“Dall’alba dei tempi l’uomo ha sempre desiderato distruggere il sole. Io metterò in pratica la migliore alternativa: oscurarlo”. Con questa frase Montgomery Burns annuncia i suoi piani nell’episodio dei Simpsons “Chi ha sparato al signor Burns?”, finale della sesta stagione andata in onda per la prima volta il 21 maggio 1995 negli Stati Uniti e trasmessa in Italia su Canale 5 il 23 marzo 1996.
Impossessatosi di un giacimento di petrolio rinvenuto sotto la scuola elementare di Springfield, il ricco magnate e proprietario della centrale nucleare non s’accontenta dei guadagni e decide di massimizzarli oscurando il sole: l’elettricità da lui prodotta sarà l’unica fonte di energia e di luce disponibile per la città. Per farlo costruisce un enorme scudo oscurante che l’assemblea dei cittadini non riesce a bloccare: Burns viene però improvvisamente colpito da un colpo di pistola ed entra in coma. Tutti i cittadini sono potenzialmente sospettati dell’attentato, visto che ognuno di loro aveva un motivo valido per sparargli, e la polizia brancola nel buio. Nel frattempo i cittadini riescono ad abbattere lo scudo oscurante. Risvegliatosi dal coma Burns inizia improvvisamente a delirare ripetendo il nome di Homer Simpson, la polizia si reca a casa di Omer, trova la pistola che ha sparato a Burns e lo arresta. Nel corso del viaggio verso il commissariato il furgone della polizia s’incastra sotto la tettoia del Krusty Burger, si ribalta ed Omer riesce a fuggire, dirigendosi in ospedale nella stanza di Burns, minacciandolo.
Burns riacquista lucidità e scagiona Omer, spiegando che a sparargli è invece stata la giovane Maggie Simpson: il miliardario aveva cercato di rubarle il leccalecca dalle mani ma la pistola che Burns aveva con sé era caduta nelle mani della piccola Maggie e un colpo era partito accidentalmente. La polizia decide quindi di archiviare il caso.
La birra.
Per oscurare il sole il birrificio Three Floyds dell’Indiana (qui il loro profilo) propongono invece una potente imperial stout chiamata appunto “Blot out the sun”. Si tratta di una produzione occasionale, che appare ogni tanto durante mesi più freddi del midwest americano; ne esiste ovviamente anche una versione barricata in botti di bourbon. L’etichetta è disegnata dall’artista Conor Nolan e realizzata dallo Zimmer-Design.
Il suo colore non è esattamente nero come le tenebre che vorrebbe evocare ma poco ci manca; la schiuma è piuttosto generosa e abbastanza compatta, con un’ottima persistenza. Nonostante siano passati quasi due anni dalla messa in bottiglia, l’aroma è ancora sorprendentemente luppolato: resina e pompelmo dominano il palcoscenico rilegando in secondo piano le tostature e il cioccolato. L’intensità è ancora buona, la pulizia non manca. Il mouthfeel è forse un pochino debole per la gradazione alcolica (10.4%) ma la bevibilità ne trae beneficio: più che viscoso olio motore è una morbida carezza quella che attraversa il palato. Il gusto non delude le aspettative create dell’aroma: nel bicchiere c’è una “very hoppy” imperial stout nella quale resina e pompelmo guidano le danze e sono sostenuto da un sottofondo “nero” di tostature, caffè e cioccolato. La bevuta parte un po’ in sordina ma progredisce rapidamente in un potente crescendo che culmina in un finale piuttosto amaro nel quale il resinoso prevale sul torrefatto e l’alcool riscalda con vigore anima e corpo. In secondo piano caramello e frutta sotto spirito, ma sono dettagli di poco conto.
Imperial stout robusta e potente, molto pulita, non difficile da sorseggiare: Blot Out the Sun non regala molte emozioni ma la soddisfazione non manca, sebbene il prezzo del biglietto mi sembri onestamente un po’ troppo salato.
Formato 65 cl., alc. 10.4%, IBU 97, imbott. 15/01/2016, prezzo indicativo 20.00 dollari.
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