venerdì 8 maggio 2015

Cigar City Tocobaga Red Ale


Le mie ultime bevute – non del tutto soddisfacenti -  di Cigar City risalgono al 2011:  qualche birra del rinomato birrificio con sede a Tampa (Florida) è tornata a farsi vedere in Italia proprio in questo periodo, buona occasione quindi per assaggiarle. 
Il birrificio viene fondato nel 2009 da Joey Redner. Joey è figlio del famoso Joe Redner: oggi 75 anni, dopo una gioventù di eccessi tra alcool e droghe fonda negli anni ’80 un piccolo locale di spogliarelli (il Mons Venus) a Tampa; da quel momento una vertiginosa ascesa lo porterà  ad essere definito il Larry Flynt del sud.  Il suo nome viene indissolubilmente legato al mondo degli Strip Club per i quali Tampa diventa famosa: apre altri locali al ritmo della Nude Pole Dance, viene arrestato una quarantina di volte per oscenità ma, soprattutto, arriva a fatturare una ventina di milioni di dollari l’anno e a possedere svariate proprietà immobiliari. Nel 2009 gli viene anche dedicato il  film-documentario “Strip Club King”. Joe non è il padre naturale di Joey, ma lo ha comunque riconosciuto sin dal momento della nascita. 
Joey (il figlio) scopre che c’è qualcosa di meglio da bere oltre che le  lager industriali nel 1994, quando si reca a Portland, nell’Oregon, per partecipare ad un matrimonio. Diventa rapidamente un  Beer Geek: le sue vacanze hanno sempre una destinazione “birraria”, inizia con l’homebrewing e nel 2002 acquista il pub inglese Yeoman's sulla Davis Island per trasformarlo in un American Craft Beer Bar con una trentina di spine. Nel 2004 diventa autore di una rubrica sulla birra per il  St. Petersburg Times, e nel 2005 vende il bar per andare a lavorare come commerciale alla Dunedin Brewery, il birrificio artigianale più antico di tutta la Florida. E’ un passo necessario per acquisire l’esperienza per redigere poi il business plan e pensare ad aprire il proprio birrificio. Non fidandosi completamente delle proprie capacità di birraio, Joey chiama a bordo l’esperto Wayne Wambles che arriva dalla Carolina del Nord (Foothills Brewing, Buckhead Brewery);  nel 2008 è tutto pronto per l’inaugurazione della Cigar City Brewing, ma le autorità di Tampa bloccano tutto. Gli ispettori contestano alcune irregolarità nella costruzione e il vicinato si oppone alla concessione della licenza, temendo che l’apertura di un birrificio possa trasformare la zona in un covo di criminali e di ubriaconi. Il tutto si risolve dopo qualche mese, quando al birrificio viene concesso di somministrare e vendere direttamente al pubblico: un dettaglio non da poco, visto che Cigar City dichiara che il solo fatturato derivante dagli acquisti diretti al birrificio è oggi di quasi un milione di dollari l’anno.
Se vi chiedete il perché del nome scelto, è presto detto: “la città del sigaro” è proprio Tampa, o meglio il suo sobborgo chiamato Ybor. Fondamentale fu la vicinanza con l’isola di Cuba, dalla quale si poteva importare rapidamente e a basso costo il tabacco Havana. Vicente Martinez Ybor qui vi spostò nel 1885 la sua fabbrica di sigari, costruendo anche centinaia di abitazioni destinate ad accogliere i propri dipendenti.  La popolazione di Tampa, che allora contava meno di 5000 anime, nel giro di quindici anni raddoppiò grazie all’arrivo di numerosi lavoratori immigrati (Cuba, Spagna,  Italia ed Europa dell’est). L’industria del sigaro divenne la principale risorsa di Tampa arrivando nel 1929 al picco di produzione di 500 milioni di sigari.  Le cose oggi sono profondamente cambiate: la concorrenza delle sigarette, l’embargo di Cuba, le tasse sempre più alte ed il calo dei consumi hanno determinato la chiusura, uno dopo l’altro, dei 150 produttori un tempo attivi. Anche l’ultimo rimasto, la J. C. Newman Cigar Company è oggi a rischio
Ma anche il futuro a Tampa della  Cigar City Brewing è incerto: c’è una proposta di legge dello stato della Florida che vuole dare una mano ai grossi distributori di alcolici, impedendo ai birrifici di vendere direttamente la birra al pubblico presso le propria tasting room. Se fosse approvata, Joey Redner ha già annunciato la sua intenzione di voler fare le valigie e realizzare i propri piani di espansione altrove. Infine qualche mese fa si è anche vociferato di un tentativo da parte di Anheuser Busch di acquistare Cigar City: pare che tutto si sia risolto con un "non siamo interessati a vendere, grazie". 
E dopo sesso e tabacco, chiudiamo il circolo del vizio con l’alcool, la birra. 
Tocobaga è una Red Ale o Amber Ale dedicata all’omonima popolazione nativa che, assieme ai Pohoy, abitava la zona di Tampa prima dell’arrivo degli esploratori spagnoli, che poi li decimarono nel corso di una spedizione punitiva del 1612; le malattie infettive che i coloni europei si portarono appresso fecero poi il resto. I pochi indigeni rimasti trovarono probabilmente rifugio sull’isola di Cuba, ma dal diciottesimo secolo non si hanno più notizie storiche su di loro. 
Lattina quasi al limite accettabile della freschezza (gennaio 2015) e birra molto bella nel bicchiere, con il suo ambrato carico velato impreziosito da intensi riflessi rossastri. La schiuma color avorio è compatta e cremosa, con un ottima persistenza. A quattro mesi dall’inscatolamento l’aroma non è chiaramente al top ma c’è ancora una discreta freschezza/fragranza di aghi di pino, resina, quel "dank" intraducibile in italiano ma che assomiglia abbastanza all'odore della marijuana, un accenno di frutta tropicale, biscotto e caramello. Bene la pulizia, discreta l'intensità. La bevuta inizia bene, con un corpo medio, il giusto livello di bollicine e una morbidezza "tattile" che non ne pregiudica la scorrevolezza. Il dolce di caramello, biscotto e frutta tropicale viene bilanciato dall'amaro pulito che assume i toni della resina e del vegetale: pochi elementi, ma quando c'è pulizia ed equilibrio bastano ed avanzano. Il viaggio oceanico ha forse tolto all'amaro un po' di vigore, il finale era sicuramente più incisivo all'origine ma la bevuta è comunque soddisfacente, come il suo retrogusto, nel quale l'amaro resinoso è accompagnato da un morbido warming etilico. Una solida Red Ale, generosamente luppolata, nella quale intensità ed accessibilità (= facilità di bevuta) vanno d'amore e d'accordo.
Formato: 35.5 cl., alc. 7.2%, IBU 75, lotto 02/01/2015, pagata 5.50 Euro (beerhsop, Italia).

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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