Probabilmente è "giusto" che sia lui, già “colpevole” della rivoluzione della birra “artigianale” italiana, il primo produttore a commercializzare una birra “artigianale” italiana in lattina. E’ Teo Musso, pioniere del movimento italiano ma “colpevole” di aver da subito posizionato la birra “artigianale” molto in alto, puntando alla ristorazione, in bottiglia rigoroso formato da 75 cl. “fighetta ed ingessata”, lontano dalla “strada” e dai giovani, che difficilmente avrebbero speso determinate cifre per dissetarsi. Una strategia inizialmente necessaria per differenziarsi dal prodotto industriale ma dal 1996 ad oggi i cambiamenti sono stati evidenti: il formato “ristorante” è stato surclassato da quello 33, nuovi microbirrifici concorrenti sono spuntati come funghi e la birra “artigianale” è pian piano arrivata anche nei bar di periferia e sugli scaffali del supermercato.
Fedele al motto “business never sleeps” ecco che Teo Musso è di nuovo in prima linea: “la lattina è un sassolino che volevo togliermi da tempo per sdoganare il concetto di birra di qualità a prescindere dal recipiente”, dichiara. Poco importa se per gli appassionati di craft beer la lattina italiana è una novità da sbadiglio, considerando tutte quelle che da anni importate da USA e UK. Poco importa se nel 2010 a Stabio, a pochi chilometri dal confine Italo-svizzero, il microbirrificio (quasi italiano) Bad Attitude aveva davvero anticipato i tempi della lattina; persino le dichiarazioni fatte dal Lorenzo Bottoni di allora e riportate da Fermento Birra suonano molto simili a quelle di Musso: “mettere la birra artigianale in lattina ha un significato simbolico molto forte. Vogliamo ridare alla birra una dignità popolare, vogliamo poterla bere ovunque e in qualsiasi occasione”. E poco importa che il nome scelto (Pop) non sia esattamente originale sul suolo italico, così come l’idea di commercializzare la birra/lattina con sei diverse etichette “da collezionare”, tributo alla Pop Art: la beerfirm campana Okorei realizzò lo scorso anno la birra I.Pop, venduta con tre etichette diverse “da collezionare”. Baladin resterà probabilmente nella storia per essere stato “l’inventore della birra artigianale italiana in lattina”. Punto.
La POP viene presentata lo scorso 27 novembre in tutti i locali Baladin; il vernissage dedicato alla stampa è invece organizzato qualche giorno prima, esattamente il 23 novembre, all'interno delle grotte di Bossea. E’ in questa suggestiva cornice che Teo Musso svela a fianco della popolare lattina anche una nuova creazione molto più elitaria e costosa: la “Baladin Metodo Classico”, accompagnata dalla presenza dello chef Davide Oldani. Riguardo alla Pop, Teo Musso dichiara che si tratta di “birra in stile Baladin reinterpretata in chiave pop con l’intento di proporre una birra di grande qualità ma facilmente fruibile”: prezzo di vendita dichiaratamente consigliato (2.80 Euro). Trentamila le prime lattine prodotte, con la previsione di arrivare a 150 mila entro il primo anno.
Digressioni sul contenitore a parte, quello che in verità dovrebbe interessare qualsiasi bevitore è il contenuto: com’è allora la Pop di Baladin? Se la lattina non è una novità, neppure la birra lo è: la Pop si può bere dallo scorso anno, quando fece comparsa nei locali Open Baladin e in alcuni festival.
Perfettamente dorata, leggermente velata, forma nel bicchiere una compatta e cremosa testa di schiuma bianca dalla buona persistenza. L'aroma (dry-hopping dichiarato di Mosaic e Cascade, quest'ultimo prodotto in Italia) affianca a toni floreali una predominante componente agrumata: cedro, limome, scorza di mandarino, lemongrass. All'innalzarsi della temperatura emerge qualche richiamo di agrume candito; bene pulizia ed eleganza, con un'intensità moderata. Al palato è una leggera base malata (pane, cereali, lieve miele) a dare il necessario supporto alla delicata luppolatura che accompagna tutta la bevuta con note erbacee e zesty. Bene la sensazione palatale, corpo tra il medio ed il leggero con la giusta quantità di bollicine ed una sensazione tattile lieve ma morbida; la chiusura è abbastanza secca, preludio ad un retrogusto amaricante non molto lungo che prosegue in linea retta sui binari dell'erbaceo e della scorza d'agrumi.
Popolare e facilmente fruibile nelle intenzioni, la Pop lo è anche di fatto: il gusto privilegia la leggerezza e l'eleganza alla potenza, e fin qui nessuna sorpresa: chi conosce Baladin non si aspetta di certo dry-hopping sfacciati e cafoni o amari asfalta-palato. Eppure qui l'amaro c'è, direi in una misura addirittura superiore agli standard-Baladin; la freschezza di una lattina che non ha ancora affrontato i mesi più caldi dell'anno nei magazzini dei distributori o dei supermercati risulta poi determinante per apprezzarne la delicata fragranza.
Una birra che non stupirà chi da anni naviga nel mondo delle craft, o chi cerca in questa lattina la risposta italiana alla Punk IPA: qui c'è una buona pulizia, un grande equilibrio e la necessaria intensità per conquistare - probabilmente e sopratutto - chi ha sempre acquistato ben altri tipi di lattine. Il prezzo proposto è davvero inferiore alla purtroppo elevata media nazionale, ma si potrebbe (e si dovrebbe) fare di più se si vuole davvero conquistare il popolo e far entrare decine di lattine negli zaini e nelle borse frigo pronte per i picnic o per la spiaggia.
Formato: 33 cl., alc. 5.7%, IBU 35, lotto 223/150 BB, scad. 31/07/2016, 2.80 Euro.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
Nessun commento:
Posta un commento