Hemel & Aarde, Cielo e Terra. Una Imperial Stout prodotta con malti affumicati che tiene fede alla sempre più rigida classificazione del birrificio De Molen che chiama quasi tutte le sue birre con due parole. E’ di poco tempo fa la notizia che l’ottima (american) bitter Amerikaans è stato rinominata Licht & Lustig proprio perché non rispettava “la regola dell’X & Y”.
Vengo da due delusioni firmate De Molen, Rasputin (cambierà nome anche lei?) e Heen & Weer, e quindi apro con un po’ di timore questa Hemel & Aarde, imbottigliata a maggio 2013. E non voglio neanche più chiamare in causa il cambio di impianto produttivo che il birrificio ha effettuato nel 2011: c'è stato tutto il tempo necessario per tornare ai livelli qualitativi di un tempo.
I malti di questa Hemel & Aarde sono molto torbati, anzi “i più torbati che siamo riusciti a reperire”, annuncia quasi con orgoglio il birrificio olandese: la provenienza è la distillieria scozzese Bruichladdich, produttrice del whisky più torbato del mondo. La ricetta si completa di Munich, Brown, Roasted, Chocolate e Caramel per quel che riguarda i malti, mentre i luppoli utilizzati sono Premiant e Sladek. Vestita di un colore che è praticamente il nero, forma un dito circa di schiuma beige chiaro, abbastanza fine e cremosa, la cui persistenza nel bicchiere è però piuttosto breve.
L'aroma tiene fede all'affermazione "abbiamo usato il malto più torbato che abbiamo trovato": l'affumicatura è straripante, carnosa e "grassa", coprendo qualsiasi altro profumo e facendo desistere il naso da ogni tentativo di cercarlo.
La finezza non è di certo il suo pregio, qui c'è solo la potenza, un po' fuori controllo. Dopo l'aroma "masticabile", l'approdo al palato è un po' ruvido: corpo medio, carbonazione medio-bassa, alcool subito a darti il benvenuto. Il torbato qui è decisamente in secondo piano, tenta solamente di spezzare la noia di un gusto che procede implacabile, quasi maniacale, con caffè e tostature, senza nessun accenno di dolce, senza tregua. Le tostature non sono molto eleganti, l'acidità finale dei malti tostati è solo un brevissimo sospiro che viene subito sopraffatto dal retrogusto di alcool caffè, tostature e torbato.
Imperial Stout molto sbilanciata sull'amaro, che richiede pazienza, impegno e molte pause: dopo i primi due sorsi, la noia prende il sopravvento, e sebbene non ci siano evidenti difetti, la bevuta risulta molto poco gratificante. Dall'ecesso del torbato a quello del caffè/tostato, è una birra che ho già dimenticato.
Formato: 33 cl., alc. 10%, IBU 108, imbottigliata 14/05/2013, scad. 14/05/2038, pagata 5.50 Euro (beershop, Italia).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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