Nel 2010, quando assaggiai quasi per caso la sua Agent Provocateur la beerfirm Craig Allan fu per me quasi una rivelazione; reduce da un paio di settimane di vacanza tra Bretagna, Normandia e Nord-Passo di Calais – piuttosto deludenti dal punto di vista birrario – trovare una birra pulita, ben fatta e abbondantemente luppolata risultò la luce alla fine di un lungo tunnel di delusioni.
Craig Allan è uno scozzese che ha studiato Malting, Brewing and Distilling a Edimburgo ed ha poi lavorato per diversi microbirrifici inglesi prima che l’amore lo spingesse a trasferirsi in Francia in una casa di campagna a nord di Parigi; un paio d’anni passati a lavorare per alcune cantine e poi il richiamo della birra lo porta, in assenza dei fondi necessari, a farsi produrre una ricetta presso l’infallibile (o quasi) De Proef in Belgio. Nacque così la Belgian Ale Agent Provocateur ,generosamente luppolata con Cascade ed Amarillo; a quel tempo (2010) mi augurai che la birra di Allan potesse essere il fattore scatenante (l’agent provocateur) di una micro-rivoluzione brassicola francese e sei anni dopo possiamo dire che le cose sono effettivamente andate in quella direzione. La qualità dei microbirrifici francesi è ancora alquanto discontinua, ma per lo meno si sta superando la classica e anonima offerta (biere blanche/blonde/rousse/noir) che caratterizzava quasi ogni produttore transalpino.
Gli anni sono passati e la famiglia Allan si è ampliata con l’arrivo della Cuvée d'Oscar (una dunkelweizen con dry-hopping di Nelson Sauvin), della “pale ale” Psychedelia e, in tempi più recenti della stout Black Market, della saison La Saint Jean e di una serie di IPA prodotte ogni volta con diverse luppolature. Nell’ottobre 2015 Allan ha anche finalmente messo in funzione il proprio impianto casalingo da 10 ettolitri sul quale vengono effettuate le cotte sperimentali e anche qualche produzione limitata; il resto della produzione continua ad essere appaltato presso De Proef.
Terza birra prodotta da Allan, Psychedelia è secondo la descrizione del produttore una “generica Pale Ale” che alla prova d’assaggio mi sembra incastrarsi perfettamente tra Belgio e luppolature extra-europee; la ricetta prevede malti Pale e Biscuit, luppoli Simcoe (amaro), Tomahawk e Moteuka (late hopping) e un dry-hopping finale di Simcoe e Moteuka. Il risultato? Davvero sorprendente.
Di colore arancio pallido, velato, forma un perfetto cappello di schiuma bianca, cremosa e compatta, dalla lunghissima persistenza. Profumi floreali (a richiamo dell’etichetta “flower power”) e fruttati si diffondono nell’aria con una pulizia ed una eleganza davvero notevoli: ananas, mandarino, arancia, accenni di frutta tropicale. Il ceppo di lievito utilizzato non è dichiarato ma io scommetterei sul Belgio, con una delicata speziatura, di quelle che non riesci ad identificare, ed esteri che richiamano il “bubble gum”. Il palato continua in linea retta al palato con un mouthfeel perfetto: corpo medio-leggero, vivaci bollicine e una scorrevolezza da record. Crackers ed un tocco biscottato supportano un gusto delicato ma al tempo stesso ricco di frutta: ananas, mandarino, arancia guidano la bevuta, impreziositi da note (anche in bocca!) floreali e di bubble gum. Delicatamente speziata, impeccabilmente secca, chiude con un bell'amaro di discreta intensità che vede la sinergia di note terrose, erbacee e zesty. Livello di pulizia molto alto, facilità di bevuta impressionante, difficile resistere ad una birra profumata, bilanciata e molto ben curata in ogni dettaglio: luppoli ed espressività del lievito convivono in un equilibrio che non è facile da incontrare. Questa volta nel bicchiere non c'è solamente la solita precisione tecnica di De Proef, ma anche un bel po' di emozioni.
Formato: 75 cl., alc. 5%, IBU 37, scad. 16/03/2018, prezzo indicativo 6.00/8.00 Euro (beershop).NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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