Mentre negli Stati Uniti le Saison o cosiddette Farmhouse Ales (spesso acide ed invecchiate in botti) stanno rappresentando uno degli stili più in crescita e più di moda (cfr. la birra di ieri) , in Italia gli esempi si contano davvero sulle dite di una mano. Forse si ripeterà quanto accaduto con le IPA, importeremo la tendenza e tra qualche anno avremo anche noi di che scegliere? Difficile dirlo, le competenze necessarie e gli strumenti per realizzare una buona saison con lieviti selvaggi e maturate in botte sono indubbiamente molto più elevate di quelle che servono per produrre una IPA.
Nel nostro paese, difficile pensare al binomio birra-legno senza fare immediatamente il nome di Loverbeer, la creatura alla cui Valter Loverier ha dato vita (sarebbe il caso di dirlo, visto l’utilizzo di lieviti spontanei) nel 2009 Un percorso segnato soprattutto dall’utilizzo del mosto d’uva che visto spuntare proprio nel 2014 alcune novità. E’ arrivata, finalmente, anche una Saison o Farmhouse ale: l’interpretazione di Loverbeer è quella à l'ancienne, a quando queste birre venivano prodotte in Vallonia nei mesi freddi per essere poi consumate nei mesi più caldi, quando le elevate temperature (e la mancanza di refrigerazione) non consentivano di fare la birra. Le Saison, dal tenore alcolico più alto della norma e dall’abbondante luppolatura riuscivano in qualche modo a sopravvivere e ad essere consumate nelle pause del lavoro nei campi. La pulizia che c’era allora nelle fattorie era molto diversa da quella di (quasi tutti - precisazione doverosa) i birrifici odierni: facile ipotizzare che spesso le birre fossero soggette ad infezioni e risultassero acide.
Dal contadino passiamo all’operaio, al lavoratore: “l’ouvrier”, in francese, che mi dicono essere anche il cognome originale della famiglia Loverier, proveniente dalla regione del Calvados. Una volta giunti in Piemonte, il cognome è poi mutato in Loverier. Mi piace citare questo bell’articolo in cui si dice che le birre di Walter Loverier “parlano di lui e per lui”: non fa eccezione questa Sour Farmhouse Ale, chiamata appunto Saison De L'Ouvrier.
Viene prodotta con i lieviti selvaggi isolati dalla BeerBera, una sour ale prodotta con il 20% di mosto di uva Barbera e che fermenta spontaneamente con i microrganismi presenti sulla buccia dell’uva stessa. La ricetta prevede anche una percentuale di frumento non maltato ed un dry-hopping di East Kent Goldings; la maturazione avviene poi in botte di legno. Questa Saison verrà poi utilizzata come “base” per produrne altre quattro, utilizzando un fiore, un frutto ed un vegetale; la prima, già in commercio, si chiama Saison de L'Ouvrier Serpilla e vede l'aggiunta di Timo Serpillo.
Il debutto ufficiale avviene a Roma lo scorso 31 maggio in contemporanea al Ma Che Siete Venuti a Fa’ ed al Bir& Fud, con la presenza di Valter Loverier.
Davvero molto bella la minimale etichetta, che raffigura all’interno di quattro nicchie lo scorrere del tempo attraverso l’alternarsi delle stagioni e delle fasi solari (alba, culmine, tramonto, crepuscolo). Colore dorato o “solare”, se preferite, leggermente velato e sovrastato da una nuvola “croccante” di schiuma bianchissima, compatta e cremosa, dalla buona persistenza. Il naso è splendido, ricco di (bianche) sensazioni floreali, aspro di agrumi (cedro, limone), di uva spina, mela acerba e acido lattico; a contorno ci sono lievi sentori legnosi e funky, selvaggi, di sudore, di muffa, di cantina. In bocca è evidente l’acidità, ma si tratta comunque di una “sour ale” accessibile anche a chi non ha grande amore o familiarità per le birre acide: l’asprezza degli agrumi, dell’uva e della mela acerba sono ammorbidite da sfumature dolci di pane e – ancora più delicate - di frutti gialli. Scorre veloce in bocca, con una elevatissima capacità dissetante e rinfrescante, pochissime bollicine, corpo leggero ma nessun accenno di acquosità o sfuggevolezza. Finisce piacevolmente rustica e morbidamente legnosa, con una punta amara di lattico. Saison raffinata ed elegantissima, aspra ma dal cuore quasi dolce: si colloca idealmente nel bicchiere durante i mesi più caldi, è una compagna ideale anche per qualsiasi altra delle quattro stagioni raffigurate in etichetta.
Non è una birra economica da bere tutti i giorni, ma il suo prezzo è allineato a birre simili che vengono prodotte anche in altre parti del mondo: per una volta, non ci possiamo lamentare dei prezzi italiani.
Formato: 37.5 cl.,alc. 5.8%, lotto PSA101-0414, scad. 12/2018, pagata 8.50 Euro (foodstore, Italia)
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