Prima homebrewer, poi collaboratore occasionale di un birrificio, birraio ed infine imprenditore: questo il percorso fatto in una decina d’anno da Marco Valeriani, nome che tra gli appassionati non ha certo bisogno di presentazioni. Per i profani cerco di riassumere in breve: nel 2008 Valeriani partecipava al “Concorso per Homebrewers XMAS” organizzato da Unionbirrai presso il Birrificio Italiano, la sua Double IPA si posizionava agli ultimi posti della classifica della giuria ma ai primi di quella popolare. L’anno successivo l’homebrewer iniziava una collaborazione saltuaria con il Birrificio Menaresta: nascevano La West Coast
Double IPA La Verguenza (a burlarsi proprio della “vergogna” dell’ultimo posto di quel concorso), le sue varianti
Summer e XMAS, la
Black IPA Due di Picche e la
Hoppy Koelsch GIB, chiamata con il suo stesso soprannome.
Valeriani non impiegò molto tempo a scalare le classifiche di gradimento nazionali quando si parla di luppolo: arrivarono le prime medaglie nei concorsi di Unionbirrai ed ADB e a partire dal 2012 il birraio entrò in pianta stabile nell’organico di Menaresta per restarvi sino alla fine del 2014 quando si trasferì a pilotare l’ammiraglia
del nuovissimo birrificio Hammer, un progetto ambizioso con un impianto importante (20 hl) che debuttava a maggio 2015. Per Valeriani era la definitiva consacrazione che lo porterà, caso unico sino ad ora, a vincere per due volte il titolo di Birraio dell’Anno (2016 e 2018): ma in quel 20 gennaio 2019 in cui alzava al cielo il secondo trofeo iniziavano a circolare le voci,
confermate a stretto giro di posta, del suo congedo da Hammer per mettersi finalmente in proprio e aprire un brewpub in Brianza. E’ la sfida più difficile, quella in cui non basta essere un ottimo birraio ma bisogna anche essere un buon imprenditore, e soprattutto
“la realizzazione di un sogno che ho da quando ho iniziato a fare birra anni fa. Ci ho pensato sempre in questi anni, ma fino a oggi non mi ero mai sentito pronto, sentivo di non possedere la necessaria esperienza. Ho preferito farmi le ossa, imparare, viaggiare molto, conoscere tanti birrai e visitare tanti birrifici nel mondo e scambiare idee ed opinioni”.
Tutto era pronto da luglio ma la burocrazia ha fatto slittare l’inaugurazione della
Alder Beer Co. al 12 ottobre: siamo a Seregno, una ventina di chilometri a nord di Milano. Valeriani dispone dello stesso impianto EasyBrau Impiantinox che utilizzava da Hammer, ma dalla capacità dimezzata (10 ettolitri) e con le dovute personalizzazioni, affiancato da sei maturatori da 2500 litri e due più piccoli da 1000.
Valeriani è socio assieme al padre ed al fratello: “
Alder è una parola inglese che significa ontano, un albero che qui in Brianza è molto diffuso… ma se devo dirla tutta la scelta è stata quasi casuale. Volevamo chiamarlo Valeriani ma, anche dopo diverse prove grafiche, non ci ha convinto fino in fondo. Dopo due mesi di ricerca è spuntata questa parola, ed è stato un caso che avesse anche un significato legato al territorio. Ma mi piace la pronuncia, è una parola inglese, ma sembra un po’ tedesca, e rispecchia le due filosofie produttive del birrificio: Lager e IPA, mondo tedesco e mondo anglofono. Poi il nome è semplice, facile da pronunciare e da scrivere, ed è corto”.
La taproom con nove spine e una quarantina di posti a sedere tra banconi e sgabelli è il cuore di un brewpub ancora senza cucina: la sala produzione è a vista e per sfamarsi si può ricorrere al delivery o ai take away nei dintorni. Alder punta a vendere il più possibile tramite la taproom e distribuire personalmente i fusti, mentre le lattine sono disponibili solo per l’acquisto in loco: “vorremmo dare unicità al posto, se qualcuno vuole la lattina se la viene a prendere in birrificio. L’idea, quantomeno iniziale, è di non avere distribuzione, ma di vendere tutto direttamente, considerando anche i volumi esigui che produrremo. Voglio andare solo dai clienti che rispettano il prodotto e che sanno come trattarlo. Per questo all’inizio farò anche il commerciale, perché conosco bene il mercato, i clienti. Voglio sapere dove va la mia birra, chi la vende e come”. Non più birraio, quindi ma responsabile di produzione a supervisionare un assistente nell’attesa che il giro d’affari consenta di assumere un birraio esperto: per Marco Valeriani è davvero una sfida che lo coinvolge a 360 gradi.
Le birre.
L’emergenza Covid-19 ha costretto Alder a rivedere i propri piani per sopravvivere: chiusa la taproom a tempo indeterminato, chiusi pub e locali a cui vendere i fusti, le lattine al momento sono l’unica opzione per restare a galla e il birrificio ha iniziato a consegnarle a domicilio nei dintorni e a spedirle in tutta Italia.
Gretna (5.3%) è una delle quattro birre disponibili sin dal giorno di debutto di Alder: un’American Pale Ale prodotta con Citra e Simcoe, malti Golden Promise, Pils e Monaco e lievito inglese. Gli appassionati di Stephen King riconosceranno il nome della città immaginaria del Maine in cui fu ambientato il racconto La Vendetta di Culo di Lardo Hogan. Dorata, leggermente velata: al naso arrivano profumi di cedro, pompelmo, arancia, mango e pesca, qualche accenno floreale e resinoso/dank. Pulita ed elegante, scorre bene ma è forse dal punto di vista tattile un po’ più pesante del previsto: pane e cereali, un fruttato elegante che ammicca al tropicale, cedro, pompelmo e un finale abbastanza secco che si snoda su note resinose e vegetali. Semplice ma non per questo banale, la Gretna di Alder ha un bel carattere e una gran bella intensità: pochi fronzoli, moderna ma non modaiola. E’ una di quelle birre che potresti bere tutta la sera senza mai stancarti.
Non so se ci sia di nuovo qualche legame con il Maine nel nome Green Lobster scelto da Alder per la propria serie di IPA sperimentali con la quale “testare luppoli sperimentali o miscele mai utilizzate”: il Maine è la patria delle aragoste ma anche parte di quel New England che negli ultimi anni ha stravolto il concetto di American IPA. Lo scorso febbraio aveva debuttato la Green Lobster #1 (malti Golden Promise, Pilsner e Cara, luppoli HBC522 e Mosaic) e ad aprile è arrivata la numero 2 (6.4%): stesso parterre di malti ma diverso mix di luppoli: Nelson Sauvin, Simcoe e Mosaic. I maligni diranno “l’ennesima IPA”? Vero, ma si sa che oggi il mercato ha costantemente bisogno di novità da dare ai clienti. Il suo look si mantiene però a debita distanza dalla moda e c’è sempre un pezzo di California West Coast ad ispirare la mano di Valeriani. Chi fa l’equazione New England = torbidi succhi di frutta sbaglia o non hai mai assaggiato The Alchemist, ad esempio. E la Green Lobster è infatti dorata e velata. L’aroma è pulito ma non molto intenso e ci mette un po’ ad aprirsi: in primo piano agrumi, pompelmo, mango e pesca ma il Nelson Sauvin le dona anche i suoi tipici richiami all’uva bianca e al vegetale. A bollire nella pentola c’è finita anche dell’avena ed il mouthfeel ne trae vantaggio: IPA molto morbida, leggermente cremosa. Pane e cereali, miele, frutta a pasta gialla, accenni di uva e un bel finale amaro resinoso-vegetale caratterizzano una bevuta intensa, pulita e ben bilanciata che ho dovuto però far scaldare un po’ più del dovuto per apprezzarla a pieno.
Chiudiamo in crescendo con la Double IPA della casa che ha debuttato lo scorso novembre. Valeriani scherza col suo recente passato chiamando di nuovo in causa la musica dei Queen nel cimentarsi nello stile che lo ha reso famoso in Italia: dopo la
Killer Queen (8%) fatta da Hammer ecco la Death on 2 Legs (8.2%), brano contenuto nell’album A Night at the Opera. Se Simcoe, Chinook, Centennial, Columbus, Citra ed Amarillo erano i protagonisti della Killer, la nuova Double IPA di Alder mette in campo “solo” Simcoe, Citra e l’ormai irrinunciabile Mosaic. Il suo color oro leggermente anticato è quasi limpido, mentre il naso è un po’ incerto e sottotono. Mango, passion fruit, dank, un po’ di cereale: un bouquet gradevole ma poco ampio e soprattutto privo di quella esplosività che vorresti trovare in una DIPA. Anche in bocca mi sembra una birra che viaggia con il freno a mano un po’ tirato: miele, pane, un leggero tropicale e un amaro resinoso di buona intensità e durata. Rispetto ai miei ricordi della Killer Queen l’amaro è più predominante, la chiusura è ben attenuata, l’alcool è sotto controllo e anche qui il riferimento è ovviamente la West e non la East Coast statunitense. C’è il tipico equilibrio della scuola Valeriani ma nel complesso trovo questa Death on 2 Legs un po’ timida e con poco carattere, nonostante sia gradevole e abbia solo un mese di vita: forse un lotto o una lattina non al massimo della forma?
Le aspettative su Alder sono alte, e non potrebbe essere altrimenti, soprattutto quando si parla di luppolo: equilibrio e pulizia sono le caratteristiche che accomunano queste tre birre (e che ogni birra al mondo dovrebbe possedere). A poco più di sei mesi dall’inaugurazione il livello è indubbiamente alto ma c’è spazio per migliorare, e sarebbe strano il contrario.
Nel dettaglio
Gretna, 40 cl., alc. 5,3%, lotto 14/04/2020 L072B, scad. 14/08/2020, prezzo indicativo 6.00 euro (beershop)
Green Lobster # 2, 40 cl., alc. 6.4%, lotto 09/04/2020 L052B, scad. 09/08/2020, prezzo indicativo 7.00 euro (beershop)
Death On 2 Legs, 40 cl., alc. 8.2%, lotto 02/04/2020 L050B, scad. 02/08/2020, prezzo indicativo 7.00 euro (beershop)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questo esemplare e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.