Del birrificio belga Dilewyns vi avevo già parlato in più di un occasione: siamo a Dendermonde, dove Vincent Dilewyns riporta in vita la tradizione brassicola della propria famiglia, un tempo birrai, interrotto con l’avvento della seconda guerra mondiale. Nel 2005, dopo anni molte birre fatte in casa che raccolgono consensi da parenti e amici, si rivolge all’onnipresente De Proef per realizzare la Vicar Tripel su grande scala: il debutto è positivo, tanto che allo Zythos Festival dello stesso anno venne premiata. I risultati ottenuti e la limitata disponibilità degli impianti di De Proef convincono Vincent a lasciare la sua occupazione di dentista per dedicarsi a tempo pieno a quella di birraio: nel 2010 partono i lavori di costruzione del birrificio a Dendermonde che viene inaugurato a Maggio del 2011. Oltre a Vincent, supervisore delle ricette, a coordinare la produzione c’è la figlia Anne-Catherine che nel frattempo è diventata anche birraia: la parte commerciale viene invece gestita dall’altra figlia Claire.
Ma torniamo ai primi anni di vita del marchio Vicaris. In uno dei tanti festival in Belgio, il piccolo stand di Dilewyns si trova giusto di fronte a quello di Girardin, noto produttore di lambic: a quanto pare, colui che si trovava al banco di Girardin chiese a Vincent d’assaggiare un goccio della sua tripel e gli porse il bicchiere, dimenticando però di vuotarlo completamente. Ne venne fuori un blend “involontario” ma molto piacevole di gueuze e tripel che anche Dilewyns assaggiò restandone colpito. Quell’episodio dece nascere ai due birrifici l'idea di realizzare anche su scala commerciale un blend delle due birre, arrivando dopo alcuni esperimenti (sembra sia stato necessario pastorizzare quattro volte la gueuze) a presentare la Vicardin (questo il nome scelto in origine) allo Zythos del 2007.. o forse era il 2008?
Nel 2012 la Vicardin è stato rinominata da Dilewyns Vicaris Tripel-Gueuze e da allora viene solitamente prodotta una volta all’anno: l’edizione 2018 è stata annunciata giusto la settimana scorsa.
La birra.
Acquistata nel 2015, “scaduta” a marzo 2018: queste le uniche informazioni in mio possesso su questa bottiglia di Vicaris Tripel-Gueuze della quale ignoro la data di nascita. Informazione abbastanza importante quando si parla di fermentazioni spontanee e lieviti selvaggi.
Nel bicchiere è di color arancio carico, con venature ramate e forma una generosa testa di schiuma compatta dall’ottima persistenza. E’ l’anima gueuze a dare il benvenuto aromatico, perlomeno finché la schiuma rimane: gli odori di cantina, muffa, sudore e limone si fanno poi lentamente da parte lasciando emergere la tripel. Arrivano profumi di biscotto e zucchero candito, frutta gialla, canditi, una flebile speziatura (pepe) ormai sul viale del tramonto. Il naso è pulito e gradevole, ma più che un incontro tra due birre c’è di fatto un passaggio di consegne: quando esce di scena la prima, entra la seconda. Al palato è invece ancora piuttosto viva e sostenuta da una vivace carbonazione. La bevuta vede un ribaltamento nell’ordine dei fattori: si parte dal dolce della tripel, dal suo zucchero candito, dal biscotto e dai canditi, dalla frutta sciroppata a pasta gialla per poi sentire avanzare l’asprezza e l’acidità della gueuze. Arrivano note di uva bianca, limone, marcate sensazioni minerali, a tratti saline, una lieve acidità lattica a stemperare il dolce e a rendere una tripel da 7% secca, sorprendentemente rinfrescante e dissetante: si chiude con un leggero amaro terroso e di scorza di limone, ma nel retrogusto c’è già un timido ritorno di frutta candita, e un timido tepore etilico a dare qualche avvertimento a chi si trova con il bicchiere in mano.
Un mesh-up gradevole e senz'altro divertente questa Vicaris Tripel Gueuze: un percorso interessante che parte con la morbida accoglienza di una tripel per poi divenire più ruspante e ruvido. C’è una bella complessità da scoprire anche se le sue due componenti in più occasioni tendono a viaggiare su due binari paralleli, anziché fondersi in un unico abbraccio. Dettagli che comunque non mettono in discussione una bella bevuta: mi sembra reggere la cantina abbastanza bene ed è quindi una potenziale candidata per potenziali bevute "in verticale".
Formato: 33 cl., alc. 7%, scad. 31/03/2018, prezzo indicativo 3.50-4.50 euro (beershop)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
Nessun commento:
Posta un commento