mercoledì 8 ottobre 2014

Greene King Double Hop Monster

Ubicato a Bury St Edmunds, Greene King è il più grande birrificio del Suffolk ed uno dei maggiori del Regno Unito. Non è tuttavia necessariamente uno dei più “amati”, come mi confermano alcuni colleghi e beeraficionados inglesi; la sua storia è infatti piena di acquisizioni  di birrifici (e conseguente soppressione di marchi) e catene di pub collegati (e conseguente riduzione dell'offerta di birra per i regulars). Tra le più note proteste dei consumatori inglesi ci sono quelle che riguardano il pub Lewes Arms, dell’omonima cittadina del Sussex, acquistato nel 1998 da Greene King; da oltre 200 anni l’80% della birra bevuta al Lewes Arms era il Sussex Best Bitter di Harveys, e la decisione di Greene King di toglierla dal menu sollevò una piccola rivolta popolare.
Nonostante Greene King rivendichi in etichetta una data di fondazione del 1799, questo bell’articolo del CAMRA (che non ama troppo Greene King)  rivela come l’effettiva nascita del birrificio avviene nel giugno del 1887, dalla fusione tra la St. Edmunds Brewery  e la Westgate Brewery, quest’ultima già di proprietà di Benjamin Greene and William Buck. Tra le successive acquisizioni più note, ci sono la   F.C.Christmas & Co. di Haverhill ed i  49 pub controllati (1918), la Wells & Winch  di Biggleswade (1961 e produzione chiusa nel 1997);  la Morland di Abingdon con i suoi  400 pub (1999), della quale sopravvivono oggi solo i marchi Hen’s Tooth, Old Speckled Hen, Tanner’s Jack e Moreland’s Original, prodotti da Greene King.  Nel 2005 è il turno della  Ridley's Brewery di Hartford End (70 pub controllati), acquistata e poi chiusa; alla fine dello stesso anno, per 187 milioni di sterline, arriva anche la Belhaven, il maggior produttore scozzese con 282 pub al seguito e la birra più bevuta in Scozia, la Belhaven Best.  Stranamente, la produzione continua tutt’ora nei vecchi impianti di Dunbar. A fine 2006 si aggiunge la Kimberly Brewery (Hardys & Hansons) di Nottingham, 180 pubs al seguito ed un deja-vu:  sito produttivo chiuso, sopravvivenza di qualche marchio che viene ora prodotto a Bury. Tra le tante polemiche mi piace anche ricordare l’accusa di “vandalismo culturale” rivolta a Greene King per aver rimosso da una serie di pub acquistati duecento cartelli “storici e centenari” che raffiguravano il nome del pub stesso. Le statistiche dicono che oggi il 65% della produzione Greene King  avviene in cask; la Greene King IPA è stata per molti anni la birra in cask più venduta nel Regno Unito, fino al sorpasso (dato 2013) subito dalla Doom Bar di Sharp: 133 mila barili (o 9,6 milioni di pinte) contro 127. 
Prima di bere, un’ultima notizia: è dello scorso gennaio l’annuncio dell’apertura di un nuovo birrificio, dedicato alla cosiddetta “craft beer”, un settore in rapida crescita in Inghilterra che sta evidentemente attirando anche i pesci più grossi. Con un investimento di 750.000 sterline, viene inaugurato un piccolo birrificio a Bury St Edmunds, con lo slogan del committed to craft. L'idea è quella di produrre delle birre stagionali, in piccoli lotti da 15/30 ettolitri; sono tecnicamente possibili sei cotte al giorno, da commercializzare poi nel formato da 33 centilitri che è quello adottato dalla maggior parte della new-wave di microbirrifici inglesi. Sono sei le birre prodotte dal birraio John Bexon e dal suo aiutante Chris Waters, ognuna disponibile per due mesi l'anno: si parte con una Double IPA, per passare ad American Pale Ale e Golden Ales, tutte del profilo dichiaratamente "molto" luppolato, come potete vedere qui
Partiamo quindi dall'inizio, ovvero dalla Double Hop Monster IPA: un nome "minaccioso" che fa subito pensare alle grandi produzioni americane. L'etichetta annuncia che si tratta di una "big beer" in ogni aspetto, con un favoloso profilo aromatico risultante da un prolungato dry-hopping di luppoli americani, inglesi ed europei. Ma se vi aspettavate una sorta di "Ruination IPA brewed in England", la delusione sarà forte. Si presenta di colore ambrato/ramato, perfettamente limpido; la schiuma è biancastra, di dimensioni abbastanza modeste, cremosa, poco persistente. Non si tratta di una bottiglia freschissima, visto che è uscita ad inizio 2014 e quindi ha circa 8-9 mesi sulle spalle e (possibile aggravante!) proviene dalla grande distribuzione. L'aroma è abbastanza dimesso: c'è qualche lontano sentore di frutta tropicale, di melone retato e di lampone, di marmellata d'arancia, con i malti (toffee e biscotto) che sembrano quasi prevalere sui luppoli. L'intensità e la fragranza latitano, la pulizia è invece buona. Allontanata definitivamente l'idea di trovarsi nel bicchiere un "clone" di una muscolosa IPA americana, si può cercare soddisfazione in quella che sembra una specie di Imperial Best Bitter, o Double Best Bitter, se vi trovate un senso. Il gusto evidenzia infatti un bel profilo maltato, quel "nutty" tipicamente british, toffee e biscotto con in sottofondo un leggera presenza di agrumi. Il finale è effettivamente amaro, senza estremismi, vegetale, terroso, leggermente speziato; non c'è molta freschezza e fragranza, ma rimane un buon equilibrio complessivo. Il corpo è medio, le bollicine sono poche, con una consistenza oleosa al palato ed una discreta morbidezza; per averne un'opinione più realistica andava forse bevuta 7-8 mesi fa. Non ci sono particolari difetti o off-flavors ma, alla domanda fondamentale ("la ricompreresti?") che ogni bevitore dovrebbe porsi dopo aver finito la pinta,  la mia risposta sarebbe semplicemente "no", nonostante il prezzo abbastanza interessante.
Formato: 33 cl., alc. 7.2%, lotto 14120 08:20, scad. 04/2015, pagata 2.19 Euro (supermercato, Italia).

1 commento:

  1. In effetti è proprio così, anzi per me le note negative sono superiori a quelle positive. Di una birra IPA troverete solo la scritta in etichetta, il "sottofondo con una leggera presenza di agrumi" è un vero e proprio complimento ! I 7 gradi si sentono tutti, forse anche troppo, e dall'inizio della bevuta. Sinceramente non mi ha fatto una buona impressione, anche i malti presenti non danno un bell'equilibrio. Se paragonata ad esempio ad una "Troubador Magma" o una "Gotha" con decisa componente alcoolica ne esce male... Se volete una birretta dall'ubriacatura facile, allora questa fa per voi. Anche io: non la ricompro !

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