Netta è la direzione che gli Struise Urbain Coutteau e Carlo Grootaert hanno intrapreso negli utimi anni, dopo aver anche dismesso i panni di birrai "zingari" (o beer firm) ed aver inaugurato i propri impianti produttivi. Il grande successo che hanno ottenuto in paesi come gli Stati Uniti e la Scandinavia, paesi disposti a spendere anche molti soldi in birre dall'alta gradazione alcolica e quasi sempre barrel-aged. L'invecchiamento in botte sembra essere ormai diventata un priorità per gli Struise, con la stessa cotta di birra che finisce a passare qualche mese in diversi tipi di botte e viene poi immessa sul mercato a prezzi molto poco belgi. Inevitabile che in botte ci finisse anche la loro birra natalizia, o "winter tripel", come la definiscono, chiamata Tsjeeses. La parola, pronunciata, suona all'incirca come l'inglese "cheeses" ed ha anche una certa assonanza con "Jesus". In verità - dice Urbain Coutteau - si tratta solamente di un'esclamazione senza alcun significato: sarebbe quello che lui stesso avrebbe pronunciato dopo aver assaggiato la prima versione di questa birra invernale, restandone favorevolmente impressionato. L'assonanza non fu però particolarmente apprezzata dalla TTB (Alcohol and Tobacco Tax Trade Bureau) Americana; l'etichetta, ancora meno. L'immagine caricaturale di Urban Coutteau che indossa un cappello da Babbo Natale con il fumo che gli esce dal naso ("inebriato dalla birra appena bevuta", dicono gli Struise) venne considerata dagli ispettori americani un'immagine offensiva che raffigura una specie di Gesù Cristo sotto l'effetto di stupefacenti. Il risultato fu il divieto d'esportazione negli USA, uno dei mercati principali del birrificio belga. Dapprima gli Struise pensano di modificare l'etichetta coprendo il volto di Babbo Natale con un burka nero ma poi, onde evitare altri problemi con le autorità a stelle e strisce, scelgono un approccio più "soft" eliminando il fumo che esce dal naso e mettendo addosso a Santa Claus un paio di innocenti occhiali da sole verdi alle bottiglie destinate al mercato statunitense.
Tre le versioni barricate (per sei mesi, credo) della Tsjeeses; una in semplici botti di quercia, una in botti che hanno ospitato Bourbon, e la terza in botti che hanno ospitato Porto. Mi è toccata in dote quest'ultima, per una di quelle bottiglie che compri giusto una volta l'anno e la tieni da aprire in una occasione speciale. Sontuoso l'aspetto, un bellissimo color ambrato carico, leggermente velato, con riflessi ramati. La schiuma, ocra, è finissima e cremosa, molto persistente; vi sono piccole particelle di lievito sospese nel bicchiere. Al naso sentori di legno, quasi di polvere, che lasciano dopo qualche secondo spazio a marzapane, tortino di frutta, caramello, uvetta e datteri; man mano che la birra si scalda emerge un leggero carattere che ricorda un vino liquoroso, o un porto, per l'appunto. Molto rotonda al palato, con un corpo tra il medio ed il pieno, una discreta carbonazione ma soprattutto una bella consistenza oleosa e densa, morbida, avvolgente. La bevuta non entusiasma da subito, questa Tsjeeses Reserva ci mette più di qualche minuto per "aprirsi" e dare il meglio di sé, rivelando una gran bella complessità. Arancia e cedro canditi, datteri disidratati ed uvetta, caramello, miele d'arancia, zucchero di canna, con delle sottili note di porto che fanno di tanto in tanto capolino. Birra molto potente (10%) ma estremamente raffinata e lontana da ogni prova di forza fine a se stessa; l'alcool è molto ben dosato, riscalda il palato e lo abbraccia senza mai pungerlo o bruciarlo. Molto ben attenuata, con una partenza dolce che viene pian piano a scemare grazie ad una lieve acidità finale; c'è anche una leggera nota amaricante (scorza d'arancia) ma soprattutto un sublime retrogusto etilico quasi infinito, morbido e dolce, caldo ed avvolgente, pieno di frutta sotto spirito e impreziosito da note di porto. Birra complessa ed appagante, non difficile da bere ma che dev'essere sorseggiata con grande tranquillità in poltrona: delude un po' nei primi sorsi, ma datele il tempo che necessita per aprirsi nel bicchiere e (forse) non rimpiangerete i soldi spesi per l'acquisto. Sbaglierò, ma mi ha dato l'impressione di poter reggere ancora diversi anni con un buon potenziale d'invecchiamento in cantina.
Formato: 75 cl., alc. 10%, lotto 2311270611 THT ACDPA, scad. 26/12/2017, pagata 24.00 Euro (beershop, Italia).
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