Mike Shatzel è uno dei protagonisti della scena craft di Buffalo, la seconda città più popolosa dello stato di New York: sin da bambino ha iniziato ad aiutare i propri genitori nei bar di proprietà della famiglia, dapprima come semplice lavapiatti. Nel 1998, terminati gli studi a San Diego, Shatzel ritorna a Buffalo per gestire il locale Cole’s: “dopo un paio d’anni arrivò un venditore a proporci la birra artigianale. Il primo fusto che ordinai fu la Sawtooth Ale di Left Hand e la settimana dopo mi portarono la IPA di Harpoon: a quel tempo neppure sapevo che cosa fosse una IPA. Ma tutto iniziò davvero a prendere piede con la Sierra Nevada Pale Ale, della quale io stesso divenni un fan. Arrivarono anche le birre di Stone e gradualmente passammo da 18 a 24 e poi a 30 spine: mio padre ed i miei colleghi pensavano che io fossi impazzito, ma mi ero innamorato della craft beer. Nel 2007 andai con un amico ad Amsterdam a vedere i Black Crowes – ricorda - scoprimmo questo bar chiamato Gollem che aveva tutte le birre trappiste; m’innamorai dell’atmosfera di quel locale e mi venne subito voglia di aprirne uno simile a Buffalo. Ritornato negli Stati Uniti iniziai subito a cercare la location giusta, che trovai nel quartiere di Elmood; venni a sapere che il proprietario era il padre di Kevin Brinkworth, un mio vecchio amico d’infanzia. Diventammo soci ed inaugurammo nel 2010 il Blue Monk Cafè, focalizzato soprattutto sulla tradizione belga: il locale cambiò per sempre la scena di Buffalo, ne divenne un punto di riferimento, iniziammo ad ospitare numerosi birrai che arrivavano anche da molto lontano. Per quasi sei anni io e Kevin lo gestimmo con successo, eravamo amici da sempre ma come partner commerciali non eravamo molto compatibili".
Il 16 aprile 2016 il Blue Monk di Buffalo ha chiuso i battenti proprio a causa delle divergenze di vedute tra i sue soci: Mike spera di poterlo un giorno riaprire, magari dopo aver vinto la causa legale attualmente in atto per l’utilizzo del nome. Nel frattempo la famiglia Shatzel continua a gestire il ristorante Cole’s a Buffalo e Mike, assieme ad alcuni soci, i locali Moor Pat nel sobborgo di Williamsville, l’ABV - Allen Burger Venture ad Allentown e ha da poco inaugurato con il socio Rocco Termini il brewpub Thin Man Brewery nel quartiere di Elmood, a pochi isolati da dove un tempo si trovava il Blue Monk.
Tutto questo che cosa c’entra con la bevuta di oggi? Nel ottobre 2015 ad un festival organizzato in Florida da Shelton Brothers, importatore americano di molti birrifici belgi, Mike Shatzel incontra Urban Coutteau degli Struise. “Mi presentai per dirgli che le sue birre riscuotevano un ottimo successo nel mio locale - racconta Shatzel - e gli allungai un biglietto da visita del Blue Monk”. “Fu come un’illuminazione – ricorda Urban - su quel biglietto c’era la mano di un monaco, colorata di blu, che faceva il gesto dell’assoluzione. Io nel 2013 avevo fatto una birra che avevo chiamato Blue Monk e che da allora era ferma ad invecchiare in botti di vino rosso dello Château Haut Breton Larigaudière di Margaux, Francia. Di solito noi invecchiamo le birre per un anno, ma quella era ancora nelle botti perché non avevamo ancora trovato l’etichetta giusta. Feci una rapida ricerca in internet e rimasi ancora più sorpreso: Mike stava promuovendo da anni la birra belga di qualità, come un ambasciatore. Era troppo bello per essere vero, e gli chiesi se potevo usare il logo del suo locale come etichetta per la mia birra. Era come chiedere a qualcuno di prestarti il suo bene più prezioso, ma lui rispose subito di sì, che potevo fare quello che volevo. Tornato in Belgio, mostrai ai miei soci il biglietto da visita del Blue Monk e tutti furono d’accordo con me: Mike nominato ambasciatore degli Struise per l’anno 2016”.
La Blue Monk degli Struise è una quadrupel (Sint Amatus?) che è stata prodotta ad ottobre 2013 ed imbottigliata nel gennaio 2016 dopo aver quindi passato poco più di due anni in botti di vino rosso. I primi fusti sono disponibili per l’assaggio presso il birrificio degli Struise dagli ultimi mesi del 2015; le bottiglie arrivano a febbraio 2016 in Europa e qualche mese più tardi anche negli Stati Uniti. Per ironia della sorte, il locale Blue Monk di Buffalo ha già chiuso al momento del debutto ufficiale della birra sul territorio americano.
Nel bicchiere si presenta di color ebano scuro con intensi riflessi rosso rubino; la schiuma, cremosa e abbastanza compatta, non è troppo generosa e abbastanza rapida nel dissolversi. Si parte da un aroma piuttosto complesso ed interessante: ci sono le caratteristiche di una quadrupel (uvetta, prugna, zucchero candito) alle quale s’affianca un netto carattere vinoso. In sottofondo un tocco d’affumicato, poi legno, tabacco, carne ed una remota suggestione di cioccolato. L’eleganza non è la caratteristica principale ma è comunque un bouquet aromatico piuttosto interessante e molto piacevole. La sensazione palatale è secondo me perfetta: corpo tra il medio e il pieno, poche bollicine, consistenza che trova un mirabile equilibrio tra morbidezza, presenza tattile e scorrevolezza tipica della tradizione belga. Al palato incontriamo biscotto, caramello, zucchero candito, prugna e uvetta; quella che sembrerebbe una quadrupel “normale” si porta però dietro un netto carattere vinoso, note di legno e di frutti di bosco, d’affumicato. L’alcool è presente e scalda senza mai andare oltre le righe, la chiusura è sorprendentemente secca e introduce un lunghissimo retrogusto caldo e vinoso, ricco di frutta sotto spirito e qualche accenno di tostatura (pane? Frutta secca?).
Quadrupel ricca e complessa, avvolgente, appagante: il suo dolce è molto ben bilanciato dall’alcool, da una lieve asprezza vinosa e da una buona attenuazione. Più intensa che elegante, ma comunque un’ottima birra da sorseggiare in tutta tranquillità che personalmente colloco tra i lavori meglio riusciti che gli Struise hanno sformato negli ultimi anni. E ad un prezzo ancora affrontabile.
Nel dettaglio: formato 33 cl., lotto 12/10/2013, imbott. 15/01/2016, scad. 11/01/2029, prezzo indicativo 5,50-6,50 Euro (beershop).NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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