Non è la prima "Struise" che ospitiamo su questo blog, ma fino ad ora non avevamo mai approfondito la loro storia. Gli Struise sono quattro appassionati (Urbain Coutteau, Carlo Grootaert, Peter Braem e Phil Driessens) che iniziano la loro avventura come homebrewers: la produzione avviene sotto una tenda nel cortile di un agriturismo dove venivano anche allevati degli struzzi (struise). Ancora senza impianti propri, commercializzano la loro prima birra nel 2001 utilizzando gli impianti della Caulier. Nel 2005 si spostano alla Deca di Woesten Vleteren, approfittando del vuoto produttivo lasciato dalla partenze di De Ranke; la produzione di birre leggere e di facile bevuta viene progressivamente oscurata da quelle di birre molto "importanti" ed alcoliche, spesso invecchiate in botte. Arriva così la notorietà, con il discusso award di Ratebeer del 2008: miglior birrificio al mondo... pur non avendo (ancora) un proprio birrificio! Lacuna colmata ad inizio 2010, quando gli Struise ristrutturano i locali di una scuola ad Oostvleteren, a pochi chilometri dall'abbazia di St. Sixtus/Westvleteren, installandoci finalmente i proprio impianti produttivi con beershop annesso. Birrificio molto amato da americani e beer geeks, si posiziona nel 2013 alla 23esima posizione dei migliori birrifici di Ratebeer, infilando due birre (Pannepot e Black Albert) tra le migliori 50 al mondo. Un risultato di poco conto, se paragonato all'exploit del 2007 dove ne avevano piazzate ben nove tra le prime 100. Ma lasciamo da parte queste divertenti classifiche per ritornare alla Pannepot, della quale abbiamo oggi l'edizione Grand Reserva 2008. La Pannepot base viene invecchiata per 14 mesi in botti di quercia francese e poi è affinata per altri 8 mesi in botti che hanno contenuto Calvados. Un iter che dura quindi quasi due anni; la produzione 2008 è stata di 30 ettolitri. In etichetta è raffigurata la P50 Pannepot, imbarcazione utilizzata dai pescatori del villaggio di De Panne; gli Struise raccontano che la barca raffigurata era appartenuta al nonno di Carlo Grootaert; i pescatori, per riscaldarsi dal freddo e dalle intemperie, erano soliti concedersi una birra scura speziata e molto alcolica (a volte arricchita con zucchero e tuorli d'uva). Non ci sono ovviamente uova in questa versione contemporanea di quella fisherman's ale, che si presenta di color ebano scuro, quasi nero; molto fine e cremosa la schiuma beige che si forma, per restare abbastanza a lungo nel bicchiere. E' una birra molto complessa, che richiede abbastanza impegno (e tempo) per essere identificata in alcune delle sue sfaccettature. Al naso troviamo pane nero, vaniglia, sentori di legno umido, alcool, prugne, uvetta, una leggera speziatura. L'ABV è 10% ma ha un corpo medio, una carbonazione contenuta ed una consistenza oleosa. Complesso anche il gusto, con note di liquirizia, cioccolato, frutta sotto spirito (prugna ed uvetta, mela, banana matura); l'alcool è presente in maniera molto discreta, con note di Calvados che accompagnano ad un finale sorprendente, preceduto da una bella chiusura tannica. Il retrogusto parte con il caffè, e man mano che la birra raggiunge la temperatura ambiente emergono note di Calvados che virano poi verso il vino liquoroso. Birra molto pulita e molto ben bilanciata in tutte le sue diverse componenti, con l'alcool sorprendentemente celato; bevuta molto appagante per una birra molto complessa che quasi ad ogni sorso sembra regalare una piccola sorpresa. Formato: 33 cl., alc. 10%, scad. 16/08/2016, prezzo 6.30 Euro (beershop, Italia).
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