San Diego è una delle capitali mondiali della birra “di qualità” ma è anche un luogo piuttosto saturo e competitivo per chi vuole aprire un birrificio: meglio spostarsi un po’ lontano, magari un centinaio di chilometri a nord. E’ quello che hanno deciso John Maino e Greg Webb quando hanno elaborato il business plan per il loro birrificio, Ironfire Brewing Company. Maino, nativo della contea di San Diego, dopo aver terminato il college sceglie d’intraprendere la carriera del birraio trovando posto presso Ballast Point; sei anni passati a lavorare nel team dei birrai di uno dei protagonisti della Craft Beer Revolution. Webb, nato invece sulla costa ad est, arriva a San Diego nel 2004 iniziando a fare il barista presso un brewpub: dal servire la birra al provare a farla – anche tra le mura domestiche - il passo è breve. Anche lui viene assunto da Ballast Point e in sei anni fa un percorso analogo a quello di John: inizia come lavafusti per poi passare in sala cottura. I due diventano amici e nel 2011 ritengono di aver maturato l’esperienza necessaria per mettersi in proprio.
Da San Diego quindi un pezzo di Ballast Point si sposta a Temecula, una città che non è ancora affollata di birrifici e che si trova comunque sempre nella Contea di San Diego: a quel tempo era presente solamente Black Market, attiva dal 2009. Aiutati dal birraio Alec Clifton aprono nella primavera del 2012 le porte della Ironfire Brewing che dispone di un impianto Premier Stainless da circa 20 ettolitri: nel giro di dodici mesi a Temecula arrivano anche Refuge Brewing, Aftershock, Wiens, Garage Brewing, Relentless e una succursale-brewpub di Karl Strauss.
Il nome scelto deriva dal modo di dire “iron in the fire”, che equivale al nostro “molta carne al fuoco”: un riferimento agli anni passati da Maino e Webb ad elaborare il loro business plan. In quattro anni d’attività il birrificio realizza un’ottantina di etichette delle quali solo cinque vengono prodotte regolarmente tutto l’anno: oltre alla flagship 51/50 IPA ci sono la 6 Killer Stout, la Gunslinger Gold, la Synner Pale Ale e la Vicious Disposition porter che andiamo a stappare.
Ironfire ha scelto il “western” per la propria identità visiva, decorando a tema la propria taproom e scegliendo uno scheletro travestito da cowboy come protagonista di tutte le etichette stampate al laser sulle bottiglie: ogni immagine raffigura diversi momenti della vita di questo cowboy “morto”.
Vicious Disposition è una imperial porter (9%) che viene prodotta con aggiunta di miele d’avocado. Nera, forma nel bicchiere una bella testa di schiuma cremosa e compatta, dall’ottima persistenza. L’aroma è ricco, dolce e goloso: nocciola, frutta secca, cioccolato al latte, orzo tostato, caffèlatte, miele e melassa, accenni di vaniglia; intensità e pulizia ci sono, l’eleganza non è la sua caratteristica principale ma è comunque una birra molto gradevole da “annusare”. Al palato viene privilegiata la scorrevolezza senza cercare un mouthfeel particolarmente morbido o cremoso: corpo medio, poche bollicine, consistenza leggermente oleosa che è forse un po' troppo debole in un birra dal contenuto alcolico importante. Il gusto è un po’ meno ricco rispetto all’aroma e, soprattutto, indugia molto meno sul dolce: rimangono in sottofondo caramello e cioccolato al latte a supportare caffè e tostature la cui intensità cresce rapidamente sino a farle diventare protagoniste della bevuta. Il finale è lungo e amaro, ricco del torrefatto dei malti e del terroso dei luppoli e riscaldato da un delicato tepore etilico. Convince di più al naso che al palato, anche per quel che riguarda la pulizia, ma la Vicious Disposition di Ironfire è comunque una imperial porter facile da bere, bilanciata e piuttosto soddisfacente, anche se avara nel dispensare emozioni.
Formato: 65 cl., alc. 9%. lotto e scadenza non riportati, prezzo indicativo 13,00-15,00 euro (beershop)NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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