Ad una quindicina di chilometri ad est di Salisburgo, in Austria, si trova Hof bei Salzburg, un piccolo comune di circa 3500 abitanti dove trova oggi sede la Brauhaus Gusswerk, fondata nel 2007 da Reinhold Barta. La birra non era la sua bevanda preferita, in gioventù, ma durante gli studi universitari a Vienna si trova a lavorare saltuariamente per un birrificio, occupandosi della consegna di fusti e casse di birra. Dalle consegne ai primi tentativi di homebrewing non passa molto tempo; il suo percorso di studi (Biotecnologie alimentari) lo porta per un anno Cork, in Irlanda, dove deve svolgere la sua tesi conclusiva che riguarda i processi produttivi in un birrificio. Il tempo libero lo passa visitando altri birrifici irlandesi bevendo moltissima birra, per sua stessa ammissione. Terminati gli studi, Barta torna in Austria e dopo una breve esperienza in un microbirrificio inizia a lavorare alla Stiegl di Salisburgo, con la mansione di "birraio creativo" (?). Nel 2006 lascia la Stiegl per aprire il proprio birrificio, dedicandosi fin da subito alla produzione di birre completamente biologiche. L'inaugurazione avviene nel 2007, all'interno di una vecchia area industriale di Salisburgo dove gli edifici di una fonderia (Gusswerk) vengono splendidamente recuperati e destinati ad ospitare negozi, ristoranti, eventi culturali ed uffici; nel 2013 avviene il trasloco nei locali più ampi di Hof bei Salzburg.
Ma Reinhold trova anche il tempo per ottenere il titolo di Beer Sommelier (nel 2011 viene nominato Beer Sommelier dell'anno); il mercato austriaco richiede soprattutto le classiche pils, märzen e weizen, che non rendono certamente entusiasmante la professione del Beer Sommelier. Ecco che allora la Gusswerk, oltre alla tradizione tedesca, inizia a volgere lo sguardo anche all'estero, per offrire una gamma di birre da abbinamento gastronomico: nascono un Barley Wine, una Stout, una Triple Bock, una Amber Ale ed una India Pale Ale.
Quest'ultima viene chiamata Nicobar, in onore delle Isole Nicobare, una colonia austriaca nell'oceano Indiano verso la quale, nella seconda metà del diciottesimo secolo, salpavano dal porto di Trieste le navi austriache; e proprio per i lontani coloni veniva prodotta una birra "speciale. IPA, colonie, India, Inghilterra e luppolo: la verità la potete trovare qui, qui e qui, ma se avete qualche problema con l'inglese, provate qui.
Nicobar India Pale Ale, dunque, nome appropriato visto che oggi le Isole Nicobare costituiscono un territorio dell'unione indiana. Prodotta con ingredienti biologici, inclusi i luppoli che non vengono però specificati. E' di un bel colore ambrato carico, leggermente velato e dai riflessi ramati; la schiuma è ocra, cremosa, a trama fine ed ha una buona persistenza. Il naso è dolcissimo, quasi stucchevole: caramello, marmellata d'agrumi, si arriva quasi alla frutta candita, un preludio a quello che m'aspetta in bocca. Ancora caramello, biscotto ed un bel vasetto di marmellata d'agrumi, dolce, con un finale vegetale e lievemente terroso che riesce in qualche modo a bilanciare il dolce, senza risultare incisivo, senza "mordere" il palato. Pulizia ed intensità ci sono, la birra è gradevole e morbida in bocca, con un corpo medio ed una carbonazione bassa. Mi verrebbe da mettere in dubbio la freschezza di questa bottiglia, o il modo in cui è stata conservata; ma ad un rapido sguardo su Ratebeer trovo che le mie impressioni sono quasi le stesse di chi ha bevuto questa birra sia un mese che un anno fa. L'ipotesi è che allora questa (English) IPA sia intenzionalmente spostata sul dolce, forse per andare incontro al palato "standard" del bevitore austriaco che non è certamente abituato a grandi quantità di amaro.
Formato: 33 cl., alc. 6.4%, lotto L534/L6, scad. 02/10/2014, pagata 2.58 Euro (beershop, Germania).
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