Oggi debutta sul blog non solo un nuovo birrificio, ma una nuova nazione: l’Ungheria. Una breve vacanza a Budapest mi ha dato l’occasione di entrare in contatto con i primi passi della “craft beer revolution” che anche in questo paese sta iniziando ad accelerare i propri passi. Non è facile trovare informazioni approfondite in internet, ma di microbirrifici in Ungheria ne sono sempre esistiti, anche se le loro produzioni hanno principalmente ricalcato gli stili proposti dalle industriali, ovvero basse fermentazioni d’ispirazione tedesca. E’ solo a partire dal 2010 che i microproduttori hanno iniziato a seguire la strada già intrapresa da altri paesi europei, cercando soprattutto di imitare le produzioni americane, che peraltro iniziano ad essere importate.
A partire dal 2011, all’interno della suggestiva cornice del castello di Buda, si tiene ogni anno il Főzdefeszt, un festival che riunisce molte realtà ungheresi, macro e micro: sono così arrivate le prime APA e IPA, le prime imperial stout , qualche tentativo di imitare la tradizione belga e tutto quello che abbiamo già visto in Spagna, Francia, Scandinavia e Germania, ad esempio. A Budapest (qui trovate un bel report di sul blog di Mobi) sono oggi attivi almeno un paio di brewpub e diversi pub o locali con una buona selezione di microbirrifici.
Il poco tempo a disposizione non mi ha purtroppo consentito di esplorare le spine di locali che per ovvi motivi di costo non si trovano troppo vicine alle attrazioni turistiche, ma sono comunque riuscito a mettere in valigia una decina di bottiglie per provare alcuni produttori locali. Devo ammettere che l’acquisto si è svolto un po’ alla cieca, visto che queste birre non vengono esportate e non sempre presentano informazioni comprensibili in etichetta per chi non parla ungherese: in assenza della dichiarazione di stile (IPA, Imperial Stout) diventa arduo capire che cosa ci sia nella bottiglia.
La prima realtà ungherese di una piccola serie che incontrerò nelle prossime settimane è chiamata Fóti Kézműves Sörfőzde (letteralmente “Foti Artigianale Birrificio”) con sede a Fót, località situata venti chilometri a nord-est di Budapest. Viene fondata nel 1994 dal birraio Gyenge Zsolt, e dopo una quindicina d’anni passati a produrre birre “classicamente tedesche ” dal 2010 sono arrivate anche le prime “novità”. Tra le prime due produzioni del nuovo corso di Foti , prima delle IPA & CO., ci sono state due “gateway beer” che potrebbero essere un’accessibile via d’ingresso alla cosiddetta birra artigianale per chi viene da anni di lager industriali: una Zwickl e la Keserű Méz, la birra di oggi.
Keserű Méz (letteralmente “Miele amaro”, dove Méz è il miele) è una strong lager abbondantemente luppolata con luppoli tedeschi (Spalter e Magnum): il suo nome s’ispira al suggestivo film di Roman Polanski “Luna di fiele” e la birra debutta proprio al primo Craft Beer Festival ungherese Főzdefeszt del 2011 citato in precedenza e viene distribuita in bottiglia da maggio 2012. Viene descritta come “la risposta ungherese alle American Pale Ale”, con una bellicosa etichetta dalla quale pallottole di luppolo escono dalla pistola impugnata da una bella ragazza: l’etichetta riporta anche scritta italiana “birra artigianale ungherese”, quindi non so se la birra in questione sia mai arrivata nel nostro paese in qualche modo.
Bel colore oro velato, con qualche riflesso arancio: la schiuma è biancastra, compatta, cremosa e dalla trama fine, con un’ottima persistenza. Il naso però non è molto rappresentativo di quanto raffigurato in etichetta: luppolo zero (ma proprio zero), l’aroma è una bella versione (comunque fragrante) di una classica lager industriale: cerali, mollica e crosta di pane, un accenno di miele e, rilevo, diacetile. In bocca è morbida e mediamente carbonata, con una leggera cremosità che rallenta un po’ la bevuta ma, trattandosi di una strong lager, ci può stare. Neppure il gusto è molto amico dell’etichetta: di nuovo pane, leggero biscotto e miele, con una buona fragranza ma anche una discreta presenza di diacetile che aumenta drammaticamente all’alzarsi della temperatura. Nonostante la chiusura discretamente secca, ed un finale erbaceo non proprio elegante (lievissima gomma bruciata) ma in qualche modo “ripulente”, questa Strong lager fallisce il suo intento di dissetare e rinfrescare.
Noto una buona ed apprezzabile fragranza della parte maltata, mentre è abbastanza disastrosa la parte luppolata che, secondo le intenzioni dichiarate che leggo in rete, doveva tradursi in una Lager fruttata, un po’ agrumata e - presumo - un po’ ruffiana. A sua parziale discolpa, una data di scadenza piuttosto prossima (luglio 2015) che però non mi dice molto sull’età di questa bottiglia: può darsi che il birrificio dia una scadenza breve, a sei mesi o meno (e in questo caso non ci sarebbero scuse) o può darsi che mi sia capitata una bottiglia in giro da troppo tempo con il conseguente deterioramento dell'aroma e del sapore del luppolo. In ogni caso, la mia prima bevuta ungherese non è andata esattamente bene, anzi.
Formato: 50 cl., alc. 6%, scad. 31/07/2015, pagata 3.16 Euro (beershop, Ungheria).NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
Sai se in commercio in Italia la posso trovare?
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