Ritorna dopo qualche anno anche il birrificio del Colorado Left Hand Brewing Company, fondato dagli homebrewers Dick Doore e Eddy Wallace; le porte del birrificio di aprirono nel settembre del 1993 con il nome Indian Peaks Brewing Co., che cambiò poi in Left Hand l'anno successivo quando i due scoprirono che Indian Peaks era già utilizzato da un altro birrificio.
Facciamo ora un grosso salto in avanti al 2011, l'anno in cui Left Hand presenta al Great American Beer Festival la versione "Nitro" della sua ottima Milk Stout, che produce dal 2001: due anni e mezzo di lavoro, (centinaia di) migliaia di dollari spesi per realizzare quella che è a tutti gli effetti la prima birra americana imbottigliata "al nitrogeno/azoto".
Credo che tutti abbiate ben presente l'"effetto cascata" della stout più famosa al mondo (la Guinness) quando viene spillata in un pub e forma una cremosissima testa di schiuma. L'affascinante fenomeno è diventato uno dei punti di forza del marketing della Guinness: il suo segreto è la spillatura in carboazoto al posto della classica anidride carbonica, che aumenta la morbidezza e la cremosità della birra al palato. Alla fine degli anni '80 la Guinness replicò "l'effetto cascata" anche nelle proprie lattine, completando un lungo studio durato una ventina d'anni: nel marzo del 1989 viene commercializzata la prima lattina con il "floating widget" chiamato "Smoothifier", un'ingegnosa pallina di plastica contenente azoto/nitrogeno introdotta nelle lattine che ottenne anche il Queen’s Technological Achievement Award.
Nel 2011 la Left Hand annuncia con orgoglio di essere il primo birrificio americano ad aver realizzato una birra "al nitrogeno" senza utilizzare nessuna pallina; la base di partenza è la Milk Stout, che viene però parzialmente "ristudiata" per permettere l'utilizzo dell'azoto sin dal prime fasi di produzione della birra. Fatta la birra, la Left Hand ha inutilmente cercato di proteggere il nome "Nitro" registrandolo: la sua richiesta venne negata inizialmente perché la parola era già stata registrata dieci anni prima da Eli Gershkovitch della Steamworks Brewery di Vancouver. Trovato l'accordo con i canadesi, nel febbraio 2013 Left Hand ottiene effettivamente il copyright della parola "Nitro", suscitando però la mozione d'opposizione di altri birrifici americani che producevano regolarmente birre appositamente studiate per essere poi servite nei pub con la spillatura in carboazoto. Le proteste dei birrofili americani in internet fanno il resto e Left Hand finisce per rinunciare al marchio.
Passiamo alla sostanza: la Milk Stout Nitro è prodotta con l'utilizzo di malti Pale 2-row, Crystal, Munich, Chocolate, fiocchi d'avena e di malto, orzo tostato, lattosio; i luppoli sono Magnum e US Goldings.
Particolare attenzione va prestata al momento in cui si versa la birra nel bicchiere: questo dev'essere leggermente più ampio del contenuto della bottiglia (35.5 cl.) e questa a sua volta dev'essere versata in modo "aggressivo" ("Pour Hard") perpendicolarmente al bicchiere. Solo in questo modo potete assistere all'effetto cascata provocato dall'azoto che vedete nel video ufficiale: potete anche utilizzare l'hashtag #pourhard per cercare sui social network divertenti video di chi cerca di versare contemporaneamente tre o quattro bottiglie in altrettanti bicchieri.
All'aspetto è di colore ebano scurissimo, quasi nero, sormontato dalla cremosissima testa di schiuma beige dall'ottima persistenza. Bottiglia abbastanza fresca (marzo 2015) ed aroma elegante e pulitissimo nella sua semplicità: caffè e tostature, cioccolato al latte e fondente, qualche sentore di cenere, di vaniglia e di mirtillo. Ma il "climax" della bevuta è ovviamente la sensazione palatale "all'azoto", e il primo sorso non delude le aspettative: birra morbidissima, cremosa, una sorta di vellutato cappuccino che avvolge il palato di cioccolato al latte, caffellatte e orzo tostato, vaniglia. Difficile non emozionarsi, ma questa Milk Stout Nitro non è solo "mouthfeel": ci sono un'ottima pulizia ed un bell'equilibrio. Le eleganti tostature, il lieve dolce del caramello, l'acidità del caffè a chiudere la bevuta assieme alla leggerissima terrosità della luppolatura che pulisce bene il palato e spalanca le porte del retrogusto pulitissimo di caffellatte amaro. Lasciatela scaldare ed emergerà anche una morbida nota etilica, ma è impresa difficile: nonostante la vellutata cremosità, è una birra con finissime bollicine che scorre con grande facilità e finisce molto, troppo rapidamente. Al di là del marketing dell'hard pour e del suo effetto visivo, è il lussurioso mouthfeel a fare la maggior parte di questa milk stout, che si completa con un'impeccabile pulizia ed un'ottima intensità. Splendida.
Formato: 35.5 cl., alc. 6%, IBU 25, imbott. 12/03/2015, scad. 08/09/2015.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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