Colorado, marzo 2014: in occasione della Colorado Craft Beer Week il birrificio Oskar Blues annuncia l’arrivo di tre novità realizzate assieme ad altrettanti birrifici. Con i vicini di casa dalla Shamrock Brewing Co. viene prodotta la Death By Coconut, una Irish porter che matura assieme a cocco essiccato e cioccolato prodotto dalla Robin Chocolates di Longmont. Con La Cumbre Brewing Co (New Mexico) si realizza la Fat Slim India Style Session Ale e con i californiani della St. Archer Brewing Co. la St. Oskar’s Indica Black Lager. Le tre "one shot" vengono presentate il 22 marzo alla serata al Collaboration Festival organizzato dalla Colorado Brewers Guild al Curtis Hotel di Denver.
Concentriamoci sulla porter Death By Coconut, che ottiene grande successo al festival e, nell’ottobre dello stesso anno, porta a casa la medaglia d’argento nella categoria “Chocolate Beer” al Great American Beer Festival del 2014 che si tiene a Denver; al primo posto la (a me sconosciuta) Chocolatized della Pisgah Brewing Co.
La ricetta è frutto della collaborazione tra Jason Buehler (allora birraio alla Oskar Blues ma con un breve passato alla Shamrock) e Keith Hefley della Shamrock. Buehler ricorda: “volevo fare una birra assieme ai miei vecchi amici per il Collaboration Festival, avevo in mente di produrre sui nostri impianti una versione speciale di una loro birra “irlandese” e sui loro impianti una delle nostre luppolate. Keith suggerì di produrre da noi qualcosa con aggiunta di cocco o di cioccolato, o magari entrambi. Non avevo idea di dove poter acquistare il cocco, così ci pensò Keith; in cambio noi gli procurammo delle varietà di luppolo alle quali loro non avevano accesso. Realizzammo un primo lotto da noi, eravamo più grandi di loro e potevamo correre il rischio economico di sperimentare con degli ingredienti così costosi; il secondo lotto fu prodotto da loro”.
La birra riscuote subito grandi consensi e nello stesso anno Oskar Blues inizia a produrla come birra stagionale autunnale, con un successo ancora più clamoroso: nei primi anni il lancio commerciale viene accompagnato da un evento al birrificio e le lattine vanno esaurite molto rapidamente. Anche alla Shamrock producono la loro versione ma la gioia, l’amicizia e lo spirito di condivisione della collaborazione finiscono presto: quando ci sono di mezzo i soldi, le cose si complicano sempre. Racconta Buehler, che nel 2015 ha lasciato Oskar Blues per andare alla Denver Beer Company: “era una birra così costosa da produrre che pensammo inizialmente di farla solo per il festival o in altre rare occasioni, ma la gente la adorava. Quando informai la Shamrock della nostra decisione di metterla in produzione stagionale, loro chiesero di poter mantenere anche il loro logo sulle nostre lattine, ma rifiutammo. Chiesero anche di poter continuare a produrre la loro versione usando lo stesso nome ma non era possibile, non aveva senso che due birrifici diversi facessero una birra simile con lo stesso nome".
Nel settembre 2017 la Shamrock pubblica un comunicato ambiguo ma non troppo sulla propria pagina Facebook, annunciando l’arrivo di una nuova Chocolate Coconut Porter: “come sapete la birra collaborativa fatta assieme ad Oskar Blues fu un enorme successo. Oskar ha deciso di registrarne il nome, produrla in grandi quantità e distribuirla. Non è chiaro chi abbia diritto a reclamare quel nome, ma siccome la ricetta è abbastanza diversa da quella originale, non vogliamo creare nessuna confusione. Quindi l’abbiamo chiamata Cheating Death (ingannare la morte, evitare delle spiacevolissime conseguenze, ndt.)”.
La birra.
C’è stato dunque qualche cambiamento rispetto a quella Death By Coconut che conquistò i palati della gente nel 2014: i cambiamenti, per quel che riguarda la versione Oskar Blues, credo riguardino soprattutto l’ingrediente cioccolato, oggi fornito dalla Cholaca di Denver: un liquido prodotto con fave di cacao provenienti da Ecuador e Perù, zucchero di cocco e acqua.
Il suo colore è prossimo al nero e la sua schiuma è cremosa e compatta, con un’ottima persistenza. Questa lattina è nata nell’ottobre del 2017 e sicuramente è passato qualche mese di troppo per poter apprezzare al meglio l’ingrediente cocco, abbastanza rapido nel diminuire d’intensità. L’aroma è infatti dominato dal cioccolato, in verità non troppo raffinato e reminiscente del Nesquik: abbinateci quel che resta del cocco e l’effetto Bounty è assicurato: non molto artigianale, ma comunque gradevole. In sottofondo resta un po’ di spazio per delle tostature. Al palato è morbida e gradevole, con una leggera cremosità che non rallenta affatto la scorrevolezza: è tuttavia una birra da gustarsi con calma, ben bilanciata tra il dolce di cioccolato, liquirizia, caramello, cocco e l’amaro delle tostature e di qualche ricordo di caffè. C’è una bella intensità, l’alcool (6.5%) è praticamente inavvertibile e la bevuta è davvero facilissima. L’effetto Bounty non è spudorato ed è comunque ben integrato all’interno di quella che rimane una porter, anche se dall’indole ovviamente dolce. Nel suo genere il risultato è convincente, e anche se odiate le cosiddette “birre dessert” potreste fare un tentativo con questa Death By Coconut, capace di fermarsi qualche metro prima dal baratro delle pastry beers.
Formato 35,5 cl., alc. 6.5%, IBU 25, lotto 18/10/2017, prezzo indicativo 5.00-7.00 euro (beershop)NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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