Georgij Konstantinovič Žukov, ovvero “il generale che non ha mai perso una battaglia”: di origini contadine, venne arruolato in cavalleria nel corso della prima guerra mondiale. Dopo la rivoluzione d’ottobre entrò nell’Armata Rossa dapprima come comandante di Brigata, poi di divisione ed infine di corpo d’armata. Nel 1938 fu nominato vicecomandante di tutte le Forze Armate della Bielorussia: in Mongolia sconfisse l’esercito giapponese, ottenendo per la prima volta il titolo di “Eroe dell’Unione Sovietica”. Nel 1940 venne nominato Capo di Stato Maggiore ed fu lui ad organizzare la difesa che contrastò il lungo assedio (1941-1944) dell’esercito nazista a Leningrado.
Stalin, impressionato dal suo lavoro, lo chiamò ad organizzare anche la difesa di Mosca affidandogli il comando generale di tutte le operazioni: la strategia di Žukov, grazie anche all’aiuto del gelido inverno russo che arriva in anticipo, ebbe successo. Dopo alcuni contrasti con Stalin e conseguenti declassamenti fu richiamato per dirigere l'Operazione Urano per il salvataggio di Stalingrado, assediata dai tedeschi: Žukov preparò la “controffensiva del Don”, facendo traghettare oltre il Volga 170.000 soldati, 27.000 automezzi e 1300 vagoni ferroviari senza che il nemico se ne accorgesse. Il 31 gennaio 1943 liberò Stalingrado dopo aver accerchiato i nemici: nella battaglia - che segnò l’inizio della disfatta di Hitler - persero la vita un milione e mezzo di tedeschi.
Žukov, si guadagnò il soprannome de “il salvatore”, ma a seconda delle occasioni era anche “l’uragano”, “l’invincibile” oppure “l’ariete” al quale viene affidata l’Operazione Berlino. Fu lui a battere sul tempo inglesi ed americani entrando per primo (30 aprile 1945) nella capitale tedesca ormai in macerie issando la bandiera rossa sul Reichstag; sarà lui a presenziare ed a firmare l’atto di resa della Germania.
Salvatore di Mosca, liberatore di Stalingrado, conquistatore di Berlino: la sua fama era ormai maggiore di quella di Stalin, che iniziò a vederlo come un pericoloso avversario. Nel dopoguerra Žukov fu messo in disparte, venne indagato dalla polizia segreta ed esiliato negli Urali; alla morte di Stalin, nel 1953, Žukov fu nominato Ministro della Difesa dal successore Malenkov. La sua parabola si concluse con l’avvento al potere di Kruscev, che lo destituì accusandolo di aver cercato di sottrarre l’esercito al controllo del Partito Comunista. Venne obbligato a fare una autocritica sulla Pravda e visse recluso e lontano della vita politica sino alla sua morte, avvenuta nel 1974.
Žukov, dal carattere difficile, venne ripreso più volte per ubriachezza e violenze ma fu uno dei militari sovietici più decorati e l'unico a ricevere quattro volte il titolo di Eroe dell'Unione Sovietica.
La birra.
All’invincibile maresciallo (Marshal) Zhukov il birrificio della Florida Cigar City (qui la sua storia) dedica quella che è diventata rapidamente una delle sue birre di successo e maggiormente ricercate dai beer geeks. L’hype – come spesso accade – è un po’ scemato col tempo, la produzione è aumentata e oggi l’imperial stout Marshal Zhukov viene proposta in numerose declinazioni che a volte riescono anche ad attraversare l’oceano arrivando nel nostro continente. Le versioni “Barrel Aged” includono botti di cognac, rum, apple brandy, sherry, bourbon e porto; i divertissement vedono invece le aggiunte di caffè e caffè, cacao e vaniglia (Penultimate Push),
La Marshal Zhukov regolare, che purtroppo non sono ancora riuscito ad assaggiare, dal 2008 esce normalmente ogni anno in agosto. Lo scorso 23 novembre 2016 ha debuttato la sua variante Vanilla Hazelnut, con aggiunta di vaniglia e nocciole; in vendita al birrificio al prezzo di 20 dollari a bottiglia e, in queste settimane, anche in qualche beershop europeo.
Nel bicchiere è nerissima e forma una minacciosa schiuma di color marrone scuro, cremosa e compatta, dalla buona persistenza. Il naso non è esplosivo ma è comunque ricco e dolce: l’alcool (11.2%) si presenta accompagnando vaniglia e cioccolato al latte, nocciola, caramello e melassa, delicate tostature e accenni di caffè. Piena e poco carbonata, avvolge il palato con una viscosa morbidezza che si potrebbe quasi masticare: perfetta, è quel mouthfeel che vorrei sempre trovare in una robusta imperial stout dal contenuto alcolico in doppia cifra. La densità che attraversa la cavità orale si compone di melassa, biscotto, orzo tostato e caffè, vaniglia, cioccolato amaro e fruit cake: la bevuta è coerentemente dolce come l’aroma, finendo poi per essere bilanciata dall’amaro del caffè e delle tostature. Non è impeccabile nella pulizia ma è un mostro d’intensità dove l’alcool si fa sentire senza “uccidere” : il sorseggiare è lento ma non particolarmente oneroso.
Imperial stout muscolosa e ricchissima, birra che fa serata da sola: qualche sorso e non avrete bisogno di null’altro, neppure per difendervi dal freddo dell’inverno russo. Non è il nirvana ma il livello è davvero molto alto e – tocca dirlo - è una di quelle birre alle quali nessun birrificio italiano riesce ancora minimamente ad avvicinarsi.
Formato: 65 cl., alc. 11.2%, IBU 60, imbott. 11/2016, prezzo indicativo (25-30 Euro, beershop)NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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