Oggi dici “De Proef” e la mente corre subito alle beerfirm/brewfirm, a quelle centinaia di birrai (o di commissionanti) senza impianti che ogni anno si rivolgono a questo birrificio belga per produrre la propria birra. Difficile tenere il conto di quante ne vengono prodotte, nel 2010 c’erano in funzione due impianti (dell’italiana Velo) ciascuno dei quali consentiva di produrre dalle tre e alle cinque cotte per giorno. Nella sesta edizione della Good Beer Guide Belgium (2009), Tim Webb arrivò a contare almeno 1200 diverse produzioni commerciali realizzate da De Proef, ammettendo anche di aver poi smesso di catalogarle. Credo che il numero sia drasticamente aumentato, da allora.
Difficile anche reperire molte informazioni in Internet; il birrificio non è visibile se non dopo una lunga attesa (ed un lungo corteggiamento) ed il fondatore Dirk Naudts non rilascia molte interviste. Esperto birraio, Dirk ha svolto in precedenza l’attività di importatore/esportatore di birre belghe ed ha insegnato (propagazione dei lieviti) per oltre un decennio al KAHO di Sint-Lieven, nei dintorni di Gent. Nel suo passato anche un’esperienza triennale come birraio alla Brouwerij Roman di Oudenaarde. Nel 1996 fonda la De Proef Brouwerij, partendo con un impianto da soli dieci ettolitri: il nome scelto (Proef) può indicare sia “prova”, “assaggio” che “gusto”: la propria mission non è affatto un mistero ed il sito internet lo dichiara subito: “the “proef” brewery is specifically equipped for the development and production of beers for third parties”. A loro si possono (o meglio, si potevano un tempo) rivolgere tutti, birrai privi di impianto con o senza le proprie ricette, birrifici che vogliono effettuare degli esperimenti su piccola scala o che hanno momentanei problemi di capacità produttiva, semplici privati che hanno voglia e disponibilità economica di farsi fare una birra per poi magari regalarla ad amici e parenti. Ma De Proef è anche un “laboratorio produttivo” per gli studenti della scuola per mastri birrai di Gent.
Negli ultimi anni le cose sono probabilmente cambiate e, per farsi produrre una birra da De Proef, oggi c’è probabilmente una lunga lista d'attesa: è noto che una gran parte della produzione di Mikkeller (ed anche To Øl) avvenga da De Proef, dove tra l’altro lo “gipsy brewer” danese ha anche depositato in pianta stabile diverse botti in legno. Nell’unica intervista che ho trovato disponibile in rete, Dirk Naudts ammette che lavorare con così tanti birrai “ospiti” ha contribuito ad ampliare enormemente la sua conoscenza e la sua esperienza: “IPA, Porter e Stouts non sono coì popolari in Belgio, e quindi trovarmi a doverle produrre è sempre una cosa molto interessante per me”. Condizione fondamentale, e perseguita quasi maniacalmente da De Proef, è la pulizia: “quando hai dei brettanomiceti in un fermentatore ed una pils ceca in quello accanto, devi stare molto, molto attento”, sottolinea Naudts.
Ma De Proef non produce solamente per conto terzi. Ha anche un proprio marchio, Reinaert, che viene commercializzato dalla società “parallela” Andelot. Sono quattro le birre stabilmente prodotte, una Amber, una strong dark ale chiamata Grand Cru, una Flemish Wild Ale (chiamata anche Flemish Primitive) un una Tripel che andiamo ad assaggiare. Una piccola curiosità: Tim Webb e Joris Pattyn la includono nel loro libro 100 Belgian Beers To Try Before You Die, pur ammettendo di essere in disaccordo sulla scelta. Favorevole Tim Webb, contrario Pattyn che la considera solo "una delle tante Tripel di fattura industriale".
Molto semplice e non particolarmente attraente l'etichetta, che però presenta l'interessante (e condivisibile!) motto Drink matig maar regelmatig, ovvero "bevi moderatamente ma regolarmente". Una birra al giorno, insomma. La Reinaert Tripel è di colore arancio, velato, con un bel cappello di schiuma bianca, croccante e pannosa, molto persistente. L'aroma è speziato, avverto qualche traccia di coriandolo, pepe e di noce moscata, ma soprattutto polpa d'arancia, marmellata d'arancia amara, zucchero a velo, qualche sentore di pasticceria. Gradevole in bocca, con un corpo medio ed una decisa carbonazione: il gusto apre con note di biscotto e di brioche, arancia candita, pesca sciroppata. La marcata dolcezza viene ben stemperata dalle vivaci bollicine, l'alcool (9%) è magistralmente nascosto ed è solo a fine bevuta che si avverte un morbido tepore etilico. C'è anche una leggera nota amaricante vegetale che aiuta a bilanciare una bevuta piuttosto dolce che non si rivela attenuata quanto una Westmalle, tanto per darvi un paragone. La birra è comunque pulita e ben fatta, molto gradevole: l'esecuzione dello spartito (ricetta) risulta tuttavia un po' fredda e meccanica e, pur facendosi apprezzare, strappa l'applauso senza però arrivare a toccare le corde del cuore.
Formato: 33 cl., alc. 9%, lotto non riportato, scad. 25/06/2015.
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