Jackie O’s Pub & Brewery, birrificio dell’Ohio che sul blog è di recente transitato con una buona frequenza: qui il suo profilo. Qualche settimana fa Art Oestrike, fondatore di Jackie, ha dovuto pubblicamente ammettere problemi qualitativi annunciando una “campagna di risanamento” chiamata Making it Right . Su questa pagina trovate tutte le birre potenzialmente coinvolte e le modalità per ottenere delle birre in sostituzione di una bottiglia infetta; tutto quello che dovete fare è prendere appuntamento e recarvi in birrificio con i vuoti infetti e cambiarle con qualcos'altro. Un gesto apprezzabile per chi vive nei paraggi, ma come saranno rimborsati i consumatori che abitano lontano o che si trovano addirittura all’estero? Alcune di quelle bottiglie sono da poche settimane arrivate nel nostro continente e anche nella mia cantina; avevo in previsione di gustarmele piano piano nei prossimi mesi ma il rischio infezione mi costringe ad accelerare i tempi di bevuta per cercare di limitare l'eventuale danno e, eventualmente, chiedere un rimborso al venditore.
Partiamo con la Bourbon Barrel Coffee Oil Of Aphrodite (12.1%), ovviamente versione barricata di una imperial stout (10%) prodotta con noci nere e sciroppo di zucchero candito belga, mix non precisato di malti inglesi, tedeschi, belgi e americani, luppoli provenienti dal nordovest americano. In questo caso la Oil Of Aphrodite viene messa ad invecchiare per un periodo che varia da otto a dodici mesi in botti ex-bourbon, con aggiunta di chicchi di caffè peruviano: il suo debutto è datato dicembre 2013.
Nel bicchiere l’edizione 2017 è prossima al nero e forma una bella testa di schiuma cremosa e abbastanza compatta, dalla buona persistenza. Il naso è “caldo”, con il bourbon che si entra subito in scena portandosi dietro legno e vaniglia; caffè, uvetta e prugna, ma anche carne e cuoio, compongono un bouquet non molto intenso e che non brilla per finezza e pulizia, pur essendo ugualmente gradevole. Al palato è morbida e abbastanza avvolgente anche senza indulgere in particolari viscosità o cremosità: la bevuta è ricca e potente con caffè ed intense tostature sostenute dalla spinta etilica del bourbon. In sottofondo affiorano melassa, uvetta e prugna, legno e vaniglia che donano un po’ di gentilezza ad una birra tosta e dura, per “uomini (o donne) forti” si potrebbe dire. La chiusura è abbastanza secca, il caffè si fa da parte per lasciare campo libero al bourbon e a note quasi ancestrali di pellame, legno e terra. Scongiurato il pericolo infezione, questa di Jackie O’s è una imperial stout intensa che si sorseggia piuttosto lentamente ma con buona soddisfazione: nera più di carattere che di colore, picchia duro con bourbon e torrefatto a guidare le danze. Non è un mostro di profondità e complessità e il prezzo al quale è reperibile in Europa (12 dollari nel paese d’origine) rende purtroppo l’esperienza un po’ meno gratificante di quanto potrebbe essere. Livello comunque abbastanza elevato anche se il prezzo del biglietto non vale tutto il viaggio.
Black Mask è invece un’imperial stout invecchiata in botti di bourbon con chicchi di caffè, fave di cacao e baccelli di vaniglia, ingredienti “aggiunti” che Jackie O’s ha individuato come responsabili dei problemi qualitativi. E’ una delle novità barricate del birrificio dell’Ohio ed ha debuttato a settembre 2017; fortunatamente la bottiglia giunta a me si è salvata e non presenta nessuna problema. La birra è ispirata a Barley, il cane carlino del mastro birraio che appare anche in etichetta travestito da samurai: meglio passare oltre.
Black Mask (12%) tiene fede al suo nome e si veste completamente di nero: la schiuma è perfettamente cremosa e compatta ed ha un’ottima persistenza L’aroma mantiene le premesse visive e delinea una birra elegante che profuma di chicchi di caffè, cacao amaro e tostature, tabacco e carne, vaniglia e legno in sottofondo: gli elementi giusti ci sono tutti, peccato solo che l’intensità sia un po’ dimessa e che ci voglia molta attenzione per coglierli. Il mouthfeel è appagante, con una consistenza tattile delicata e quasi setosa: le manca forse un po’ di “ciccia” (viscosità) e per il mio gusto c’è qualche bollicina di troppo. Dettagli che comunque non pregiudicano la qualità elevata di una imperial stout ricca di caffè e cacao amaro, liquirizia e orzo tostato; vaniglia e melassa costituiscono il delicato sottofondo a sostegno dell’amaro, mentre come nella Oil Of Aphrodite il bourbon prende pian piano possesso della scena rimpiazzando l’amaro del caffè e delle tostature per regalare un lunghissimo finale caldo ed etilico.
Più pulita al naso che in bocca, la Black Mask di Jackie O’s raggiunge indiscutibilmente alti livelli pur senza entrare nell’olimpo: potente e ricca, si sorseggia con calma e grande soddisfazione. Il passaggio in botte le dona una bella caratterizzazione e gli “ingredienti gourmet” sono usati con intelligenza e raziocinio, ovvero apportano livelli di complessità alla birra senza volerla prevaricare come invece accade in certe deplorevoli birre dessert. In questo caso il prezzo (elevato) non fa troppo male.
Nel dettaglio:
Bourbon Barrel Coffee Oil Of Aphrodite, formato 37.5 cl., alc. 12,1%, lotto 2017, prezzo indicativo 19.00-21.00 euro (beershop)
Black Mask (Bourbon Barrel), formato 37.5 cl., alc. 12,0%, lotto 2017, prezzo indicativo 16.00-18.00 euro (beershop)NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio della bottiglia in questione e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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