André Dion e Serge Racine acquistano nel 1990 il 75% della Brasserie Massawippi di Lennoxville, Canada, che si trovava in difficoltà finanziarie arrivando poi al 100% l'anno successivo e creando contemporaneamente la società Unibroue. L'idea di Dion è di realizzare in Quebec quelle birre delle quali si era innamorato in Belgio: ad aiutarlo chiama come consulente il birraio fiammingo Gino Vantieghem per creare una linea di birre rifermentate in bottiglia. La prima nata è la Blanche de Chambly, una witbier che diventerà col tempo anche la Unibroue più popolare e venduta; il cantante e attore canadese Robert Charlebois se ne innamora e fa un'offerta per rilevare il birrificio, ma ottiene solamente un'importante quota societaria. Il suo investimento permette al birrificio di spostarsi nella nuova sede di Chambly, dove tutt'ora si trova, e di iniziare un progressivo ma regolare piano di espansione.
Nel 1999 al posto di Vantieghem arriva come consulente Paul Arnott, precedente collaboratore dei trappisti di Chimay. Nel 2003 viene assunto anche Jerry Vietz per iniziare la produzione di distillati, ma l'anno successivo la Unibroue viene acquistata dal birrificio canadese Sleeman, che si trova in Ontario. I birrofili francofoni del Quebec non sono entusiasti di sapere che il loro amato birrificio è ora di proprietà degli "odiati inglesi" dell'Ontario, ma la loro preoccupazione dura solo 24 mesi perché nell'ottobre del 2006 i giapponesi di Sapporo acquistano Sleeman per 400 milioni di dollari e quindi anche Unibroue. Nel frattempo il programma di distillati era stato soppresso e Jerry Vietz era stato nominato "head brewer", ruolo che ricopre ancora oggi. Sapporo è il più antico birrificio commerciale giapponese ancora attivo ed operante dal 1876, con oltre seicentomila ettolitri prodotti ogni anno; attualmente Unibroue ne produce invece 180.000.
La birra.
E' datato febbraio 1994 il debutto de La Fin du Monde: da allora la tripel di Unibroue ha portato a casa una cinquantina di medaglie in svariati concorsi. Al di là del valore che questi premi hanno, si tratta della birra canadese più medaglietta in assoluto; secondo quanto dichiara il birraio Jerry Vietz viene prodotta utilizzando coriandolo e scorza d'arancia. Il nome fa riferimento al tempo in cui le Americhe erano ancora un territorio inesplorato dagli europei, i quali pensavano che il mondo finisse in mezzo all'oceano Atlantico.
Nel bicchiere è perfettamente dorata, leggermente velata e forma un generoso e compatto cappello di schiuma bianchissima e cremosa, dall'ottima persistenza. L'ottimo aspetto trova immediata corrispondenza nell'aroma, pulitissimo e di buona intensità: c'è una delicata speziatura (coriandolo, forse chiodo di garofano) che avvolge i canditi, la polpa d'arancia, le note di pane e di miele, il curaçao, la frutta secca ed un accenno di banana. I profumi sono vivaci e queste sensazioni si travasano immediatamente al palato, con una carbonazione sostenuta che caratterizza tutta la bevuta, rendendola vitale e scattante; il corpo è medio. Il gusto riparte del dolce del miele e dello zucchero candito, per poi attraversare la frutta sciroppata (pesca, albicocca) e quella candita, il tutto avvolto da una leggerissima speziatura che richiama l'aroma. Non c'è di fatto amaro, ma c'è un'impressionante attenuazione che asciuga il palato lasciandolo quasi fresco: sembra quasi un controsenso, ma è una birra dal tenore alcolico elevato (9%) nascosto in modo surreale, con il risultato di una facilità di bevuta quasi paragonabile ad una "session beer"; c'è solamente un velo di tepore etilico nel retrogusto di frutta sotto spirito e candita. Grandissimo equilibrio, eleganza e pulizia ineccepibili, una tripel sorprendente dove ogni cosa è al posto giusto. Una pericolosa arma a disposizione di chi vuole farvi ubriacare: fatevi qualche bicchiere senza che ve ne sia rivelata la gradazione alcolica e arriverete davvero "alla fine del mondo".
Formato: 34,1 cl., alc. 9%, IBU 19, lotto F23150904Q B, imbott. 06/2015.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio della bottiglia in questione e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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