giovedì 1 febbraio 2018

HOMEBREWED! The yeast circle: Maybe a not so dumb blonde & Oscar Milde

Dopo un semestre di silenzio ritorna sul blog l’angolo dedicato alle vostre produzioni casalinghe di HOMEBREWED!  Lo riesumo grazie a Carmine Ianni, homebrewer di Pescara ma trasferitosi a Torino per lavoro (sviluppatore software) da sei anni. Nel suo passaggio da “la birra mi fa schifo” a “voglio farmela in casa” forse molti di voi si ritroveranno; la colpa è soprattutto delle anonime lager industriali del supermercato. Ma sugli stessi scaffali della grande distribuzione Carmine ha trovato anche qualche birra più interessante (HB, Paulaner) che lo hanno stimolato a scoprire un nuovo mondo: belga e anglosassone le sue tradizioni brassicole preferite, con un amore in particolare per il luppolo. 
Nel 2014 Carmine è già stato contagiato dalla “malattia” per la birra di qualità e inizia con l’homebrewing quasi per caso: il colpevole è il manuale di Davide Bertinotti  “La birra fatta in casa”.  Saggia la sua decisione di partire subito con l’All Grain senza percorrere le anticamere dei kit e degli estratti; le sue prime produzioni ricevono i complimenti degli amici ma, causa trasloco, l’attività s'interrompe per quasi un anno e riparte solo a settembre 2016 sul nuovo Grainfather con cotte da 12 litri. Il ritorno è comunque col “botto” la sua grodzinskie si piazza al terzo posto di una tappa del campionato nazionale di organizzato da MoBI e la sua extra stout arriva alla fase finale del concorso piazzandosi al nono posto su 95 birre. 
Nel 2017 Carmine è riuscito a realizzare 18 cotte, con una predilezione per IPA e DIPA ed ha deciso di inviarmene qualcuna: purtroppo la sua Double IPA è andata in frantumi durante il trasporto, quindi mi devo “accontentare” di una Golden e di una Mild Ale. Il nome scelto per il proprio birrificio casalingo è The Yeast Circle - A Wild Brewery, anche se con le fermentazioni selvagge ammette di avere attualmente in corso solo qualche timido esperimento; belle e professionali le etichette, che Carmine impagina e manda poi manda addirittura a stampare in tipografia! 

Partiamo dalla Blonde/Golden Ale chiamata Maybe a not so dumb blonde (4.8%):  l’idea di base è secondo me una delle sfide più difficili che anche i birrai professionisti si trovano ad affrontare, ovvero realizzare una birra semplice e facile da bere che non risulti tuttavia banale o blanda. La lista degli ingredienti elenca malti: pilsner, monaco e aromatic, fiocchi d’avena, luppoli Centennial, Waimea e  Huell Melon, lievito US-05. 
Il suo colore è un bel dorato carico velato sul quale si forma una cremosa e compatta schiuma bianca, dall’ottima persistenza. L’intensità aromatica è davvero molto bassa, a fatica s’avvertono profumi floreali, di pesca e arancia, biscotto, forse miele. Il gusto purtroppo si muove nella stessa direzione con un’intensità troppo bassa anche per quella che dovrebbe essere una (quasi) session beer semplice da bere ad oltranza. Affinchè esca qualche sapore in più bisogna attendere che la birra s’avvicini alla temperatura ambiente, ma così facendo ne viene ridotto il suo potere rinfrescante e dissetante: pane e biscotto, un lieve fruttato che richiama l’arancia, una punta finale amara tra l’erbaceo e il terroso. La sensazione palatale è morbida e gradevole, ma la sfida di creare una birra semplice ma con personalità non è purtroppo stata vinta.  Non ci sono difetti/off flavors ma l’intensità è davvero troppo modesta e la sensazione di bere (quasi) un bicchiere d’acqua è troppo presente. Molto lavoro da fare, quindi.
Questa quella che sarebbe la mia valutazione su scala BJCP: 26/50 (Aroma 5/12, Aspetto 3/3, Gusto 9/20, Mouthfeel 4/5, Impressione generale 5/10).

Di tutt’altro livello è invece la Dark Mild chiamata Oscar Milde (3.4%): uno stile non molto frequentato, anche dal sottoscritto, del quale a memoria ricordo di aver bevuto soltanto un paio di esempi: qui e qui. Anche qui Carmine cerca di realizzare una birra semplice e facile da bere ma con personalità e intensità: il titolo scelto è secondo me molto azzeccato, e in etichetta potreste ammirare Wilde che “si cimenta in elucubrazioni filosofiche mentre dall’altra parte l’avatar lo invita a smetterla di complicarsi la vita e di farsi una sana pinta di birra".  La ricetta elenca malti Maris Otter, Ciscuit, Crystal e Chocolate, red crystal (segale), luppolo east kent goldings e lievito: english ale WLP002.
Nel bicchiere si presenta di color ebano scuro e anche in questo caso la cremosa schiuma è impeccabilmente compatta e persistente. Pane nero, biscotto, caramello ed esteri fruttati (prugna, uvetta) compongono un aroma abbastanza intenso ma soprattutto pulito e fragrante. La sensazione palatale è ottima, poche bollicine, corpo medio-leggero ma sopratutto nessuna deriva acquosa in una birra dalla gradazione alcolica così bassa. Il gusto prosegue nella stessa direzione riproponendo caramello e pane nero, qualche nota biscottata, un dolce leggermente sciropposo che richiama di nuovo prugna e uvetta, una chiusura abbastanza secca e un finale leggermente di modesta durata ed intensità, nel quale note terrose incontrano un po' di frutta secca a guscio. La bevuta è molto pulita e molto bilanciata, facilissima e piuttosto gradevole: una Dark Mild ben fatta e un obiettivo (birra semplice ma non banale) raggiunto. Qualcosina in più per quel che riguarda l'intensità si potrebbe auspicare, ma personalmente aggiusterei sopratutto il mix dei malti per donarle un carattere ancora più inglese: al momento vedo l'elemento "pane nero" molto dominante, il che in una bevuta alla cieca mi farebbe pensare ad una schwarzbier tedesca. 
Ecco la pagellina su scala BJCP: 36/50 (Aroma 9/12, Aspetto 3/3, Gusto 14/20, Mouthfeel 4/5, Impressione generale 7/10).
Ringrazio nuovamente Carmine per avermi fatto assaggiare le sue birre e spero che le mie considerazioni possano essere in qualche modo utili per migliorarle. 

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