Facciamo una breve pausa dalle birre natalizie per rinfrescarci un attimo il palato con un birra leggera e dissetante. Bevuta che coincide con l'ennesimo debutto sul blog di un nuovo birrificio inglese, quello chiamato Anarchy Brew. Ha sede a Morpeth, una ventina di chilometri a nord di Newcastle Upon Tyne, nel nord dell'Inghilterra. Viene inaugurato a Gennaio 2012 dai coniugi Simon e Dawn Miles, un passato da homebrewers e una passione - che non si riflette molto nel portfolio di birre prodotte - per il Belgio. Aiutati, al momento, da altre quattro persone, dichiarano chiaramente di essere più interessati agli esperimenti ed "all'innovazione" (virgolettato d'obbligo, visto che sembra significare abbondanti luppolature extra europee) che alla tradizione brassicola inglese. Trovano casa in un edificio che prima ospitava un negozio di mobili, lo svuotano del contenuto installandoci gli impianti produttivi, una tasting room ed un piccolo shop dove i clienti possono acquistare direttamente le birre. L'avventura inizia con il nome di Brew Star, ma dopo circa sei mesi ecco arrivare una lettera dalla Brewster Brewing Company (situata più a sud, nei dintorni di Nottingham) che li intima di cambiare il proprio nome. L'assonanza dei due nomi, infatti, poteva creare confusione tra i consumatori ed essere considerata una violazione del proprio marchio registrato. Al di là di una evidente somiglianza fonetica tra i due nomi, l'obiezione sollevata dalla Brewster sarebbe stata probabilmente oggetto di una lunga disputa legale dall'esito tutt'altro che scontato. I coniugi Miles decidono tuttavia di non spendere tempo e parte dei propri fondi in avvocati ma di restare concentrati sulla birra: cambiano quindi il nome in un più aggressivo Anarchy Brew, andando subito a registrare nome e logo. Nel frattempo, sono già arrivate alcune medaglie: argento per la Anarchy Lager (Siba 2013), oro per la bitter Sublime Chaos al 2013 Siba North East. Una quindicina le birre prodotte in quasi due anni di attività, numero abbastanza contenuto se lo paragoniamo con quello della maggior parte dei microbirrifici inglesi nati in questi ultimi anni ed assurdamente molto più prolifici.
All'assaggio la Citra Star, immagino una single-hop prodotta con l'omonimo luppolo americano che arriva in una bottiglia dalla forma abbastanza inusuale per un produttore inglese. Bel colore dorato, velato, con sfumature arancio pallido; la schiuma è bianca, a trama fine, cremosa e molto persistente. Aroma che ovviamente mantiene fede al nome della birra: festival dell'agrume, aspro, con lime, limone, cedro e qualche leggera nota di arancia; indubbiamente monotematico, scontato, ma molto forte e molto pulito. Quasi ineccepibile. Pochissime sorprese anche in bocca, ma ciò non dev'essere visto come un difetto: è solamente una conferma delle aspettative di una birra molto secca, con pochissimo corpo, dissetante e rinfrescante. Se questo è quello che cerchi, questo è quello che hai. Imbocco veloce e leggero, qualche traccia di crosta di pane e cereali e poi una vagonata di agrumi, con arancio e pompelmo (e qualche note di pesca gialla) che ingentiliscono un po' la bevuta rispetto ai toni aspri dell'aroma. Ovviamente secchissima, è una session beer (4.1%) rinfrescante e dissetante, che inevitabilmente chiude il cerchio finendo dove era iniziata: amara e zesty, ricca di scorza di lime e limone. Molto profumata e pulita, ruffiana e piaciona ma abbastanza brava a restare in equilibrio sul burrone del succo di frutta senza precipitarci dentro. Dicembre non è sicuramente il suo mese ideale (a meno che non vi troviate a berla dentro un affollato ed accaldato pub), ma questa è una birra che potreste arrivare ad amare nei mesi più caldi dell'anno.
Formato: 33 cl., alc. 4.1%, IBU 36, scad. 31/01/2014, pagata 3.04 Euro (beershop, Inghilterra).
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