Noi birrofili non ci eravamo ancora ripresi dall’annuncio shock di fine 2011 (cofanetti di Westvleteren 12 in vendita nei supermercati belgi Colruyt) che nella primavera del 2012 arriva un altro annuncio clamoroso: la nascita dell’ottavo birrificio trappista. Siamo in Austria, ad Engelhartszell an der Donau, ma il confine con la Germania è al di là della riva del Danubio e Passau si trova a soli 30 chilometri. Le prime tracce dell’abbazia di Engelszell (Stift Engelszell) risalgono al 1293, quando fu fondata dal vescovo di Passau Bernardo di Prambach come “costola” della più grande abbazia di Wilhering, che si trovava alle porte di Linz. L’abbazia cistercense di Engelszell non ebbe mai una situazione finanziaria molto solida, e fu spesso aiutata da Wilhering, soprattutto per la rinascita dal devastante incendio del 1699; nel 1786 fu infine soppressa dall’imperatore Giuseppe II.
Alcuni monaci trappisti tedeschi espulsi al termine dalla prima guerra mondiale dall'abbazia di Oelenberg in Alsazia, che avevano trovato rifugio temporaneamente a Banz (nord di Bamberga), finirono con lo stabilirsi nel 1925 a Engelszell, che venne rifondato inizialmente come priorato e poi, nel 1931, promosso al grado di abbazia: il primo abate fu Gregorius Eisvogel. Nel 1939 lo stabile fu confiscato dalla Gestapo ed i religiosi dispersi: alla fine del conflitto, solo un terzo dei settantrè occupanti vi fece ritorno.
Dal 1995 l'abate di questa ormai piccolissima comunità che annovera (dato 2012) solamente sette frati è Marianus Hauseder; nel 2008 l'unico monastero trappista austriaco entra a far parte della International Trappist Association (ITA) e viene autorizzato ad utilizzare il logo Authentic Trappist Product sui liquori prodotti. E'quindi una conseguenza naturale, dopo che viene installato un impianto per la produzione della birra, la nascita dell'ottavo birrificio trappista. Il marchio porta con se onori, ma anche oneri, secondo il noto disciplinare trappista: la birra deve essere prodotta all'interno delle mura di un'abbazia trappista, da parte di monaci trappisti o sotto il loro controllo; il birrificio dev’essere subordinata al monastero e dimostrare una cultura imprenditoriale aderente al progetto monastico, il birrificio non ha come obiettivo il profitto e i guadagni devono servire al sostentamento dei monaci ed alla manutenzione degli edifici. Quello che rimane è destinato a finalità sociali e caritatevoli ed a persone in difficoltà.
Le prime bottiglie di Engelszell arrivano sul mercato a giugno del 2012: vengono prodotte una dunkles Trippel (secondo la descrizione del sito) chiamata Gregorius ed una più leggera Helles Dubbel (6.9%) nominata Benno. Qualche mese fa, all'inizio dell'estate, per celebrare il 250esimo anniversario dell'abbazia, è arrivata una belgian ale chiamata Jubiläumsbier (5.5%).
Il problema di ogni nuovo birrificio trappista (nel frattempo sono arrivati anche l'olandese Zundert e l'americano Spencer) è sempre quello del confronto con i mostri sacri belgi (Orval, Rochefort, Westmalle, Chimay e Westvleteren) anche se le birre prodotte non hanno magari molto in comune.
La Gregorius di Engelszell è ovviamente dedicata a Gregorius Eisvogel che, come detto, fu il primo Abate del neonato monastero trappista. Si tratta di una Belgian Dark Strong Ale (o Quadrupel, se preferite questo nome) dall'elevato contenuto alcolico (9.7%) che, da quanto ho letto in rete, viene prodotta con luppolo austriaco proveniente da Haslach an der Mühl, miele biologico di Engelszell anziché il classico zucchero candito, un ceppo di lievito da vino che proviene dall'Alsazia. Quest'ultimo punto è probabilmente quello che andrebbe maggiormente verificato.
Comunque, la birra nel bicchiere si presenta del classico color tonaca di frate con dei riflessi ambrati; la schiuma, benché non particolarmente generosa, è color crema, fine, cremosa ed ha una discreta persistenza. E' dolce, molto dolce al naso, con una percepibile ossidazione che regala oltre ad un po' di cartone bagnato anche delle piacevoli sfumature di vino marsalato e di amaretto. C'è poi soprattutto caramello, uvetta, pera, ananas (in scatola), frutta candita. In bocca arriva piena e scarsamente carbonata, morbida gradevole ma, di nuovo, molto dolce. E' l'alcool che aiuta un po' a bilanciare la bevuta senza disturbarla, riuscendo ad asciugare il palato ed evitando, proprio all'ultimo secondo, il rischio stucchevolezza. Il gusto offre uvetta, datteri e prugne disidratate, canditi, biscotto al burro, caramello e delle note che ricordano un vino liquoroso come il porto; finisce calda di frutta sotto spirito, avvolgente, con qualche piccola nota di cartone bagnato ed un lievissima punta salina.
Bottiglia con neppure tre anni di vita alle spalle ma che ne dimostra molti di più, con evidenti segni di ossidazione che, nelle sorelle trappista (Rocherfort 10, Wesrvleteren 12) arrivano solitamente qualche (molti) anni dopo. Il risultato non è tuttavia così negativo come mi è capitato di leggere in rete: il Belgio è ancora, molto, molto lontano, la birra manca secondo me di quell'apporto fondamentale dato dai ceppi di lievito utilizzati dai birrifici sopracitati, ma si difende con dignità. Non ci sono off-flavors, se non quelli dovuti all'ossidazione, la birra è praticamente priva di amaro e quindi indicata a chi ama il dolce o i cosiddetti "vini da dessert"; il birrificio è ancora giovane, vediamo se saprà percorrere con profitto il sui necessario percorso di crescita.
Formato: 33 cl., alc. 9.7%, lotto LO8011350, scad, 08/01/2015, pagata 2.98 Euro (drinkstore, Italia).
Nota: la descrizione della birra bevuta è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
Nota: la descrizione della birra bevuta è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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