Non capita molto spesso di bere AleSmith, ma quando succede è sempre un’occasione da non lasciarsi sfuggire; oltretutto da qualche mese le bottiglie del birrificio californiano sono diventate più facili da reperire anche nel nostro paese/continente: tralasciando le birre luppolate, la cui importazione presenta sempre notevoli rischi, la gamma AleSmith propone alcuni stili dalla robusta gradazione alcolica che meglio si prestano al trasporto.
Il birrificio californiano viene fondato nel 1995 dall’ex-homebrewer Skip Virgilio e Ted Newcomb, e poi acquistato nel 2002 da Peter Zien, altro ex-homebrewer ed appassionatissimo beer-hunter. Dal 1995, anno in cui a San Diego esisteva solamente un altro produttore, Karl Strauss, AleSmith ha lentamente raddoppiato i volumi prodotti arrivando lentamente ai 15000 HL che rappresentavano il limite massimo consentito dagli impianti. Racconta Zien: “per 13 anni, dal 1995 a 2008, non abbiamo messo da parte un solo centesimo e io ho dovuto immettere 900.000 dollari per permettere al birrificio di sopravvivere; potevamo continuare per sempre a produrre 15000 HL fatturando quei 6 milioni di dollari l’anno che avrebbero garantito un sereno futuro per me e mia moglie, ma io voglio dare di più a tutte le 51 persone che lavorano per AleSmith che ci hanno permesso di arrivare dove siamo arrivati, e per fare ciò era indispensabile crescere. Voglio essere in grado di aumentare il loro salario, garantire loro benefit e quote societarie in modo che, quando deciderò di ritirarmi, possano diventare loro i proprietari”.
Il birrificio ha appena completato un piano di espansione da 15 milioni di dollari con la realizzazione del nuovo stabilimento da 10.000 metri quadri in Empire Road (poi rinominata AleSmith Court dalla città di San Diego) a pochi isolati di distanza dallo storico capannone di Cabot Drive, dove è stato installato il nuovo impianto da 80HL con annessa tasting room; un elemento fondamentale per il birrificio che, ammette Zien “contribuisce all’incirca al 20% del nostro fatturato”. Con i nuovi impianti e un potenziale da 250.000 HL/anno arriveranno anche molte più birre nel formato da 35.5 cl., oltre alla già esistente .394 Pale Ale.
Il vecchio stabilimento con impianto da 15hl è stato ceduto alla Stella Polly, una società fondata dallo stesso Zien: Stella e Polly sono i nomi dei figli di Mikkel Borg Bjergsø alias Mikkeller, alla quale Zien ha offerto la partnership per la gestione del vecchio birrificio, dal quale non voleva completamente separarsi e nel quale ha comunque mantenuto il suo ufficio. Nei prossimi mesi Zien cederà a Mikkeller altre quote della società sino ad arrivare al 50/50: con questa operazione la beerfirm danese ha finalmente inaugurato qualche settimana fa il suo primo birrificio Mikkeller San Diego, la cui produzione è supervisionata da Bill Batten, da dieci anni head brewer presso AleSmith.
La birra.
L’interpretazione piuttosto muscolosa di una Wee Heavy di AleSmith ha collezionato diverse medaglie d’oro al Great American Beer Festival, alla World Beer Cup e alla San Diego International Beer Competition; se dal medagliere ci spostiamo al beer rating il popolo di Ratebeer la elegge come seconda miglior Scotch Ale al mondo, superata solo dalla sua versione invecchiata in botti di Bourbon. Lasciando da parte le mostrine, si presenta ugualmente splendida ed elegante nel bicchiere con la sua livrea ebano scuro vivacizzata da intense venature borgogna; forma due dita abbondanti di schiuma cremosa e abbastanza compatta, dalla buona persistenza. Il naso è ricco e avvolgente nella sua dolcezza di prugna disidratata, uvetta, fico, toffee, ciliegia sciroppata, frutta secca; la componente etilica è ben presente e regala un gradevole calore ad anticipare le sensazioni palatali. Un opulente profilo maltato è presente anche al palato, sorretto da un corpo quasi pieno abbinato a poche bollicine e ad una consistenza oleosa abbastanza scorrevole, considerata la gradazione alcolica. Non c'è in verità molta complessità in questa bottiglia, ma quel che c'è basta per rendere comunque la bevuta memorabile: prugna, uvetta e caramello/toffee costituiscono un carattere molto dolce al quale rispondono un accenno di cioccolato e di tostato, ma è soprattutto l'alcool ad asciugare la birra facendo così convivere potenza ed equilibrio. Il formato della bottiglia è generoso ma non ci vuole molto a sorseggiarla dopocena in solitudine, magari abbinandola a del cioccolato fondente: si congeda con un lungo e caldo retrogusto etilico di frutta e caramello, avvolto da un filo appena percepibile di fumo. Pulita, ricca e potente, molto ben eseguita: difficile chiedere di più da una Wee Heavy.
Formato: 75 cl, alc. 10%, IBU 26, lotto non riportato, 22.00 Euro (beershop, Italia).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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