Un tempo una sorta di "deserto" birrario, negli ultimi tre anni l’Umbria ha visto affacciarsi sulla scena diversi nuovi birrifici che hanno aperto i battenti; la regione vanta tra l’altro anche la presenza del CERB - Centro di Eccellenza per la Ricerca sulla Birra (Università di Perugia) fondato nel 2003. Tra le nuove realtà c’è anche il Birrificio Caber Beer, nato nel 2012 a Spoleto, nella zona industriale Santo Chiodo. Caber è l’abbreviazione di Caberlon, cognome della famiglia che lo ha ideato e lo gestisce: oltre a Renzo, il birraio, sono presenti i figli Alessio ed Erika. La formazione di Renzo passa per l’homebrewing e per il ruolo di consulente “della L.A. Inox per la parte tecnica ed il trattamento dell'acqua per impianti di birrifici medio-grandi”-
Ecco che l’homebrewing, da hobby destinato a dissetare famigliari ed amici, si trasforma in un’attività professionale, con un impianto da 1500 litri – ovviamente – L.A. Inox. Il birrificio, che utilizza un impianto fotovoltaico, pannelli termici solari e recuperatori d'energia, è visitabile – basta una semplice telefonata – ed è possibile acquistare le birre in loco allo “spaccio”. Al momento sono prodotte quattro birre, disponibili in fusto ed in bottiglie da 33 e 75 centilitri, tutte ad alta fermentazione. Sul sito del birrificio non si parla di stili, ma solo di una generica intenzione di coniugare “lo stile belga/inglese con l'estro italiano”. Troviamo due “bionde” (Ca’Ber e 24 Carati: immagino una Golden Ale?), una “ambrata” (Marte) ed una “scura” (Secondo Me: una stout ?). D'accordo che i beergeeks o gli appassionati birrofili sono solo una piccola minoranza di chi beve birra; ma è altrettanto vero che il movimento della cosiddetta birra artigianale è attivo in Italia da molti anni, i corsi di formazione e di degustazione sono sempre più frequenti e sempre più persone stanno imparando che non ha senso definire le birre in base al colore. E quindi ritengo che sarebbe molto utile dare qualche indicazione in più (lo stile!) ai consumatori per meglio orientarli nella scelta.
Ad ogni modo, ecco la Ca’Ber, descritta come “di colore chiaro, corpo leggero, fresca al palato con un finale morbido e pulito. Beverina e dissetante, una birra semplice ma non banale. Facile da bere ma anche ricca di gusto”.
L'aspetto è invitante: colore dorato e velato, con una bella "testa" di schiuma bianca, compatta e fine, cremosa, dalla buona persistenza. L'aroma è abbastanza pulito, ma l'intensità è piuttosto dimessa: ci sono sentori floreali, di miele, di crackers e cereali, con una lieve presenza di agrumi (arancio) e di albicocca. Il gusto rispetta le premesse del "naso", con un percorso lineare e coerente: base di crosta di pane, qualche nota di miele, una generale presenza di "frutta" che non mi riesce però ad identificare con precisione, ed una chiusura abbastanza secca, erbacea ed amara che pecca un po' di eleganza e di gradevolezza. Personalmente non riesco a ricondurre questa birra a nessuna cultura brassicola in particolare, e nonostante il birrificio citi l'ispirazione sia belga che anglosassone dietro alle proprie ricette (ma con "estro" italiano) io non ci trovo nessun elemento che mi faccia pensare a quelle due nazioni; disseta e rinfresca, ma la personalità latita. Sembra una "generica" bionda, un prodotto che (probabilmente) mira a chi si sta avvicinando al mondo della cosiddetta "birra artigianale" e non ha particolari pretese o desideri. C'è un buon livello di pulizia ed intensità, un buon equilibrio, ma questa Ca'Ber risulta un po' troppo pesante (lievitosa) in bocca con il risultato di penalizzare un po' la leggerezza e quindi la scorrevolezza: il corpo è tra il medio ed il leggero, con una carbonazione media. Il birrificio è abbastanza giovane, ma nel sempre più affollato palcoscenico della birra in Italia è forse necessario lavorare maggiormente sulla personalità e sulla caratterizzazione di questa birra che rischia altrimenti di perdersi nell'anonimato del colore "biondo".
Formato: 33 cl., alc. 5.5%, scad. 29/02/2015, pagata 3.00 Euro (enoteca, Italia).
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