“Birrificio Familiare Mukkeller”, una denominazione sociale credo unica nell’affollato panorama brassicolo italiano: eppure non è per quel simpatico aggettivo “familiare” che si è iniziato a parlare di questo birrificio che ha debuttato nell’agosto 2010 a Porto Sant'Elpidio, nelle Marche. E’ stato ovviamente perché il nome scelto assomigliava un po’ troppo a quello di uno dei più famosi imprenditori brassicoli (beerfirm, ristoranti e bar, beershop) al mondo: Mikkeller. Marco Raffaeli, birraio fondatore di Mukkeller assieme al fratello Fabio, ha sempre dichiarato di non averlo saputo: il nome da lui scelto nasce semplicemente da un soprannome (Mukka) che si porta dietro da quando era bambino ed è stato affiancato dallo stile brassicolo da lui prediletto: le Kellerbier tedesche.
Che si tratti di verità o di un’irriverente giustificazione postuma non lo sapremo mai: fatto sta che Mikkel Borg Bjergsø (Mikkeller) non ci mise molto a farsi vivo con un’email. Evidentemente le spiegazioni fornite da Raffaeli lo hanno soddisfatto e convinto a non intraprendere nessun’azione legale.
Da appassionato bevitore, Marco Raffaeli non si faceva mai mancare una sosta ad un birrificio durante le sue numerose gite in motocicletta: il resto è il percorso che accomuna molti birrai, dalle prime birre da kit fatte in casa alle produzioni all-grain, dalle pentole a un mini impianto professionale. I genitori vanno in pensione e cessano l’attività di famiglia: per Marco è il momento di diventare imprenditore di se stesso e, dopo alcuni stage presso microbirrifici italiani parte l’avventura Mukkeller. Nel birrificio “familiare” fa quasi tutto da solo con l’aiuto del fratello e del padre, che assieme a lui imbottigliano le prime cotte: la tradizione tedesca è quella che guida i primi passi ma ben presto arrivano anche i luppoli americani, il Belgio e l’Inghilterra.
Al di là della curiosità e della notorietà arrivate grazie al nome scelto è sempre quello che c’è nel bicchiere che conta. E Mukkeller ha svolto un bel percorso di crescita che gli ha portato numerosi riconoscimenti a Birra dell'Anno: nelle rispettive categorie d’appartenenza, nel 2015 ha ottenuto un secondo posto la Double IPA Hattori Hanzo, nel 2016 un primo posto la doppelbock Devastator ed terzo posto la Double IPA Hattori Hanzo. All’edizione 2017 che si è tenuta poche settimane fa è arrivato il secondo posto della brown porter Corva Nera.
Hattori Hanzo (1541-1596), condottiero e samurai giapponese il cui nome è stato utilizzato in numerosi manga e da Quentin Tarantino nel suo Kill Bill vol.1; in questo caso si tratta di una Double IPA (8.3%). Il suo colore è oro antico, leggermente velato: cremosa e compatta, la bianca schiuma che si forma nel bicchiere mostra un’ottima persistenza. Impossibile dall’etichetta risalire alla data di nascita di questa bottiglia ma il naso è piuttosto fresco: gli agrumi, soprattutto pompelmo e cedro, guidano le danze su di un sottofondo tropicale di mango ed ananas. Un bouquet abbastanza semplice ma molto pulito ed elegante, dalla buona intensità. La carbonazione contenuta ed il corpo medio rendono la bevuta morbida e piuttosto gradevole, con una buona scorrevolezza. La base maltata (caramello, lieve biscotto) non è particolarmente invadente e la freschezza permette d’apprezzare la fragranza della frutta: ribaltando le proporzioni dell’aroma, al gusto c’è soprattutto frutta tropicale con il pompelmo in secondo piano. La chiusura, in un’ideale interpretazione di una West Coast IPA, è abbastanza secca e caratterizzata da un bell’amaro resinoso, l’alcool è tenuto abbastanza sotto controllo, anche se potrebbe essere ancora più nascosto.
Davvero una bella sorpresa questa Hattori Hanzo di Mukkeller: molto bilanciata e molto pulita, semplice ma piuttosto elegante; un'interpretazione di una West Coast IPA convincente che si beve facilmente e con grande soddisfazione.
Formato: 50 cl., alc. 8.3%, lotto L16366, scad. 01/08/2017, prezzo indicativo 6.00 Euro (beershop)NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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