La storia di Pipeworks, birrificio di Chicago, l’avevo già raccontata qualche mese fa. Beejay Oslon e Gerrit Lewis, entrambi devoti homebrewers e beergeeks, si conoscono mentre lavorano in un negozio di liquori e abbozzano l’idea di fondare un birrificio. Per raccogliere parte dei fondi necessari ad ottobre 2010 Oslon e Lewis lanciano un crowfunding su Kickstarter con l’obiettivo di racimolare i 30.000 dollari necessari per il trasferimento in locali commerciali e la messa in funzione dell’impianto che già possedevano. Pipeworks debutterà a marzo 2012 e nel 2015 si trasferirà poi in un nuovo capannone dove troverà posto il nuovo impianto da 35 ettolitri, frutto di un ambizioso piano di espansione finanziato con un mutuo ventennale da 1 milione di dollari circa.
Ma torniamo alla campagna Kickstarter del 2010 che termina a gennaio 2011 raccogliendo da 492 persone ben 10.000 dollari in più di quanto richiesto; a giugno Pipeworks annuncia di aver finalmente individuato la location giusti dove portare gli impianti: 1675 N Western Ave, Chicago. Tra le varie modalità di finanziamento (dai 5 ai 10.000 dollari) vi era un pacchetto da 2.500 dollari che, tra vari benefit, includeva l’opportunità di creare la ricetta di una birra assieme ai birrai e vedere il proprio nome pubblicato sulla etichetta. Quattro persone l’hanno sottoscritta, tra questi Keith Lonergan: a gennaio 2014 gli impegni vengono mantenuti con la messa in commercio della imperial stout chiamata S'more Money S'more Problems. Una “pastry stout” la cui ricetta prevede l’utilizzo di graham crackers, fave di cacao e vaniglia per tentare di ricreare nel bicchiere uno “s'more” (un marshmallow arrostito su di un falò e poi infilato dentro due graham crackers con un pezzetto di cioccolata). Un dolce ma – dicono i personaggi coinvolti nella realizzazione della birra – anche un ricordo delle serate passate in campeggio con gli Scouts a bere imperial stout davanti al fuoco. Da allora la imperial stout S'more Money S'more Problems è stata occasionalmente prodotta altre volte; difficile dire quando visto che Pipeworks non mette nessuna data sulle proprie bottiglie.
La birra.
Nel bicchiere è nera ma il suo aspetto è un po’ penalizzato dalla pochezza della schiuma che si dissolve molto rapidamente. Nemmeno l’aroma è particolarmente goloso: c’è la vaniglia, ci sono i graham crackers, il “fumo del falò“ sconfina un po’ nella plastica bruciata, in sottofondo appare qualche nota di carne. Il mouthfeel è invece solidissimo: imperial stout potente e viscosa, poche bollicine, morbida anche senza dispensare particolare cremosità. Il gusto è un crescendo dolce di cioccolato e caramello, vaniglia e liquirizia, graham crackers: all’alcool (10%) il compito di riscaldare il bevitore e di attenuare un po’ la dolcezza, funzione alla quale contribuisce in chiusura l’amaro delle tostature e del cioccolato fondente. Liquirizia, frutta sotto spirito e cioccolato danno poi forma ad un lungo retrogusto delicatamente etilico che soddisfa e accompagna per molti minuti.
La S'more Money S'more Problems è una birra-dessert (o pastry stout, se preferite usare una terminologia ora molto in voga) che pecca un po’ di pulizia e di eleganza, e che appare un po’ confusa in alcuni passaggi: nel complesso è comunque godibile, se vi piace il genere. Mettetevi comodi e sorseggiatela con calma al posto del dolce.
Formato 65 cl., alc. 10%, lotto e scadenza non riportati, prezzo indicative 12 $ (food store, USA) NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio della bottiglia in questione e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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