Bruery Terreux è la costola del birrificio californiano The Bruery che si dedica alle produzioni di birre acide con lieviti selvaggi e batteri. Uno “spin-off” necessario per eliminare qualsiasi rischio di contaminazione batterica sulle birre normali. Il mosto delle birre viene ancora prodotto sugli impianti di The Bruery ma inoculazione dei lieviti selvaggi, fermentazione e eventuale invecchiamento in botte e imbottigliamento avvengono in uno stabile che si trova a qualche chilometro di distanza, anch’esso dotato di taproom.
Patrick Rue, fondatore di The Bruery, ha scelto di affidare l’intero progetto Terreux a Jeremy Grinkey, proveniente dal mondo del vino e - sebbene appassionato birrofilo - alla grossa prima esperienza in ambito brassicolo. Sotto il marchio Terreux, operativo dal 2015, sono migrate con nuove etichette tutte le birre acide e prodotte con lieviti selvaggi, tra le quali ad esempio le famose Saison Rue, Oude Tart, Sour in the Rye, Reuze e Tart of Darkness.
Ricordo che a maggio 2017 Bruery ha ceduto la propria maggioranza alla società di private equity Castanea Partners di Boston: da loro provengono gli investimenti necessari per crescere. Attualmente The Bruery produce e vende circa 17.000 ettoltri l’anno a fronte di una capacità potenziale che supera i 40.000, e una collezione di quasi 5000 botti di legno. Una delle prime novità è stata la decisione di affiancare allo storico formato da 75 cl. anche quello da 37.5 per andare incontro alle richieste del mercato.
La birra.
Oude Tart è il tributo di The Bruery alle Flemish Red Ales del Belgio. Prodotta per la prima volta nel 2009, viene invecchiata per diciotto mesi in botti che avevano in precedenza contenuto vino rosso. Ne esistono anche versioni con aggiunta di ciliegie e di boysenberry, un frutto di bosco ibrido ottenuto incrociando il lampone con la mora del Pacifico.
Nel bicchiere è splendida, d’un acceso color rubino quasi limpido sul quale si forma una testa di schiuma cremosa e compatta ma poco persistente. L’aroma è pulito, piuttosto gradevole e dominato dall’asprezza dei frutti rossi: visciole, ribes e mela. A contrastarlo una controparte dolce che chiama in causa ciliegia e frutti di bosco, mentre in sottofondo ci sono note vinose e di legno. La bevuta risulta meno complessa e molto più sbilanciata verso l’aspro: il risultato è una birra a tratti tagliente, con qualche deriva acetica di troppo che brucia un po’ in gola: un velo di ciliegia sciroppata in sottofondo non basta a lenire. Al palato la Oude Tart di Bruery scorre senza grosse difficoltà ma dal punto di vista tattile è molto più ingombrante di una classica Flemish Red belga. Nel finale acidità lattica e asprezza di limone chiudono una bevuta molto secca, a tratti un po’ astringente, che disseta e rinfresca ma che obbliga a qualche pausa di troppo per far riposare un po’ il palato. Legno e vino aggiungono un po’ di profondità ad una birra spigolosa che ogni tanto viene improvvisamente accesa da qualche vampata di alcool.
Qualche imprecisione di troppo in una birra che al palato non mantiene le belle promesse dell’aroma: The Bruery non è un birrificio economico e quindi diventa più difficile perdonarle.
Formato 75 cl., alc. 7.7%, IBU 6, imbott. 31/08/2015, prezzo indicativo 16.00-18.00 Euro (beershop)NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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