Il monastero di Reutberg si trova nei dintorni di Sachsenkam, Baviera, quaranta chilometri a sud di Monaco e ad una decina di chilometri dalla bella Bad Tolz. Qui, nel 1618, la contessa Anna di Pienzenau fece costruire il monastero per tener fede ad un voto fatto; nel 1677 le suore che lo abitano chiedono ed ottengono dalla casa regnante il privilegio di poter produrre birra. La storia racconta che il monastero produceva molta più birra di quanta ne utilizzasse per il proprio consumo interno e divenne presto un popolare punto di ritrovo per viandanti, soldati e poveri che potevano dissetarsi (e ubriacarsi) con pochi spiccioli; nel 1786 i produttori di vino e di birra della vicina Bad Tolz accusarono il monastero di abuso della licenza “imperiale” (e quindi di “concorrenza sleale”) in quanto somministravano dalla mattina alla sera birra ad un prezzo molto basso. La produzione venne sospesa. Per avere altre notizie sul monastero bisogna arrivare alla fine della secolarizzazione quando, nel 1835, ritorna di proprietà al clero; terminati i lavori di ristrutturazione che includono anche la costruzione di una taverna all’esterno delle mura, riprende la produzione di birra. Nel 1901, per far fronte all’aumento di domanda, si rende necessario l’ampliamento degli impianti di produzione che vengono anche spostati nei locali dove si trovano tutt’oggi; le prime bottiglie vengono prodotte nel 1913, mentre nel 1924 viene ufficialmente costituita la cooperativa Reutberg Brauerei che, progressivamente, arriva ad annoverare oltre un centinaio di agricoltori locali. Nel 1968 inizia la produzione di bibite non alcoliche, mentre oggi i soci della cooperativa sono oltre duemila.
L’offerta brassicola non presenta nessuna sorpresa ed è fedelissima alla tradizione bavarese: Weisse, Dunkel, Helles, Bock, Pils, Marzen e una birra natalizia. L’autunno è arrivato ed è con piacere che si può pensare di bere qualcosa di più riscaldante di una fresca e dissetante Weizen o Helles. Ma questa Josefi Bock non è esattamente una birra autunnale, visto che viene presentata tutti gli anni nel mese di marzo nel corso della tradizionale Josefifest, in onore di del patrono del monastero, San Giuseppe. E’ al grido in dialetto baverse di O’ zapft ist che viene infatti stappato il primo barile di Josefi Bock, prodotta a settembre dell’anno precedente dal birraio Michael Pichler e lasciata poi a maturare per un periodo che varia dai tre ai cinque mesi.
Etichetta classica, ma assolutamente autoesplicativa: caprone, stemma della Baviera, boccale in ceramica, alpi e monastero sullo sfondo, ovvero quando le parole sono superflue. Birra di colore ambrato, limpido: schiuma biancastra, compatta, abbastanza fine e cremosa, molto persistente. L'aroma offre un discreto ma pulito benvenuto, dolce e zuccherino, fatto di sentori di pane e di brioche, caramello, uvetta. Praticamente perfetto il mouthfeel, che coniuga assieme scorrevolezza e morbidezza, nessuna traccia acquosa, corpo medio e una moderata quantità di bollicine. La tradizione tedesca non annovera certo termini quali "sorpresa" e "fantasia", ed il gusto di questa Josefi-Bock è ideale continuazione dell'aroma: dolce, forse un pochino troppo, con note di miele e di pane imburrato (mettiamoci anche un po' di zucchero sopra), uvetta, caramello. La pulizia è impeccabile, quasi "noiosa", con una timidissima nota amaricante finale di mandorla che però non riesce a portare quell'equilibrio anch'esso tipico della tradizione tedesca. Meglio aspettare che la birra raggiunga la temperatura ambiente, lasciare che l'alcool tiri un po' fuori la testa dal suo nascondiglio e porti un po' di calore a lenire un po' la dolcezza di questa birra. Il risultato non è comunque stucchevole o appiccicoso, la bevuta è soddisfacente, il ricordo che lascia di sé è (un po' troppo) dolce ma, per quanto costa in Germania, il perdono è concesso.
Formato: 50 cl., alc. 6.9%, lotto 4056, scad. 03/2015, pagata 1.58 Euro (beershop, Germania)
Nessun commento:
Posta un commento