venerdì 15 maggio 2015

Russian River Temptation

Non voglio mescolare il “sacro con il profano”, ma dopo l’esperienza di iere delle Regionali di Moretti avevo bisogno di risollevarmi un po’ il morale ed il palato; riesumo allora dalla cantian una delle poche Russian River ancora rimaste, in cerca di conforto. 
E’ la Temptation, una “sour blonde ale” invecchiata in botti che hanno ospitato Chardonnay;  ed è una birra particolarmente significativa visto che è stata, una quindicina di anni fa, la prima invecchiata in botte e prodotta con lieviti selvaggi realizzata dal birrificio di  Santa Rosa. La Napa Valley californiana è famosa per i suoi vini, ed il birraio Vinnie Cilurzo (peraltro figlio di viticultori) non nasconde la sua passione enologica; da qui l’idea di provare a  far incontrare il mondo del vino a quello dei Lambic, l’altro suo grande amore. 
Con questa birra venne inaugurata la serie  “-TION” di Russian River, birre d’ispirazione belga, spesso acide e affinate in legno il cui nome termina sempre con  questo suffisso: Supplication, Damnation, Consecration, Procrastination. L’ispirazione su questi nomi arriva di nuovo dal Belgio,  dove molte strong ale hanno riferimenti diabolici: Duvel, Delirium Tremens, PranQster, Judas, Lucifer: “ero in macchina e stavo ascoltando una canzone degli Squirrel Nut Zippers chiamata Hell  - racconta Cilurzo - nella quale veniva ripetuta la parola Damnation. Decisi subito che avrei chiamato una birra con quel nome e, nel tragitto verso casa, avevo anche già immaginato i nomi per altre birre:  Redemption, Salvation e Temptation." 
La Temptation nasce da una ricetta piuttosto semplice: malti Pilsner e Pale, frumento non maltato, luppoli Sterling e Styrian Goldings e, secondo quanto riportato dal libro American Wild Beers, lievito White Labs Abbey Ale WLP530; dopo la fermentazione primaria la birra  viene messa in botte e, contemporaneamente, vengono aggiunti brettanomiceti. In un primo periodo la birra riceveva poi solamente i lieviti selvaggi naturalmente esistenti nell’aria della “cantina” del birrificio dove le botti venivano messe a riposare;  per abbassare un po’ l’acidità dei primi lotti di Temptation, Cilurzo decise poi  di aggiungere, dopo qualche mese dalla messa in botte,  nello spazio lasciato appositamente ”vuoto” un po’ di birra “fresca” fermentata con brettanomiceti e anche altri batteri (lactobacilli e pedicocchi). 
La partenza sembra apparentemente semplice, ma il difficile viene dopo: si tratta di un paziente  e meticoloso lavoro di monitoraggio di quanto sta accadendo nelle diverse botti per raggiungere il risultato finale desiderato.  Nemici “dichiarati” di Cilurzo sono l’acido acetico, che egli non ama e di cui cerca di ridurre al massimo la presenza nelle sue birre:  per fare ciò le botti di rovere francese scelte all’inizio per la loro elevata porosità che permetteva ai batteri di penetrare meglio all’interno del legno sono state sostituite da rovere americano, la cui minore permeabilità contribuisce a ridurre la formazione di acido acetico. L’altro punto fondamentale su cui bisogna lavorare è la caratterizzazione del legno delle botti  (e il  vino da loro un tempo contenuto): deve solamente arricchire la birra, non “mangiarsela”; per ridurre il carattere legnoso e vinoso che viene “trasferito” alla birra, ogni botte viene riutilizzata tre volte. Ogni lotto di  Temptation invecchia in botti “giovani” ed in botti che hanno già ospitato la birra per una o due volte.  Le botti riposano poi in un ambiente a temperatura controllata che oscilla tra i 14 e i 17 gradi centigradi: la temperatura relativamente bassa ritarda un po’ la fermentazione della birra ma, secondo Cilurzo, aiuta a ridurre la formazione di Acetobacter. A seconda “dell’età” delle botti, l’affinamento dura da 9 a 15 mesi: l’ultimo passo da compiere è quello del “blend”, ovvero l’assemblaggio del prodotto delle diversi botti a comporre la Temptation che viene poi messa in bottiglia ed in fusto. 
Il risultato, per quel che riguarda le medaglie ai concorsi, parla di oro al GABF 2002, argento al GABF 2003, 2004, 2007 e 2010, oro alla World Beer Cup 2006 ed argento a quella del 2008. 
La “tentazione” di Russian River è di un bel color dorato quasi limpido: schiuma bianca, “croccante” e compatta, cremosa, molto persistente. Al naso le note lattiche e “funky” di cantina umida vengono affiancate da quelle del cedro e del limone, della uva bianca: pulizia ed eleganza sono ad un livello impressionante, e l’aroma viene impreziosito da delle suggestioni di vaniglia e leggerissimi richiami dolci di pesca ed ananas, cedro candito, che sono percepibili solo quando la temperatura è vicino a quella dell’ambiente. Al palato c’è un perfetto equilibrio tra morbidezza e scorrevolezza, con una carbonazione molto bassa ma finissima. Il gusto è aspro di uva bianca, ribes, mela acerba, con note di cedro: l’encomiabile pulizia permette di cogliere il raffinato apporto del legno e un lievissimo dolce di pesca ed ananas in sottofondo. Una birra elegantissima,  dall’evidente carattere vinoso, chiude con un finale leggermente tannico con una punta amara di lattico; è  caratterizzata da una bella complessità che risulta tutta via piuttosto facile da decifrare, con l’acidità e le asprezze che non vanno mai “oltre“, rispettando quell'equilibrio che è un po' il marchio di fabbrica di tutte la produzione Russian River, IPA incluse
E' fantastica fresca, con l'alto potere rinfrescante e dissetante della sua acidità: ma se riuscite a recuperare una bottiglia (purtroppo il birrificio non esporta nulla) abbiate la pazienza di farla scaldare un po' e gustatevela come fareste con un ottimo vino, lasciandovi un po' cullare dal suo morbido tepore etilico che emerge all'aumentare della temperatura. Gran birra, davvero.
Formato: 35.5 cl., alc. 7.5%, imbott. 18/06/2014, pagata 12,95 dollari (birrificio, USA)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

2 commenti:

  1. Ecco a cosa servono le birre di scarso pregio, a fare risaltare la roba buona, che se uno beve Dom Perignon tutti i giorni poi non ci fa più caso.
    Un paio di giorni fa sul sito del Guardian c'era un articolo comparativo in cui venivano date valutazioni per 10 lager che si trovano nei supermercati inglesi. Secondo l'autore, la peggiore (valutazione 1/10) è risultata Perlenbacher Premium Pils, venduta da Lidl. Da tenere in considerazione se si vuole sperimentare come cambia la valutazione di una birra in funzione di quello che si è bevuto il giorno prima.
    Questo il link all'articolo: http://www.theguardian.com/lifeandstyle/2015/may/14/supermarket-lagers-best-worst-taste-test-bottles

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    1. il giorno prima è un lasso di tempo secondo me troppo ampio per fare questo tipo di discorso. vero tuttavia che in una serie di bevute ravvicinate, come magari avviene per un concorso, se te ne capitano tre terribili e la quarta è buonina… quest'ultima rischia forse di risultare meglio di quello che sarebbe in realtà.

      ma questa di Russian River è fuori concorso, sarebbe stata stupenda anche dopo aver bevuto una Rochefort 10 !

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