Debutto sul blog per Birra Kashmir, operativa dal 2012 a Filignano, piccolo comune in provincia di Isernia, Molise: i fondatori sono Romain Verrecchia e Roberto Castrataro. La birra, e non parlo dei soliti prodotti industriali, accompagna la loro gioventù; Romain è cresciuto in Francia e Roberto aveva molti parenti in Belgio: bottiglie di gueuze, kriek, biere de garde accompagnavano spesso i loro pasti e le serate nei locali senza che a quel tempo – ammette Romain – loro sapessero molto di birra.
La passione cresce e i due amici iniziano i primi esperimenti con l’homebrewing, un modo come un altro per passare le domeniche: anche le vacanze sono spesso a tema birrario, con incursioni in Germania, Belgio e Regno Unito. Nel 2011 Romain ritorna in Italia, dopo un soggiorno in Scozia nel corso del quale ha fatto esperienza presso il birrificio Ayr, deciso ad aprire un microbirrificio in Italia. A convincere Roberto ci vuole pochissimo, mentre si rivela molto più difficoltoso reperire i fondi necessari e sbrigare tutte le pratiche burocratiche: Kashmir (il riferimento è ovviamente ai Led Zeppelin) parte allora come beerfirm nel 2012 (“con alti e bassi” ammettono) appoggiandosi a birrifici come Karma, Amiata, Sannita. Nel 2016 ha finalmente termine il calvario burocratico e vengono inaugurati gli impianti sulle montagne molisane: l’ispirazione che guida quasi tutte le birre è quella anglosassone, con uno sguardo più all’innovazione statunitense che alla tradizione del Regno Unito. Molte le declinazioni del “verbo” IPA: Dulcamara (Red IPA), Winterline (West Coast), No Quarter (IPA al frutto della passione), Felix (al mango), Lamortesua (Double IPA) e The Bride (White IPA). Completano la gamma la stout Pallas, la golden ale Goldilock, l’American Wheat Nuit Blanche, una Irish Red Ale, le American Pale Ale Apaloosa e Bside e per finire l'Italian Grape Ale chiamata Veritas.
Le birre.
Prima di passare dalla teoria alla pratica un ringraziamento al birrificio Kashmir che mi ha inviato qualche bottiglia da assaggiare. Partiamo da Lamortesua, una Double IPA con poche settimane di vita che per questo lotto è stata luppolata con Amarillo, Mosaic, Cascade e Simcoe.
Il suo colore è un dorato carico e forma una cremosa e compatta schiuma biancastra che ha una buona persistenza. L’aroma non è molto intenso ma è comunque pulito: in primo piano pompelmo e resina, qualche accenno dolce di caramello e frutta tropicale emerge man mano che la birra si scalda. Molto buona è la sensazione palatale: birra morbida, davvero gradevole dal punto di vista tattile, corpo medio. L’interpretazione di questa Double IPA non prevede concessioni ruffiane o moderne (leggi “succo di frutta”) ma punta dritto all’amaro, quello resinoso e pungente. A sorreggerlo una base maltata per nulla invadente (biscotto, lieve caramello) con un velo di frutta tropicale che si scorge in lontananza solamente quando la birra si scalda. La chiusura è abbastanza secca, anche se si potrebbe osare di più, ma la cosa che va un po’ oltre le righe in questa birra è la componente etilica, evidente dall’aroma sino alla fine della bevuta: l'alcool aiuta sicuramente a rafforzare i muscoli della birra, a potenziare la nota pungente e quasi “pepata” dell’amaro ma al tempo stesso ne limita un po’ la scorrevolezza e la frequenza di sorsata. Una IPA comunque pulita e abbastanza ben fatta, alla quale ritengo gioverebbe un bouquet olfattivo un po’ più ampio, un pelino in più di frutta al palato e un miglior controllo della componente etilica. Per il resto, se avete bisogno d’amaro, la bevuta vi risulterà soddisfacente.
Dulcamara è invece il nome scelto per una Red IPA che mette ben in evidenza il suo colore sin dall’etichetta: nel bicchiere la sensualità si fa da parte per lasciar parlare i muscoli. Ammetto di non essere un amante delle IPA basate sull’accoppiata resina-caramello, ma in questo caso le intenzioni sono ben dichiarate e devo riconoscere che quello che c’è nel bicchiere funziona.
Ambrata carica, riflessi ramati e rossastri, schiuma ocra cremosa e compatta dall’ottima persistenza. Bottiglia “nata” alla fine dello scorso gennaio che mette in mostra un naso ancora fresco nel quale domina la frutta matura, soprattutto mango e melone, il pompelmo “zuccherato”. Aghi di pino e caramello in sottofondo completano un aroma che ha buona intensità ma non eccelle per quel che riguarda pulizia e finezza. Caratteristiche che ritrovo al palato in una bevuta dall’intensità notevole per un ABV tutto sommato contenuto (6.5%): caramello e frutta tropicale iniziano un percorso che si sposta rapidamente e definitivamente sul versante amaro, resinoso e pungente, restandoci sino alla fine. Anche in questa birra l’alcool non si nasconde e forse si fa sentire anche più di quanto dichiarato in etichetta: liberata la potenza, per fare un’ulteriore salto di qualità secondo me rimangono da migliorare pulizia ed eleganza, soprattutto al palato. C’è un bel fruttato tropicale ma la percezione dei frutti non è così “netta” come dovrebbe/potrebbe essere, l’amaro è importante ma finisce per raschiare un pochino il palato: è un dettaglio, non dà troppo fastidio ma si sente.
Per Kashmir due birre vigorose e di livello abbastanza buono che consiglierei soprattutto a chi cerca l’amaro: qui ne troverete in abbondanza, per una soddisfazione che presuppone la rinuncia ad un po' di eleganza e finezza. Il birrificio è giovane, ma le due birre assaggiate mi sembrano già avere personalità.
Lamortesua, 33 cl., alc. 7.8%, IBU 85, lotto 02/17, scad. 12/2017
Dulcamara, 33 cl., alc. 6.5%, IBU 66, lotto 02/2017, scad. 01/2018
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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