Inizia nel 2014 l’avventura di Costa Est, beerfirm pesarese guidata da Simone Pagnoni e Alessandro Fosca: punto d’arrivo di una passione per l’homebrewing iniziata nel garage di Alessandro con le prime cotte All Grain e continuata poi nell’appartamento dei nonni di Simone. Qui i maggiori spazi a disposizione hanno consentito l’installazione di un mini impianto sul quale testare idee e ricette: alla fine di un anno trascorso al ritmo di una cotta la settimana per un totale di circa 1500 litri prodotti, i due homebrewers prendono la decisione di saltare la staccionata e passare dalla parte dei professionisti. La burocrazia italiana però non è notoriamente amica di chi ha fretta e quindi i due si orientano verso un modello d’impresa più semplice: la beerfirm, con le ricette che vengono sviluppate presso gli impianti del vicino birrificio Collesi di Apecchio.
Il debutto avviene con l’American IPA chiamata Inachis Io e con la Belgian Ale Pupa, seguite da una birra al miele chiamata Carata. Nel futuro, come in quello di ogni beerfirm o quasi, c’è come al solito l’obiettivo di dotarsi d’impianto proprio.
La birra.
Inachis iO, nome che può apparire strano ma che in realtà altro non indica che la farfalla volgarmente chiamata Vanessa o “occhio di pavone”; diffusissima in tutta Italia, ha “livrea inconfondibile, ali frastagliate dal colore di fondo rosso mattone con grandi macchie ocellate; il rovescio delle ali è bruno scuro screziato. Quando disturbata, la Vanessa io, apre di scatto le ali mostrando i colori vivaci del dorso disorientando i predatori. I bruchi, neri con macchioline bianche, sono gregari e vivono sull’ortica riparati in tele di seta da loro stessi prodotte”. Questo il nome scelto per un’American IPA sulla quale non ho trovato molte informazioni, se non che utilizza ovviamente luppoli americani e malto inglese Maris Otter.
Al solito la fotografie la rende più scura del reale: il suo colore è ramato, con riflessi dorati ed una schiuma biancastra cremosa e abbastanza compatta, dall'ottima persistenza. Il naso non brilla né per intensità né per fragranza: accanto a profumi floreali ci sono agrumi, qualche leggera deriva saponosa e caramello. La bevuta prosegue sugli stessi binari, con una base biscottata e caramellata a supporto della luppolatura; lieve presenza d'agrumi, soprattutto pompelmo, e poi un finale amaro resinoso e vegetale di discreta intensità ma di breve durata. La sensazione palatale è gradevole ma la secchezza non è certamente esemplare e ad ogni sorso il palato rimane sempre avvolto da una lieve patina dolce. La data di scadenza di questa bottiglia dice novembre 2018: si potrebbero ipotizzare due anni di shelf life, ma io l'ho ricevuta prima di novembre 2016. La freschezza è tutto o quasi in questo tipo di birre e purtroppo in questa bottiglia non la trovo già più: incomprensibile quindi pensare di berla nel 2018 ad oltre due anni dalla nascita. Al di là di questo, si tratta di una birra priva di evidenti difetti ma anche di emozioni; una sorta di IPA versione 1.0, basica e senza spunti che la possano rendere interessante ad un palato che ha già provato ed apprezzato quelle di Hammer, Toccalmatto, Vento Forte, Brewfist e Cr/ak, giusto per citare i primi che mi vengono in mente.
Formato: 33 cl., alc. 6.5%, IBU 45, lotto 5916, scad. 30/11/2018.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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