giovedì 26 gennaio 2017

DALLA CANTINA: Birrificio del Ducato L'ultima Luna 2009

Nuovo appuntamento con “dalla cantina”, dedicato al vintage. Per l’occasione restiamo nel nostro paese stappando una bottiglia de L’Ultima Luna del Birrificio del Ducato: si tratta di un Barley Wine che viene invecchiato in botti che hanno ospitato Amarone della Valpolicella.  Era il 2009 e il birrificio guidato da Giovanni Campari annunciava la nascita della “Linea Il Tempo”, dedicata ovviamente agli affinamenti in botte; si partiva con una ventina di barriques e l’intenzione di aumentarne il numero nella cantina di Roncole Verdi in concomitanza con la messa in funzione del nuovo impianto di Fiorenzuola. 
Come spiega il birraio Campari, “l’ultima luna è la birra che ho ideato per celebrare la nascita del mio primo figlio, matteo. Ricordo che durante i mesi dell’attesa ho pensato a lungo alla birra che gli avrei dedicato, volevo che fosse profonda, complessa, evocativa e che si potesse destinare ad un lungo invecchiamento. Decisi di utilizzare botti usate di Amarone (uno dei miei primi amori in campo enologico), ma riempite solo per 2/3 del loro volume, in modo tale da favorire l’ossidazione della birra con l’aria (un omaggio al mio passato in Andalusia, ai vini ossidati di una terra in cui ho lasciato un pezzo di cuore). La birra (se così la si può ancora chiamare) avrebbe dovuto originariamente invecchiare 9 mesi, ma con l’esperienza ho capito che l’invecchiamento minimo per questa birra è di 36 mesi. In etichetta ci sono delle citazioni di Dalì e Saint-Exupéry, l’immagine del bambino che solleva surrealisticamente il mare è un chiaro riferimento a Matteo”.

La birra.
Dalla cantina una delle bottiglie del primo lotto de L’Ultima Luna, anno 2009; l’etichetta indica  un invecchiamento di almeno nove mesi in botte. Se non erro per le edizioni successive il periodo di maturazione è stato prolungato a 24 mesi variando a seconda del millesimo.
Il suo colore è un torbido tonaca di frate, con riflessi ambrati; l’assenza di schiuma non è una sorpresa, solo qualche bolla grossolana si forma ai lati del bicchiere. L’aroma è dolce e caldo, avvolgente: zucchero caramellato, toffee, frutti di bosco (more, mirtilli), prugne disidratate, fichi; in sottofondo legno e cuoio, accenni di vaniglia.  Le ossidazioni conducono nel territorio di vini liquorosi, porto e madeira, apportando anche nota sanguigna.  Al palato arriva piatta, con una viscosità oleosa a renderla morbida e – tocca ripetermi – avvolgente. Anche qui gli aspetti “meno nobili” dell’ossidazione (sangue, cartone) non pregiudicano una bevuta complessa e appagante: vinosa e liquorosa, calda e suadente, si sviluppa su di un percorso fatto di uvetta, prugna, frutti di bosco, caramello. Di tanto in tanto si scorgono pelle e cuoio, legno, una nota leggermente salina.  Il dolce è magistralmente asciugato dall’alcool in un finale ricco di tannini, con una leggerissima ma percettibile astringenza. Anche lei assolutamente perdonabile, perché a questo punto la birra è già scomparsa: il retrogusto è un lungo e dolce abbraccio di vino liquoroso, che riscalda cuore ed animo. 
La scadenza indicata in etichetta è 2050: ad otto anni dall’imbottigliamento L’Ultima Luna è ancora una gran bella bevuta nella quale le prime rughe iniziano però ad affiorare; nonostante il tempo sia un buon amico di queste birre, se ne avete una in cantina vi inviterei ad aprirla senza rischiare di andare oltre. Non ho osato “lasciare le bottiglia aperta per berla dopo circa tre mesi per innalzare il livello del godimento”, come piace fare al suo creatore Giovanni Campari. Magari ci proverò alla prossima occasione.
Formato: 33 cl., alc. 13%, lotto 175 09, scad. 12/2050

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia  e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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