Tra i nuovi birrifici arrivati in Italia negli ultimi mesi c’è anche lo svedese Brekeriet: una società nata inizialmente come importatrice di birra nel 2010 e poi trasformatasi, a settembre 2012, in vero e proprio birrificio. A guidarla i tre fratelli Ek: Fredrik, Christian ed André, elencati in ordine anagrafico discendente. Brekeriet realizza esclusivamente birre a fermentazione selvaggia, inoculando brettanomiceti e batteri, ed è l’unico birrificio svedese a farlo, attualmente. I loro prodotti sono sostanzialmente divisi in due categorie: bottiglie con il logo “B” nero, prodotte regolarmente, e birre con il logo bianco, sperimentali e occasionali.
Come detto, la produzione è partita nel 2012 a Djurslöv, dieci chilometri da Malmö con 6000 litri prodotti che sono poi divenuti 18000 nel 2013 e 36000 nel 2014. Si è reso quindi necessario un ampliamento degli impianti e un trasferimento un po’ più a nord nella nuova e più ampia sede (800 mq) di Landskrona, a metà strada tra Malmö ed Helsingborg. Proprio qualche mese fa è stato inaugurato il nuovo impianto proveniente dall’Inghilterra con una capacità di 20 hl a cotta; a Landskrona ci sono quattro fermentatori d’acciaio da 20 hl che vengono utilizzati per birre acide fermentate con saccaromiceti e brettanomiceti. La precedente sede di Djurslöv rimane operativa sino alla fine del contratto di locazione con fermentatori in acciaio (75 hl) e botti in legno: è qui che vengono realizzate le birre che prevedono l’utilizzo di batteri.
Non andate tuttavia in Svezia a cercare le loro bottiglia: a seguito della riforma del 2014 del Systembolaget svedese Brekeriet ha deciso di non commercializzare più le proprie birre attraverso il monopolio di Stato. In attesa di ripensarci, il business attuale è esclusivamente dedicato all’esportazione: anche se la richiesta dagli Stati Uniti, amanti di Farmhouse Ales, potrebbe assorbire completamente la loro produzione annuale (!), le bottiglie sono equamente destinate alla maggior parte dei paesi europei, Italia inclusa.
Dal già vasto catalogo Brekeriet, fatto per lo più di birre one-off, ecco la Saison Sauvage che viene invece prodotta regolarmente. Etichetta fedele alla scuola minimalista del design scandinavo, che corre però molto vicino al confine della sciatteria, dando l’impressione d’essere quasi stata stampata con un semplice computer tra le mura di casa. Nomen omen, si tratta di una Saison “selvaggia” ovvero fermentata diversi ceppi di lieviti selvaggi e lactobacilli.
Il suo carattere rustico, o di “Farmhouse Ale” che dir si voglia, è ben rappresentato all’aspetto: arancio ma piuttosto torbido, reminiscente di un succo di frutta, con una piccola testa di schiuma biancastra un po’ grossolana e molto poco persistente. L’aspetto non è evidentemente il suo punto di forza ma al naso c’è già il riscatto: evidenti le note lattiche ed aspre di frutta (limone, lime, cedro, mela verde) con un accenno di dolce in sottofondo che richiama l’ananas e qualche frutto tropicale. Completano il bouquet i sentori meno gradevoli - ma ruspanti - dei lieviti selvaggi: sudore e quell'odore polveroso e un po' umido che definisco genericamente con il sostantivo di "cantina". L’intensità è ottima, come la pulizia: una ventata di aria fresca che muove i campi di grano, un'aroma solare, mediterraneo. Questa Saison Sauvage ricorda visivamente un succo di frutta ed effettivamente al palato la componente fruttata è quella dominante, sopratutto aspra, acerba: mela verde, uva spina, ribes, scorza di limone, lime, pompelmo rosa: la bevuta è assolutamente rinfrescante e dissetante, con un leggero sottofondo dolce che suggerisce la pesca e la polpa dell'arancia. Bene il mouthfeel, leggero e vivacemente carbonato, per una Farmhouse Ale acida che scorre con grandissima facilità. Il finale è leggermente amaro (lattico) e zesty ma è sopratutto secco, secchissimo: bevetela in estate, se volete trovare sollievo dal caldo: l'intensità è buona, mentre l'eleganza e la pulizia sono effettivamente al livello di quelle "farmhouse ales" che i contadini bevevano in estate per dissetarsi durante le lunghe e faticose giornate di lavoro nei campi. Più sostanza che apparenza, quindi: poco importa se nel bicchiere è tremendamente torbida e se il gusto risulta un po' rozzo, rustico, non molto raffinato: il risultato finale è sincero, convincente e disseta regalando anche qualche emozione. Il prezzo non è invero popolare ma per questa volta la soddisfazione è alta.
Formato: 75 cl., alc. 6%, lotto 3, scad. 16/02/2017, 15.00 Euro (beershop, Italia).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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