglio aver bevuto da giovane.

Discepoli del loro ex-professore al liceo Mikkel Borg Bjergsø, Tobias Emil Jensen e Tore Gynth hanno seguito su scala minore le orme di Mikkeller mettendo in piedi prima la  beerfirm To Øl e poi il brewpub BRUS a Copenhagen; Jensen ha di recente abbandonato la nave che è ora guidata dal solo Tore Gynth. To Øl ha dedicato alla tradizione belga la serie di birre chiamata “Fuck Art”, nella quale non poteva certamente mancare un tributo all’Orval, nello specifico chiamato This is Architecture (5%) . Il riferimento non è tuttavia esplicito e To Øl parla solo di una Farmhouse Pale Ale brettata e rinfrescante.  In etichetta c’è il Ryugyong Hotel, grattacielo di 105 piani ubicato a Pyongyang, Corea del Nord: niente di più lontano dalla tranquilla campagna belga e dai boschi che circondano l’abbazia d’Orval.  Il motivo della scelta è che “la birra è minimalista come il grattacielo”. La sua ricetta include malti Cara Pils, Pilsner, Melanoidin, fiocchi d’avena, luppoli Amarillo, Simcoe e Tettnanger. Siamo dunque molto lontani dalla Orval ma, come vedremo, il risultato è molto più fedele all’originale di quello ottenuto da Mikkeller; anche questa bottiglia è datata 2015 e anche lei è stata prodotta da De Proef in Belgio. 
Il suo colore è oro antico, con riflessi ramati,  l’esuberante schiuma pannosa sembra quasi indistruttibile. Al naso ci sono gradevoli profumi floreali, qualche accenno di ananas e limone, un tocco rustico di paglia e di cuoio. Al palato è vivacemente carbonata, ruspante e scorre con ottima facilità:  note biscottate e caramellate introducono un fruttato dolce che ricorda la polpa dell’arancia subito incalzato dal funky dei brettanomiceti: la chiusura è abbastanza secca e l’amaro terroso è un appena disturbato da una leggera presenza medicinale e di solvente, sebbene in quantità irrisorie rispetto alla Årh Hvad. Nel bicchiere non ci sono le emozioni delle migliori bottiglie d’Orval ma la birra è piacevole e facile da bere e s’intravede a tratti il gusto d’Orval:  in questo caso gli allievi  To Øl hanno sicuramente superato il maestro Mikkeller  ma lei, “la birra della trota con l’anello in bocca”, è ancora là, inarrivabile.
Nel dettaglio:
Mikkeller Årh Hvad?!, 33 cl., alc. 6,8%, scad. 04/03/2025, pagata 1,99 € (supermercato, Belgio)
To Øl Fuck Art - This is Architecture, 33 cl., alc. 5%, scad. 05/05/2020, pagata 4,00 euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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