Mikkeller è il più prolifico e noto tra i cosiddetti “birrai zingari” o beerfirm, anche se qualche impianto produttivo è riuscito a farlo partire: oltre al brewpub Warpigs di Copenhagen è stato inaugurato proprio in questi giorni il birrificio a Miramar (San Diego, California), che rileva di fatto l’impianto ed i locali abbandonati dalla AleSmith, trasferitasi poco più in là. Mikkeller nasce nel 2005 dall’unione dei cognomi dei due soci fondatori ed homebrewers: il professore di liceo Mikkel Borg Bjergsø ed il giornalista Kristian Klarup Keller, con quest’ultimo fuoriuscito di scena abbastanza rapidamente, nel 2007: il motivo della separazione sembra risiedere nella diversa visione del modello di business da perseguire. Keller si accontentava di produrre 4/5 birre diverse con regolarità, Mikkel Bjergsø era già ambizioso e pronto ad invadere il mercato della craft beer con decine di birre nuove ogni anno, a collaborare con birrai in giro per il mondo e ad aprire bar e locali in quasi tutti i continenti.
I numeri parlano da soli: il database di Ratebeer elenca 784 birre prodotte da Mikkeller dal 2006 al 2015. Una media di 87 birre diverse ogni anno, ovvero una nuova ogni 4 giorni lavorando 365 giorni o ogni 3 ipotizzando 250 giorni lavorativi in un anno; vero che una buona parte di queste sono delle leggere variazioni di altre birre, ma i numeri sono comunque inquietanti. Non so se Mikkel riesca a ricordare il nome di ognuna delle birre ma sicuramente è in grado di dire quale preferisce tra le 784: la sua scelta cade sulla Nelson Sauvignon, in quanto “ogni volta che la bevo scopro dei nuovi sapori che le aggiungono ancora più complessità. Anche se non è la nostra birra più famosa è una di quelle più singolari che abbiamo mai realizzato. E’ complessa ed ha un carattere molto vinoso. L’abbiamo realizzata per la prima volta nel 2009, poi nel 2011 e da allora cerchiamo di produrla almeno una volta l’anno". Una scelta peraltro condivisa anche dal suo fratello “gemello cattivo” Jeppe Jarnit-Bjergsø che la mette in cima alle sue preferenze.
Mikkel non nasconde di amare il vino, ha anche commercializzato un Auslese ed un Riesling assieme all’azienda tedesca Weingut Meierer (Mosella) e fantastica già di un lontano futuro in cui si sarà stancato di fare birra ed acquisterà un castello per dedicarsi a tempo pieno alla produzione di vino.
La birra.
Mikkeller la chiama “Belgium Wild Ale“ ma la sua Nelson Sauvignon è piuttosto una belgian strong ale (o una Biére Brut, se preferite) prodotta presso gli impianti del fido De Proef e che viene fatta fermentare con lievito da champagne, brettanomiceti ed enzimi; la birra viene poi invecchiata per circa cinque mesi in botti ex-Chardonnay provenienti dall’azienda austriaca Weingut Kollwentz. Inizialmente chiamata Nelson Sauvin Brut, ha poi adottato il nome attuale: il luppolo usato sia per l’aroma che per l’amaro è ovviamente il neozelandese Nelson Sauvin, che già di suo conferisce delle caratteristiche che richiamano profumi e sapori del vitigno Sauvignon Blanc.
All’aspetto è di colore ambrato scarico con riflessi dorati e ramati: l’effervescente schiuma che si forma è alquanto piccola e svanisce piuttosto rapidamente. L’aroma si colloca subito in territorio vinoso con un bel carattere floreale e fruttato (uva e mela, ma anche ananas) al quale ben s’accompagnano le note lattiche e legnose e quelle dello zucchero candito e della polpa d’arancia. I profumi non sono particolarmente intensi o profondi/complessi, ma denotano comunque un ottimo livello di pulizia. La parola “Brut” è serigrafata sulla bottiglia ed in effetti la birra mostra una buona vivacità al palato, sebbene le bollicine non siano al livello di uno spumante: il corpo è medio. L’ingresso è piuttosto dolce e forse un po’ ingombrante, ricco di miele e canditi, marmellata d’arancia ed un tocco di biscotto: ci pensano l’acidità dei brettanomiceti e un buon livello d’attenuazione a portare un po’ di equilibrio, aiutati da una chiusura amaricante dove oltre alle note lattiche emergono anche un po’ di tannini. L’alcool è davvero molto ben nascosto ed esce allo scoperto solamente nel retrogusto a portare un po’ di calore assieme alle note vinose e legnose. C’è indubbiamente pulizia ma non c’è molta complessità o profondità, ed anche i ben voraci brettanomiceti sembrano aver fatto un po’ fatica a digerire tutto lo zucchero: finisce secca, ma la bevuta per buona parte è afflitta da una zavorra dolce che non riesce mai completamente a scrollarsi di dosso. E’sicuramente gustosa ma a fine bicchiere rimango con un pizzico d’insoddisfazione.
Il prezzo è in fascia alta (come quasi tutte le birre che utilizzano il termine “Brut”) e forse non vale completamente il biglietto d’ingresso: ci si richiama frequentemente al vino (Chardonnay per le botti e Sauvignon Blanc nella luppolatura) ma è proprio di una maggior freschezza e profondità aromatica tipica di questi due vini che questa bottiglia Nelson Sauvignon di Mikkeller avrebbe bisogno.
Formato: 75 cl., alc. 9%, lotto e scadenza non riportati, 21.99 Euro (beershop, Belgio).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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