La Polonia continua a sfornare nuovi attori, quasi tutte beefirm, che prendono parte ad una vibrante "craft beer revolution": tra gli ultimi arrivati c'è Browar Golem, fondata dai tre giovani homebrewers Michal Kamiński, Artur Karpiński e Sebastian Lęszczak, che ai loro lavori quotidiani hanno affiancato anche una beerfirm con sede operativa a Poznan. Dei tre quello che ha "maggiore" esperienza con le pentole è Sebastian, avendo iniziato nel 2012 con un kit di St Peter's IPA. Dopo solo tre anni, a luglio 2015, viene fondata la beerfirm che debutta a dicembre 2015; tra le loro ispirazioni, oltre alle birre importate dall'estero ci sono anche le prime beerfirm della rivoluzione polacca, come AleBrowar e Pinta con quest'ultima che può vantarsi d'aver prodotto la prima American IPA in Polonia, chiamata Atak Chmielu. Era il 2012.
Il nome scelto (Golem) rimanda ovviamente alla tradizione ebraica, un gigante di argilla ubbidiente al proprio padrone che lo usa come servo e come difensore del popolo ebraico dai suoi persecutori. La più famosa leggenda sui golem ha come protagonista il rabbino di Praga Jehuda Löw ben Bezalel, nato proprio a Poznan, in Polonia. Alla tradizione ebraica si rifà anche la birra del debutto, la porter Dybuk, termine che indica "uno spirito maligno in grado di possedere gli esseri viventi. Si ritiene che sia lo spirito disincarnato di una persona morta, un'anima alla quale è stato vietato l'ingresso al mondo dei morti". La Porter del debutto è poi stata seguita dall'American Wheat chiamata Mazal Adar Dagim e dall'inevitabile American IPA Etz Chaim.
La birra.
Birrificio che debutta sul blog con la sua prima birra: è la porter Dybuk, presentata ufficialmente lo scorso 12 dicembre 2015 al pub Setka di Poznan e realizzata presso gli impianti del birrificio Kamionka Gontyniec di Poznan. La psichedelica etichetta è opera dell'artista polacco Novy; la ricetta prevede invece una buona percentuale di segale (30%), malti Pale Ale, Chocolate e Caramel, luppolo Magnum, sale, fave di cacao e chips di legno di quercia precedentemente immerse in Sherry Oloroso, lievito US-05.
All'aspetto è completamente nera, con un discreto cappello di schiuma beige, fine e cremosa, molto persistente ma un po' lenta nel formarsi. L'aroma non è particolarmente intenso e caratterizzato da un discreto livello di pulizia che evidenzia i profumi di pane nero, cioccolato al latte, mirtillo, caffè e tostature. la lieve presenza di cenere. Le cose si fanno più interessanti in bocca, dove pulizia ed intensità sono migliori: caffè e tostature dominano la bevuta, con queste ultime che ogni tanto sconfinano un po' nel bruciato. La segale dona una leggera nota speziata, il cioccolato fondente fa ogni tanto capolino così come il sale, la cui percezione è sicuramente influenzata dal sapere che è stato utilizzato nelle ricetta: non l'avessi saputo, probabilmente neppure l'avrei notato. Per quanto mi sforzi non trovo invece traccia delle chips di legno imbevute nello sherry: non c'è praticamente dolce, tranne un tocco di caramello bruciato, e l'amaro delle tostature è parzialmente bilanciato solo dall'acidità dei malti scuri. La bevibilità risente un po' di questo eccesso di tostato amaro, risultando un po' limitata: la sensazione palatale è abbastanza morbida, il corpo è medio e la carbonazione piuttosto bassa. E' una porter dalla buona intensità, ma a mio parere troppo sbilanciata sull'amaro da tostature che non brillano per eleganza: nel complesso è un debutto comunque positivo, sicuramente un po' più di dolce e una maggiore cura nella finezza renderebbero questa birra più equilibrata e maggiormente scorrevole.
Formato: 50 cl., alc. 6.5%, IBU 50, scad. 04/2016, 4.00 Euro (beershop, Italia).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio della bottiglia in questione e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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